L’Europa
“L’Europa”, settimanale di politica, economia e cultura, nacque nel settembre 1967 per iniziativa di Angelo Magliano, giornalista professionista, con lo scopo di contribuire alla formazione di una coscienza europea nell’opinione pubblica italiana attraverso una maggiore conoscenza della vita istituzionale, politica, sociale e culturale della Comunità.
Magliano maturò il proprio europeismo durante l’esperienza antifascista e la Resistenza. Negli anni Trenta aveva costituito, insieme a Felice Cascione, Alessandro Natta, Giovanni Strato e altri, un gruppo di studenti antifascisti, eterogeneo sotto il profilo ideologico. In particolare, Magliano (“Fabrizio”), trasferitosi a Milano, aveva curato i rapporti fra questa città e i resistenti attivi nell’imperiese; successivamente, era entrato in contatto con l’organizzazione “Franchi”, guidata da Edgardo Sogno.
All’epoca del lancio de “L’Europa” l’attività giornalistica di Magliano era ormai consolidata. Il 22 aprile 1945, a Milano, aveva dato vita con Sogno alla rivista “Costume”, quindicinale di politica e cultura al quale collaborarono firme prestigiose (Umberto Segre, Mario Luzi, Indro Montanelli, Alberto Moravia, e il genovese Francesco Manzitti). Era stato direttore del liberale “Corriere Lombardo”, erede del “Giornale Lombardo-Corriere Alleato”, aveva collaborato con Indro Montanelli all’organo della curia ambrosiana, “L’Italia”. Sempre a Milano, strinse amicizia con Enrico Serra; quando Aldo Garzanti gli propose la direzione de “L’Illustrazione Italiana”, uno dei più antichi e autorevoli settimanali italiani, Magliano affidò a sua volta il commento di politica estera a Serra. Date le crescenti difficoltà finanziarie della rivista, Magliano dovette passare all’ANSA, prima come vicedirettore responsabile e poi come direttore. Per dare un riconoscimento internazionale all’Agenzia, decise di aprire dapprima un ufficio a Londra – affidandolo a Serra – e, nel 1956, potenziò la sede di Parigi, sempre grazie a Serra, per seguire da vicino le tappe del processo d’integrazione europea (l’ufficio parigino, infatti, copriva anche Lussemburgo, Belgio e Paesi Bassi) (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della). In seguito alla decisione di candidarsi nel 1958 nelle file del partito liberale ligure (dove non fu eletto), il consiglio di amministrazione dell’ANSA lo rilevò dall’incarico. Dopo una breve permanenza al genovese “Corriere Mercantile”, in qualità di direttore (10 febbraio 1959-27 marzo 1962) Magliano approdò al “Giornale d’Italia” (1° aprile 1962-31 luglio 1966), il quotidiano del pomeriggio fondato a Roma nel 1901 da Sidney Sonnino e Alberto Bergamini.
Il pensiero europeistico di Magliano riveste senza dubbio grande interesse per il rapporto fra idea di nazione e idea d’Europa. Secondo Magliano, infatti, non si poteva condividere il punto di vista secondo il quale l’Italia, non avendo una concezione forte dello stato nazionale, era maggiormente predisposta nei confronti dell’unificazione del continente. La mancanza di un giusto senso nazionale e statuale, invece, si traduceva inevitabilmente in un’idea di Europa confusa e astratta. Il concetto di nazione andava rivissuto in ambito comunitario, adeguandolo ai tempi moderni; mentre il nazionalismo perverso e guerrafondaio andava certamente combattuto, il sentimento positivo della nazione non doveva essere rinnegato, ma superato nello spirito europeista e comunitario, generando un nuovo sentimento di appartenenza. Per contribuire a far nascere tale consapevolezza, Magliano cooptò personalità di provato sentimento europeista e indiscussa levatura, coinvolgendo anche uomini politici. Fra i principali collaboratori della rivista, vanno ricordati, fra gli altri: Leo Valiani, Giuseppe Petrilli, Enrico Serra, Mario Zagari, Andrea Chiti-Batelli, Enzo Martino, Achille Albonetti, Gianni Agnelli, Maria Romana Catti De Gasperi, Hendrik Brugmans e molti conterranei di Magliano, come Carlo Russo, Lazzaro Maria De Bernardis, Fausto Cuocolo (ferventi europeisti) e Adriano Sansa (futuro sindaco di Genova). Un particolare rilievo merita la figura del genovese Emanuele Gazzo, direttore della “Agence Europe”, l’agenzia di stampa europea fondata a Lussemburgo nel 1953 dal presidente dell’ANSA Ludovico Riccardi, che curò la rubrica “Diario da Bruxelles” e numerosi approfondimenti a favore del processo d’integrazione.
