Le Monde
Per i lettori di quest’inizio del XXI secolo cosa c’è di più europeo del giornale “Le Monde”? Il quotidiano sembra difendere da molti anni l’idea della costruzione europea ed esaminando il tema relativo a “Le Monde” e l’Europa ci si aspetta di trovare una redazione di lunga data unanime nel sostenere il progetto europeo. Ma in realtà questa posizione non è così scontata. Si tratta piuttosto del risultato di una lunga maturazione disseminata di conflitti interni alla redazione e con una parte dei lettori. Inoltre riflette l’evoluzione delle mentalità delle élites francesi nella seconda metà del XX secolo.
“Le Monde” è un giornale destinato alle élites: succede al “Temps”, giornale “ufficiale” della III Repubblica, di cui adotta il tono sobrio e il modello austero, e almeno nei primi anni è realizzato dagli stessi giornalisti. Tuttavia, sotto la direzione di Hubert Beuve-Méry, “Le Monde” incrementa notevolmente il suo pubblico di lettori: mentre “Le Temps” diffondeva 60.000 esemplari al giorno, “Le Monde” ne vendeva 120.000 durante i primi dieci anni, poi ha inizio una forte crescita che lo porta da 369.000 copie nel 1969 e a 430.000 alla fine degli anni Settanta. Da una ventina d’anni oscilla fra 340.000 e 400.000 copie giornaliere. Una parte di questa diffusione (fra il 15 e il 20%) si realizza all’estero, rendendo così “Le Monde” il solo quotidiano francese che abbia un pubblico internazionale. Dal 1944 i suoi lettori sono rappresentativi delle élites politiche, economiche e culturali francesi: uomini politici, alti funzionari, imprenditori, quadri superiori e universitari, ai quali si aggiunge una forte percentuale di studenti, di responsabili di sindacati e associazioni, di ecclesiastici, di letterati e di artisti.
Queste élites sono fortemente provate dalle vicissitudini del periodo tra le due guerre e dell’occupazione, da cui non sono uscite indenni. Quindi appare necessario purgare gli effetti della guerra e di una vittoria poco gloriosa, che si traducono nell’ostilità verso la Germania e nel desiderio di restaurare la potenza della Francia. Inoltre le forze politiche che costruiscono l’Europa, la Democrazia cristiana e i partiti del socialismo democratico, in Francia sono condizionate dalla forte presenza dei gollisti e dei comunisti. L’idea europea che si va costruendo e si impone lentamente richiede in Francia più che altrove una forza persuasiva raddoppiata.
In questo contesto “Le Monde” beneficia di alcuni vantaggi. Innanzitutto il suo direttore Hubert Beuve-Méry, la cui esperienza europea è di lunga data (ha vissuto dieci anni a Praga, dove era corrispondente del “Temps”), insieme a quella di educatore dei quadri della nazione come direttore dell’École des cadres d’Uriage. Inoltre, “Le Monde” è realizzato da una redazione agguerrita, costituita al principio dagli anziani del “Temps”, poi lentamente sostituita dal reclutamento di Beuve-Méry. Certo gli equilibri interni alla redazione talvolta sono conflittuali: in generale i tradizionalisti del “Temps” seguono la politica del Quai d’Orsay, mentre i più giovani desiderano imprimere un maggior dinamismo. Ma in materia d’Europa si sviluppa rapidamente il consenso: fra le due potenze internazionali l’avvenire della Francia è in Europa. Basta leggere il Bulletin de l’étranger, l’editoriale della redazione sulla prima pagina del giornale (ad esempio quelli del 18 marzo 1948 sul Trattato di Bruxelles, del 9-10 maggio 1948 sul Congresso dell’Aia, o ancora le analisi politiche nel maggio 1949 all’atto della creazione del Consiglio d’Europa, nel maggio 1950 quando viene annunciato il Piano di Jean Monnet, nell’aprile 1951 in occasione della firma del Trattato di Parigi che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), per convincersi che “Le Monde” ha scelto di sostenere l’opzione europea. Del resto Jean Monnet è tra gli amici di Beuve-Méry, mentre la sensibilità democratico-cristiana è fortemente rappresentata all’interno della redazione.
