Le lingue d’Europa
Nell’Unione europea (UE), che conta 497 milioni di abitanti, il tedesco è la lingua materna più diffusa, con circa 90 milioni di locutori nativi; seguono francese, inglese e italiano, parlati ciascuno da circa 60 milioni di persone. Tuttavia, per un terzo dei cittadini europei, l’inglese è la prima lingua straniera conosciuta, superando di gran lunga le altre lingue. Seguono il tedesco e il francese, che sono parlati ciascuno, come prima lingua straniera, da circa il 10% della popolazione. L’UE promuove l’apprendimento delle lingue e finanzia una serie di programmi a tal fine, soprattutto nel quadro del Programma “Socrates”, programma educativo a largo raggio che comprende ERASMUS (v. Programma europeo per la mobilità degli studenti universitari), e del Programma Leonardo, dedicato alla formazione professionale. Partendo dall’idea che non ci si può accontentare di una sola “lingua franca”, la Commissione europea ha varato, nel luglio 2003, un piano d’azione per promuovere la diversità linguistica e quindi l’obiettivo: “lingua materna più due altre lingue”.
Il rispetto della diversità linguistica e culturale è sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che riguarda non solo le 23 lingue ufficiali dell’UE, ma anche le numerose lingue regionali (come il bretone, il frisone, il gallese, ecc.), le lingue minoritarie (cioè parlate da una minoranza in uno Stato, ma che sono lingue ufficiali in un altro paese dell’Unione, come il francese in Val d’Aosta) e quelle non legate a un territorio (come le lingue rom e yiddish). L’UE promuove l’utilizzo e la salvaguardia di queste lingue, in particolare attraverso la rete “Mercator”, che raccoglie, archivia, analizza e diffonde informazioni e documenti. Dal gennaio 2007 il multilinguismo costituisce il portafoglio di un membro della Commissione europea.
Il regime linguistico delle istituzioni dell’UE
Il regime linguistico delle Istituzioni comunitarie, fissato dal regolamento 1/58 CEE del 15 aprile 1958, e modificato più volte, stabilisce le lingue ufficiali dell’Unione nelle quali i cittadini possono dialogare con le istituzioni dell’UE (cfr. art. 21 CE) e accedere alla sua legislazione. Gli allargamenti (v. Allargamento) del 2004 e del 2007 hanno fatto raddoppiare il numero delle lingue ufficiali. L’UE, composta oggi da 27 Stati membri, conta 23 lingue ufficiali, contro le 11 dell’UE a 15: bulgaro, ceco, danese, estone, finnico, francese, gaelico irlandese (il cui uso è tuttavia limitato da deroghe temporanee), greco, inglese, italiano, lettone, lituano, maltese, neerlandese, polacco, portoghese, romeno, slovacco, sloveno, spagnolo, svedese, tedesco, ungherese. Esiste inoltre un regime particolare per le tre lingue regionali spagnole (basco, catalano e galiziano).
Con l’aumento del numero delle lingue ufficiali, pur rispettando il regime linguistico, le istituzioni praticano una politica linguistica che tiene conto della limitatezza delle disponibilità finanziarie e della penuria di risorse umane specializzate. Non si tratta solo dell’inevitabile ricorso ai relais nell’interpretazione o della pratica delle “lingue ponte” nella traduzione. Certo, in taluni casi, non ci sono molte possibilità di flessibilità, come nel Parlamento europeo, dove la traduzione e l’interpretazione in tutte le lingue ufficiali è di rigore a tutti i livelli dell’istituzione, o nel Consiglio dei ministri, dove vi è la stessa esigenza a livello ministeriale. Nel Consiglio, tuttavia, interpretazione e traduzione vengono limitate a un numero ristretto di lingue per le riunioni dei suoi organi preparatori – Comitato dei rappresentanti permanenti (COREPER), Comitato politico e di sicurezza (CPS), certi Comitati e gruppi di lavoro, ecc. – i cui partecipanti hanno spesso conoscenze linguistiche sufficienti. Quanto alla Commissione, nella misura in cui continua produrre i suoi documenti ufficiali in tutte le lingue ufficiali essa deve ridurre sensibilmente il volume di ciascun documento, trasferendone la parte più tecnica a documenti di lavoro disponibili in un numero più limitato di lingue e talvolta solo nella lingua di redazione. Queste pratiche restrittive, che mirano tuttavia a rendere possibile il mantenimento del multilinguismo là dove esso è essenziale, saranno sempre più necessarie nella prospettiva di ampliamenti ulteriori e del conseguente aumento del numero delle lingue ufficiali.
Giuseppe Ciavarini Azzi (2008)