Il periodico, sobrio e ben curato seguiva da vicino le principali vicende politiche italiane proiettandole nel più ampio contesto europeo e mondiale. Accanto alle sezioni di politica ed economia, includeva rubriche di letteratura, arte e cinema per dare concretezza alla societas europea. Nel numero di saggio (settembre 1967) una nota ai lettori spiegava che l’avvenire dell’Italia era in quello dell’Europa e che il periodico intendeva interpretare queste esigenze e speranze comuni. Dal momento che il mondo era ormai costituito da grandi complessi – come USA, URSS, Cina, Africa nera e America latina – anche i popoli europei potevano contare solo se uniti. Veniva sancito così il primato dell’integrazione politica su quella economica, perché non ci si limitasse alla costruzione di un grande mercato, ma all’edificazione di una nuova grande patria democratica.
La rivista esordì negli anni cruciali dei negoziati per l’adesione del Regno Unito e del piano di Charles de Gaulle. Sosteneva una strategia europea, che puntasse a trasformare la Comunità, saldamente coesa, in un alleato “vero” degli Stati Uniti, forte della propria tradizione storica e culturale, con un’autorità e responsabilità effettive. Le dichiarazioni europeistiche non dovevano costituire un mero rituale, ma trasformarsi in una volontà autentica, capace di superare le crisi. Dopo il Vertice dell’Aia, nonostante i progressi compiuti sul piano delle alte sfere politiche, bisognava puntare sull’adesione degli individui e delle collettività perché, se essa fosse venuta a mancare, l’Europa non avrebbe potuto andare avanti.
Durante i difficili anni Settanta, sconvolti da contestazioni e attentati, l’unione politica dell’Europa era indicata come l’unica rotta da seguire affinché l’Italia non perdesse se stessa e la democrazia non venisse sopraffatta. L’integrazione europea comportava senza dubbio oneri gravosi per la penisola e l’Europa non poteva essere la panacea per tutti i mali, ma al di fuori di essa non c’era futuro. La contestazione studentesca venne letta da Magliano come risultato della mancanza di equilibrio fra autorità e libertà ed espressione dell’esigenza di fondare un’autorità nuova – quindi un’Europa rinnovata – profondamente democratica. Il primo allargamento fu salutato come una rinascita del continente e, in vista del Vertice di Parigi del 1972, si volle sottolineare, anche attraverso immagini fotografiche dal forte impatto emotivo, come l’ideale dell’Europa unita fosse nato proprio dagli orrori della Seconda guerra mondiale.
Le crisi monetaria ed energetica, il sostanziale fallimento del vertice di Copenaghen e delle soluzioni di compromesso, le profezie delle “Cassandre della cattiva coscienza”, come le definiva Gazzo, mettevano a dura prova la speranza nell’ideale dell’unità europea. Senza nascondere mancanze e debolezze – lo stesso pessimismo poteva essere un efficace antidoto contro un europeismo ritualistico e di maniera – il periodico spronava i suoi lettori a far tesoro degli errori e andare oltre, perché nonostante tutto la costruzione europea proseguiva e maturava.
Dopo una campagna lunga e tenace a favore dell’elezione diretta del Parlamento europeo (v. Elezioni dirette del Parlamento europeo), dalle pagine della rivista trasparì la delusione per l’andamento delle elezioni in Italia. Su di esse, infatti, aveva pesato l’abbinamento con le consultazioni nazionali, le quali avevano sminuito e mortificato il voto europeo. Gli stessi partiti non erano stati veramente in grado di discutere delle questioni europee; così l’Europa era passata in second’ordine, mentre la campagna elettorale avrebbe dovuto assumere un valore altamente didattico e orientativo. Tuttavia, anche queste elezioni avrebbero dato i loro frutti: il Parlamento europeo – secondo gli orientamenti del periodico – avrebbe visto ampliare e rafforzare il suo potere, la sua autorità, le sue prerogative, contribuendo a far sì che l’Europa unita si costituisse pienamente.
Nata come settimanale, la rivista si trasformò in quindicinale nel 1971, anno in cui anche il formato venne modificato, assumendo le dimensioni di un quaderno. Nel 1978 divenne mensile e fu arricchita con riproduzioni delle opere di un artista al quale ciascun numero veniva dedicato. Nel 1979, proprio al termine della battaglia per il Parlamento europeo, a causa di una grave situazione finanziaria che si trascinava da tempo, provocando anche ritardi nella pubblicazione, una delle più originali voci dell’europeismo italiano si spense definitivamente.
Simona Calissano (2012)