Mansholt, Sicco
M. (Ulrum 1908-Wapserveen 1995), ministro olandese dell’Agricoltura, federalista e commissario europeo, presidente della Commissione europea di Bruxelles nel 1972, nonché ideatore e promotore della Politica agricola comune (PAC), era figlio di Lambertus Helbrig, agricoltore e membro dell’amministrazione provinciale di Groninga, e di Wabina Andreae, insegnante e attivista politica. M. crebbe nell’amena Torum, l’impresa agricola di famiglia situata nei pressi di Groninga, in un ambiente economicamente agiato e spiccatamente progressista sotto il profilo politico-intellettuale.
Nel 1922, a causa della morte del nonno paterno, Derk Roelfs, illustre militante del partito socialdemocratico olandese (Sociaal-Democratische Arbeiderspartij, SDAP), cui seguì la vendita di Torum, l’allora quattordicenne M. si trasferì a Glimmen, ove il padre era stato designato consigliere comunale. Il forzato allontanamento dai luoghi dell’infanzia ebbe un’influenza profonda sulla personalità e sulla vicenda biografica dell’europeista olandese. E non solo nel lungo periodo. L’inquieto e dinamico adolescente, infatti, cominciò presto a manifestare il suo disagio, per lo più disertando le aule della scuola superiore – che, viste le ripetute assenze, fu costretto a frequentare per cinque anni, anziché per un triennio – per dedicarsi a lunghe passeggiate per le vie di Groninga.
Dopo il diploma, nel 1927, pragmatico uomo d’azione piuttosto che intellettuale e teorico, si iscrisse alla Middelbare Koloniale Landbouwschool (l’istituto agricolo coloniale) di Deventer, nella prospettiva di recarsi a Giava per lavorare presso la società agricola dello zio. Pur avendo terminato con successo gli studi, nel 1930, la dilagante crisi economico-finanziaria, i cui effetti disastrosi si riflettevano financo sulle attività produttive olandesi dislocate sui territori coloniali, gli impose di recedere dai propositi iniziali e di trattenersi ancora per qualche tempo nei Paesi Bassi. Passarono quattro anni, in realtà, prima che il volenteroso giovane, dopo aver prestato servizio sia nell’amministrazione pubblica, sia presso alcune aziende private, si ritrovasse a Tijandoer, nella parte occidentale di Giava, il più giovane fra gli impiegati della piantagione di tè Pasir Nangka. In tale contesto, M. evidenziò ben presto la propria attitudine all’innovazione e le innate capacità organizzative. Ma fu altresì rapidamente chiamato a confrontarsi con la congenita insofferenza verso la gretta rigidità del sistema gerarchico, il quale era alla base dei rapporti sociali nel milieu agricolo coloniale.
Nel 1936, le ragioni dell’etica finirono per prevalere sui successi professionali e il socialista M., pertanto, tornò a Glimmen, ove iniziò a lavorare nei campi, alle dipendenze, tra gli altri, del fratello Dirk. Un impiego che certo non gli consentiva di evidenziare il suo spiccato spirito di iniziativa, ma che pure continuò a svolgere, coltivando in silenzio l’aspirazione a gestire autonomamente una propria azienda.
Tenace e meticoloso, nel novembre del 1937 riuscì finalmente a entrare in possesso di un lotto di circa cinquantasei ettari, nel recentemente bonificato polder di Wieringermeer, che volle destinare alla coltivazione di grano, barbabietole da zucchero, lino e patate. Nell’intento di coprire quanto prima i debiti contratti per l’acquisto della proprietà, M. trascorreva oltre dieci ore al giorno alla guida del suo trattore, senza per questo trascurare l’attività di segretario presso la sezione locale dello SDAP o la partecipazione alle iniziative delle cooperative agricole territoriali. Anche in virtù del progressivo rifluire della congiuntura economica degli anni Trenta, nonché dell’importante legislazione ad hoc per il risanamento della produzione agricola e per la tutela dei coltivatori – varata dal cugino di M., Stefan L. Louwes, all’epoca commissario governativo per l’agricoltura e l’allevamento – il giovane fattore di Wieringermeer vide presto ricompensate le pur ingenti fatiche, giacché l’azienda familiare, a partire dal 1939, iniziò a garantire stabilità produttiva ed entrate considerevoli.