Tuttavia la Guerra fredda introduce degli inceppamenti in questo slancio positivo. La disputa intorno al problema del neutralismo, l’antiamericanismo di una parte della redazione che rifiuta l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO), infine i negoziati sul progetto di Comunità europea di difesa (CED) rivelano delle spaccature nella redazione e nella direzione di “Le Monde” e incrinano il consenso sull’Europa. Nell’autunno 1947, prima nel settimanale “Une semaine dans le monde”, poi dalle colonne del quotidiano, Beuve-Méry esalta le virtù di un’Europa forte e neutrale fra i due blocchi. I dibattiti si amplificano negli anni fra il 1948 e il 1950 con i contributi di Etienne Gilson e di altri. Questi scritti riguardano in gran parte i rapporti Est-Ovest, infatti “Le Monde” respinge la scelta fra i due blocchi affermando che bisogna promuovere un’Europa politicamente libera e socialmente giusta, tuttavia riflettono anche i dibattiti europei, in particolare la questione della CED, considerata da una larga parte della redazione un modo dissimulato per riarmare la Germania. In queste tematiche si insinua anche una forte dose di antiamericanismo e di non minore anticomunismo. Queste prese di posizione provocano una crisi significativa nel 1951: alcuni azionisti del giornale cercano di esautorare Beuve-Méry, che deve il mantenimento del suo incarico alla mobilitazione della redazione e a uomini politici influenti, fra cui Monnet.
In breve, se la redazione e il direttore di “Le Monde” hanno riposto parte delle loro speranze nell’Europa, i percorsi imboccati sono disseminati di insidie. Bisogna aspettare l’affossamento della CED nel 1954 e la firma dei Trattati di Roma nel 1957 perché “Le Monde” diventi il giornale “eurofilo” che conosciamo. È ugualmente necessario sottolineare il ruolo di Pierre Drouin, capo dei servizi economici dal 1961 al 1969 e uno dei sostenitori più fedeli di Beuve-Méry nella redazione, che considera la costruzione europea un’opportunità per l’economia francese. I progressi istituzionali sono seguiti in modo puntuale dalle colonne del giornale e danno vita a editoriali senz’altro equilibrati ma globalmente elogiativi: è il caso del disarmo doganale, il 2 gennaio 1959, della prima maratona agricola, il 16 gennaio 1962, o della realizzazione dell’Unione doganale, il 30 giugno-1° luglio 1968. L’opposizione del giornale alle reticenze golliste non fa che rinsaldare l’eurofilia della redazione, che raggiunge il culmine nel sostegno agli allargamenti (v. Allargamento), salutati in generale in prima pagina, come per esempio: L’Europe des Dix est née e nel “Bulletin”: Un grand jour (23-24 gennaio 1972).
Tuttavia, le lentezze della costruzione europea, la lunghezza dei dibattiti astrusi, l’assenza dell’espressione popolare o la questione sociale indispongono la redazione, che non manca mai di addentrarsi nelle tortuosità di Bruxelles e di Strasburgo e, all’occorrenza, di stigmatizzarle. Bisogna sottolineare che “Le Monde” è molto letto nelle cancellerie e nelle Istituzioni comunitarie e che mantiene un’importante rete di corrispondenti in Europa. L’ufficio del giornale a Bruxelles, che non smette di rafforzarsi, annovera giornalisti affermati, spesso dotati di grande talento. Anche gli affari europei sono seguiti e raccontati per filo e per segno. Attraverso le pagine di “Le Monde” questi temi hanno contribuito alla formazione dei responsabili francesi, passati in gran parte per le grandi scuole dove la lettura di questo giornale è quasi obbligatoria e dove hanno vissuto a fianco dei futuri redattori del quotidiano della sera. Queste élites che si sono formate alla scuola di “Le Monde” hanno largamente influenzato la redazione essendone al tempo stesso educate. In occasione dei referendum sulla ratifica del Trattato di Maastricht nel 1992 e, più ancora, del referendum costituzionale del maggio 2005 è emerso con chiarezza che il giornale e le stesse élites sono accomunati da un’identica sensibilità europea, ma che non sono riusciti a far condividere la loro visione alla maggioranza del popolo francese.
Patrick Eveno (2005)