L. (Rotterdam 1939) studiò Economia all’Università Erasmus di Rotterdam, laureandosi nel 1962. Un anno dopo, in seguito alla morte del padre, insieme al fratello rilevò la direzione della ditta paterna “Hollandia B.V.”, specializzata in costruzioni metalliche e fabbricazione di macchinari. Nel 1973 entrò nel governo di Den Uyl (11 maggio 1973-19 dicembre 1977) come ministro degli Affari economici. L. era membro del Partito popolare cattolico (Katholieke Volkspartij, KPV), che nel 1980 si sarebbe fuso con altri partiti cristiani olandesi nel Partito cristiano-democratico (Christen democratisch Appèl, CDA). Una delle principali questioni affrontate durante il suo incarico ministeriale riguardò le conseguenze economiche della guerra dello Yom Kippur e la crisi del petrolio. A livello europeo, L. insieme ai suoi colleghi europei perseguì una politica energetica comune.
Al termine del suo incarico di ministro dell’Economia divenne membro del Parlamento e dal 1978 anche leader del gruppo KVP/CDA al Parlamento. Il 4 novembre 1982 rientrò nel governo ricoprendo la carica di primo ministro, che avrebbe mantenuto nei tre governi successivi fino al 22 agosto 1994. L. è stato il primo ministro più a lungo in carica nella storia dei Paesi Bassi. In questo periodo, l’economia del paese venne riformata da numerosi tagli al bilancio volti a ridurre il disavanzo e la disoccupazione. Nella politica olandese egli si affermò come un politico che, spesso con successo, mirava al consenso. Nel cosiddetto Accordo di Wassenaar (24 novembre 1982), riuscì a ottenere un accordo tra governo, sindacati e organizzazioni padronali, che decisero una moderazione salariale in cambio della riduzione della settimana lavorativa. L’accordo gli valse il titolo di “padrino del modello polder” – la versione olandese della politica del consenso (v. Steinmetz, 2000). Tuttavia, durante il suo incarico, incontrò anche forme di opposizione. Poco dopo la nomina a primo ministro, dovette far fronte a una forte opposizione dell’opinione pubblica contraria alla decisione dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) di dispiegare 572 missili balistici americani a medio raggio in diversi paesi europei, tra cui i Paesi Bassi. Nonostante le massicce manifestazioni, nel novembre 1985, il governo decise di accettare i missili alla base aerea militare di Woensdrecht. Tuttavia, a seguito del Trattato Intermediate-range nuclear forces (INF) firmato due anni dopo da Ronald Reagan e Michail Gorbačëv, il dispiegamento dei missili non sarebbe mai avvenuto. L. avrebbe dichiarato in seguito di aver deciso a favore del dispiegamento dopo essere stato informato da Gorbačëv, del probabile e successivo trattato e pertanto dell’imminente cancellazione di quell’operazione (v. Mak, 2004, pp. 984-986).
Al Consiglio europeo di Dublino nel luglio 1990, L. lanciò la proposta di una Carta europea dell’energia al fine di migliorare la cooperazione nel settore energetico tra tutti gli Stati del continente europeo e l’URSS. La Carta venne adottata il 17 dicembre 1991 come dichiarazione politica di principi e una solida base per il Trattato sulla carta dell’energia che sarebbe stato firmato a Lisbona tre anni dopo. Durante i suoi mandati come primo ministro, i Paesi Bassi assunsero due volte la presidenza delle comunità europee (1981 e 1991). L’ultima volta coincise con i negoziati finali della Conferenza intergovernativa (CIG) (v. Conferenze intergovernative) che avrebbero portato al Trattato di Maastricht. Sebbene il Lussemburgo avesse già proposto un documento che era stato accettato da tutti gli Stati membri come punto di partenza per ulteriori negoziati, il governo olandese decise di presentare una proposta alternativa che suggeriva il trasferimento di maggiori poteri alle istituzioni europee. Tuttavia, al Consiglio dei ministri di lunedì 30 settembre, tale versione venne bocciata da tutti i membri eccetto il Belgio. Il governo olandese aveva commesso un errore di valutazione contando sull’appoggio di Stati quali Germania e Italia. Ciò nonostante, questo grave insuccesso diplomatico, noto anche come “Lunedì nero”, non ostacolò ulteriori negoziati. Sempre sotto la presidenza olandese, venne riadottata la proposta del Lussemburgo e il 9 dicembre tutti gli Stati membri approvarono il Trattato per l’Unione europea che sarebbe stato firmato a Maastricht due mesi dopo.
Durante l’ultimo mandato di L. al governo, circolarono voci nei media sulla sua possibile successione a Jacques Delors, presidente della Commissione europea. Tuttavia, il 3 maggio 1994, quando L. dichiarò la sua candidatura, gli venne a mancare il sostegno di Helmut Kohl e François Mitterrand, che gli preferirono il primo ministro belga Jean-Luc Dehaene. L. rese una dichiarazione al “Financial Times” del 2 giugno criticando la procedura secondo cui i piccoli Stati membri apparentemente non avevano voce in capitolo e ciò deteriorò le sue relazioni con Germania e Francia, ma gli fece ottenere il supporto di altri Stati. L’intera vicenda si concluse nel vertice (v. Vertici) dei capi di Stato e di governo nell’isola greca di Corfù. Durante il vertice, L. ritirò la sua candidatura quando era certo che non avrebbe potuto contare sulla maggioranza. Egli ottenne tre voti contro gli otto a favore di Dehaene e uno per il candidato inglese Leon Brittan. Al suo ritiro seguì il veto posto dal primo ministro britannico John Major, il quale esigeva un nuovo candidato che potesse contare sul consenso generale. Nel 1995 venne eletto Jean Jacques Santer come Presidente della Commissione europea. I media imputano generalmente l’opposizione di Kohl alla nomina di L. alla sua disapprovazione delle prime dichiarazioni di L. riguardo alla linea di confine Oder-Neisse e alla Riunificazione tedesca. La spiegazione personale di L. riguardo al “raffreddamento” dei suoi rapporti con Helmut Kohl, che erano stati eccellenti dal 1978 in poi, era differente. Convinto che Kohl fosse a conoscenza del suo sostegno alla riunificazione tedesca, egli sottolineava invece altre divergenze d’opinione sorte all’inizio degli anni Novanta, tra cui quella relativa alla sede della futura Banca centrale europea. Egli ricorda anche l’avversione di Kohl per il suo rifiuto di richiamare all’ordine il ministro degli esteri olandese e presidente di turno delle Comunità europee Hans van den Broek (v. anche Presidenza dell’Unione europea), il quale aveva condannato l’intenzione della Germania di riconoscere la Croazia nell’autunno del 1991 (v. Lubbers, 1999; Mak, 2004; Steinmetz, 2000).
Dal 1995 al 2000 L. fu professore all’Università di Tilburg. Fu anche visiting professor alla John F. Kennedy School of government, presso l’Università di Harvard, a Cambridge (USA). Nel 2001 divenne Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (United Nations high commissioner for refugees, UNHCR), occupandosi di operazioni importanti in Africa, Angola e Afghanistan, dove il rimpatrio di più di tre milioni di rifugiati e di sfollati rappresentò una delle più imponenti operazioni svolte dall’organizzazione. All’UNHCR si affermò per la sua ricerca di approcci innovativi al problema dei rifugiati di tutto il mondo. Dopo quattro anni si dimise in seguito all’accusa di molestie sessuali, ma continuò a sostenere di essere stato ingiustamente accusato. Attualmente è presidente di organizzazioni quali il Centro di ricerca energetica olandese (Energy research centre of the Netherlands, ECN) e la Fondazione per gli studenti rifugiati (University assistance fund, UAF).
Marloes Beers (2006)
Bibliografia
Lubbers R., Waarom het misging tussen mij en Kohl, in “De Volkskrant”, 18 settembre 1999.
Mak G., In Europa. Reizen door de twintigste eeuw, Atlas, Amsterdam, 200513.
Srinivasan K., The Lubbers II Cabinet and the quest for perfection, 1986-1989, in “The Round Table”, n. 236, aprile 1998.
Steinmetz B., Ruud Lubbers: Peetvader van het poldermodel, Prometheus, Amsterdam 2000.