Si trattò, ad ogni modo, di una tranquillità temporanea. L’invasione dei Paesi Bassi, infatti, perpetrata dalla Wehrmacht nel maggio del 1940, trasformò repentinamente la fattoria dei Mansholt in rifugio sicuro per i perseguitati del Reich, nonché in polo di raccolta per lo scambio di informazioni tra gruppi antinazisti e per la diffusione degli opuscoli clandestini. In tale contesto, era del tutto logico il passaggio dell’acceso socialista nelle file della Resistenza. Dal 1941, infatti, M. si occupò di organizzare l’approvvigionamento dei viveri, in termini di reperimento e trasporto, per i partigiani e per i rifugiati nelle grandi città. Non che l’agricoltore di Wieringermeer ignorasse l’effettivo contenuto delle casse di alimenti, prevalentemente utilizzate come nascondigli di armi ed esplosivi, ma lasciava volentieri a Louwes, direttore generale del rifornimento alimentare incaricato di predisporre le bolle d’accompagnamento, piena responsabilità in merito (v. Jvan Merriënboer, 1995-1996, pp. 139-40).
Gli anni della guerra segnarono un effettivo punto di svolta nella vicenda biografica di M. Non soltanto perché gli impegni assunti nell’ambito della Resistenza favorirono un sostanziale rafforzamento della sua personalità, ma, in una prospettiva più pragmatica, anche e soprattutto perché quell’esperienza lo proiettò direttamente sul proscenio della politica nazionale. Fu allora, infatti, che M., già al centro di una fitta rete di relazioni che si estendeva fino ai più alti livelli della dirigenza dello SDAP, entrò in contatto con Willem Drees, rifugiato ad Amsterdam, al quale consegnava i rifornimenti. E proprio il futuro premier del primo governo postbellico dei Paesi Bassi, iniziò ad apprezzare il talento organizzativo del coraggioso agricoltore della Resistenza, veicolandone, di fatto, l’approdo nell’ambito del policy-making dell’Aia. Del resto, all’indomani della liberazione, di fronte ad un’inedita carenza di risorse alimentari a disposizione del paese, Drees individuò immediatamente in M. la figura più idonea per organizzare razionalmente la distribuzione dei pur scarsi approvvigionamenti. Per parte sua, il neoeletto sindaco supplente di Wieringermeer non ebbe remore ad accettare l’incarico, per quanto delicato si presentasse. Senz’altro perché confidava nelle proprie capacità e nella propria esperienza, ma anche e soprattutto tenendo conto dell’impossibilità di tornare sui campi della sua azienda, impraticabili a seguito dell’inondazione del polder a opera dei nazisti.
Il 24 giugno del 1945, M. otteneva il portafoglio dell’Agricoltura, della pesca e degli approvvigionamenti. Entrato in carica a trentasei anni, diveniva il più giovane ministro che un governo olandese avesse mai designato. Non che fosse una personalità sconosciuta nel panorama politico dell’Aia. Oltre a godere della stima del mondo delle campagne e della vecchia guardia dello SDAP, ivi compresi Drees e il co-primo ministro Willem Schermerhorn, il suo nome era legato a quelli di Hernan e Stefan Louwes, rispettivamente membro del partito liberale e, dal marzo del 1946, del partito socialista (Partij van de Arbeid, PvdA) il primo, e direttore generale per i rifornimenti alimentari presso il ministero dell’Agricoltura, il secondo.
Al vertice del dicastero, M. si apprestava a vivere quello che egli stesso avrebbe definito «il miglior periodo» della sua vita (ivi, p. 142). Gli era stato conferito, in effetti, un ruolo di primissimo piano nel decision-making dell’Aia, essenziale per avviare un rapido processo di ricostruzione del paese. E certo il giovane ministro non tradì le aspettative dei suoi sostenitori. Attraverso un’efficace politica di acquisti, un rigido controllo dei prezzi e una razionale distribuzione degli alimenti, nonché giovandosi del valido contributo di Stefan Louwes, riuscì, già durante il primo anno di mandato, a riportare il livello delle risorse alimentari olandesi entro parametri di normalità.
Non fu un caso, pertanto, che, nonostante gli accordi iniziali, definiti con Schermerhorn e Drees, avessero fissato una scadenza biennale per l’incarico di M., i successivi leader di governo – dal cattolico Louis J.M. Beel, a Willem Drees e il Kvp Josephus R.H. Van Schaik – non vollero privarsi del suo prezioso apporto. E lo stesso ministro dell’Agricoltura, che pure aveva apertamente espresso il desiderio di tornare quanto prima all’azienda di Wieringermeer, dovette accettare, non senza una qualche malcelata soddisfazione, di rimanere ben saldo alla guida del dicastero fino al 1° gennaio del 1958, ricevendo altresì l’investitura ad interim al ministero dell’Economia (dal 14 al 21 gennaio 1948).
Figura ormai accreditata nel panorama politico dell’Olanda postbellica, dotato di eccezionale intuito e di eccellenti capacità comunicative, dal 1948, M. iniziò a lavorare alacremente alla riforma e allo sviluppo della politica agricola nazionale. Disinvolto e fiducioso nelle proprie potenzialità, il ministro socialista – membro effettivo del PvdA dal 9 febbraio 1946 – non volle cedere, in nessun caso, alla tentazione dell’azione isolata. Al contrario, avviò consultazioni sistematiche sia con i suoi più stretti collaboratori nell’ambito del ministero, sia con i rappresentanti della Fondazione per l’agricoltura (Stichting voor de Landbouw, dal 1954 Landbouwschap, Ente per l’agricoltura).
Al centro del sistema elaborato da M. per la riorganizzazione del settore primario olandese vi era il problema del controllo dei prezzi, i quali sarebbero stati oggetto di una rigorosa azione di monitoraggio da parte degli organi istituzionali, nell’intento di evitare eccessivi rialzi, soprattutto per i prodotti di più largo consumo, e di garantire, al contempo, entrate ragionevoli agli agricoltori. Al fine di raggiungere tali obiettivi, il futuro ideatore della PAC predispose una serie di importanti misure: in primo luogo, previde un metodo di finanziamento basato sulla tassazione delle importazioni e sugli incentivi alle esportazioni, concepito anche nell’ottica di incrementare la produttività interna; in secondo luogo, destinò ingenti risorse alle attività di ricerca e di formazione, nell’intento di favorire un miglioramento strutturale del complesso di produzione agraria. In tale contesto, il ministro socialista non poteva certo trascurare le ricadute sociali del processo di riforma da lui avviato. Anzi, sotto questo profilo si preoccupò di delineare una ben precisa ripartizione delle competenze e delle responsabilità. Di fatto, gli agricoltori avrebbero provveduto al buon andamento e alla giustificazione economica delle rispettive imprese, piccole, medie o grandi che fossero, ricevendo, come contropartita, la garanzia della sussistenza, di periodi di riposo, della formazione e dello sviluppo culturale.
Beneficiando anche di un momento decisamente favorevole per il settore primario, l’azione politica intrapresa da M. ricevette presto il sostegno delle organizzazioni agricole, di là dagli orientamenti politico-confessionali di cui queste erano espressione. Per il ministro olandese si trattò di un successo personale, oltre che professionale, seppur accompagnato dall’eco delle critiche parlamentari, nonché dalle veementi proteste di Drees.
Gli entusiasmi, in realtà, si spensero rapidamente. Nella prima metà degli anni Cinquanta, infatti, l’introduzione di misure protezionistiche da parte di molteplici Stati europei, soprattutto nell’ambito della recentemente istituita Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), limitò sensibilmente le possibilità di riuscita della strategia delineata dall’“agricoltore dell’Aia”. Di tutt’altra rilevanza, principalmente in un’ottica di lungo periodo, fu, per converso, la risposta che M. formulò per far fronte all’impasse, vale a dire il suo primo piano per un mercato comune europeo dei prodotti agricoli, con una forte caratterizzazione sovranazionale, il cosiddetto Green pool, elaborato nel 1950 assieme ai suoi più stretti collaboratori, i federalisti Louwes, Jaap van der Lee e Ivo Samkalden. