Lipponen, Paavo
L. (Turtola, Finlandia 1941), uomo politico finlandese, è stato presidente del partito socialdemocratico finlandese e ha avuto un ruolo di rilievo nella politica europea del suo paese. Alle elezioni parlamentari del marzo 1995, i socialdemocratici ottennero una vittoria schiacciante e il presidente del partito formò un nuovo governo che aveva due compiti principali. Il primo riguardava l’economia del paese, che doveva riemergere dagli abissi della grande depressione e della disoccupazione. Il secondo era collegato al ruolo e alle politiche che la Finlandia doveva ritrovare all’interno dell’Unione europea, alla quale aveva aderito solo due mesi prima. Per affrontare la sfida economica, L. riunì una vasta coalizione che andava dai conservatori moderati fino all’alleanza di sinistra, dove gli ex comunisti avevano trovato un tetto politico. Riguardo alla politica europea, il primo ministro era fermamente deciso a tenere in mano le redini del comando.
Sebbene egli non avesse precedenti esperienze come ministro, all’età di 54 anni era perfetto per quell’incarico. Sin dal suo ingresso in politica, alla metà degli anni Sessanta, gli affari internazionali erano sempre stati al centro dei suoi interessi. Un incarico negli organi direttivi del partito attenuò il radicalismo del giovane, e L. sostenne l’accordo di libero scambio con la Comunità economica europea (CEE) già nel 1972, a differenza di molti suoi colleghi socialisti che ancora esitavano.
Anche l’ampia rete di contatti europei di L. risale agli anni Settanta, all’epoca in cui lavorava segretario alla segreteria internazionale del partito. Alla fine del decennio, egli divenne l’assistente del primo ministro Mauno Koivisto, il futuro Presidente della Repubblica. Tale esperienza costituì un’eccellente palestra politica, dopo la quale L. fu in grado di andare avanti da solo.
La sua carriera, tuttavia, si rivelò un percorso accidentato. Negli anni Ottanta si sentì spesso emarginato tra i socialdemocratici, che erano meno sensibili al cambiamento dei tempi. Nelle vesti di direttore dell’Istituto finlandese per gli Affari internazionali, L. diede spazio a dibattiti riguardanti le priorità indiscusse della politica internazionale nonché il ruolo futuro della Finlandia in Europa.
L. fu tra i primi a riconoscere che il deterioramento del blocco sovietico unito alla fase dinamica dell’integrazione europea avrebbe inciso radicalmente anche sulla posizione della Finlandia (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della). Sempre che questo fosse ciò che auspicavano i finlandesi, e L. certamente era uno di quelli. Prima del referendum del 1994, egli era un fervido sostenitore dell’Adesione all’Unione europea (UE).
L’approccio di L. all’Europa si basava sull’esperienza storica. Almeno in due occasioni il destino della nazione era stato deciso da leader di grandi potenze senza consultare affatto i finlandesi. All’inizio del XIX secolo, Napoleone e Alessandro I trasferirono le terre finlandesi dal regno di Svezia all’impero russo. Hitler e Stalin, da parte loro, conclusero un patto infame che condusse, tra l’altro, alla coraggiosa ma sanguinosa guerra d’inverno della Finlandia.
Mai più sarebbe dovuto accadere qualcosa di simile. Secondo L., i finlandesi dovevano partecipare alle riunioni dove venivano prese decisioni che li riguardavano. Ciò sarebbe stato possibile solo se la Finlandia avesse acquisito un ruolo attivo nell’UE, in particolare relativamente a tutte le questioni poste da un approfondimento dell’integrazione. Tale strategia era sicuramente finalizzata alla sicurezza, ma fu adottata anche ai fini degli interessi nazionali della Finlandia in altri ambiti.
L. era un fervido difensore dell’idea che i finlandesi fossero buoni europei al pari di chiunque altro. La democrazia in Finlandia si era affermata negli anni Trenta senza subire interruzioni, mentre altrove aveva conosciuto un tracollo. Il paese aveva respinto gli eserciti di Stalin durante la Seconda guerra mondiale allo stesso modo in cui aveva rifiutato l’espansione politica e ideologica dell’Unione Sovietica durante la Guerra fredda. Nessun paese europeo poteva dire di aver fatto altrettanto nelle convulsioni politiche che avevano contrassegnato il XX secolo. L’UE svolse un ruolo fondamentale anche nella strategia economica di L. La Finlandia, che aveva alle spalle una tradizione di espansione e contrazione dove molti problemi erano stati risolti ma anche creati dall’inflazione e dalla svalutazione, si attendeva dall’integrazione europea stabilità, affidabilità e bassi tassi di interesse. Era logico, pertanto, che i finlandesi fossero i primi ad aderire all’Unione economica e monetaria e all’Euro, a differenza dei loro confratelli scandinavi che scelsero di rimanere agganciati alle loro corone.
I critici fecero di tutto per incolpare il suo governo di aver intrapreso tali misure senza aver previamente consultato la popolazione. Tuttavia, nel complesso, l’opposizione alla salda politica UE del primo ministro fu piuttosto moderata. Il risultato ottenuto da L. e dalla sua coalizione alle elezioni parlamentari del 1999 fu tale da consentirgli di proseguire con un secondo mandato. La Finlandia sembrava rappresentare in termini sia politici che economici una storia di successo dell’Unione.
Nelle capitali europee L. si affermò come uno dei primi ministri degni di essere ascoltati. Egli credeva fermamente che la. Commissione europea avrebbe dovuto avere un ruolo più incisivo se l’UE fosse diventata un vero centro di potere internazionale. Ciò era nell’interesse degli Stati membri più piccoli, poiché un’unione più forte avrebbe vincolato le grandi nazioni alle decisioni e politiche congiunte.
Questi temi furono articolati chiaramente espressi, ad esempio, in un discorso pronunciato da L. nel novembre 2000 al Collegio d’Europa a Bruges. Egli fece riferimento anche ai problemi istituzionali e propose la creazione di un comitato speciale che avesse la funzione di delineare una base costituzionale per l’unione. Forse l’idea non era sua, ma egli fu il primo ministro europeo a esprimerla in pubblico.
L. aveva raggiunto l’apice della sua carriera di statista europeo già l’anno precedente, quando la Finlandia gestì la presidenza dell’Unione, ricevendo elogi e soddisfazioni. La diplomazia finlandese e lo stesso L. si dimostrarono abili negoziatori anche nell’aprire la strada della Turchia ai negoziati di adesione. La cosiddetta dimensione nordica si affermò nell’agenda dell’UE, anche se non ebbe mai quello slancio che i finlandesi avevano sperato.
Il nome del primo ministro finlandese venne spesso menzionato nella stampa europea tra i potenziali candidati ai vertici dell’UE. L. stesso non nascose le sue ambizioni ed espresse pubblicamente il suo interesse a presiedere la futura commissione UE. I presupposti di questa ambizione crollarono quando i socialisti ottennero in tutta l’Unione risultati piuttosto modesti alle Elezioni dirette del Parlamento europeo del 2004.
L’anno prima L. aveva subito una battuta d’arresto a livello nazionale quando i socialdemocratici persero la carica di primo ministro contro gli avversari del partito di centro. L. non ebbe più un ruolo di primo piano, ma continuò a essere una delle figure più rappresentative della politica finlandese. Come portavoce del parlamento fino al 2007 continuò ad avere un alto profilo internazionale, avendo sempre a cuore il futuro dell’Europa.
L. incarna il mutamento che è avvenuto nella politica finlandese a seguito dell’adesione all’UE, segnata dal passaggio da un sistema presidenziale a un sistema più incentrato sul ruolo del primo ministro. Nei suoi otto anni al potere L. ha rappresentato un modello di riferimento con cui i suoi successori ancora oggi si misurano. Sui punti essenziali essi hanno continuato la sua strategia europea, sebbene non con lo stesso entusiasmo, ma nessuno di loro si è guadagnato un tale rispetto o una tale reputazione, a livello nazionale o internazionale. È molto raro che un politico finlandese ascenda al rango di statista europeo.
Mikko Majander (2007)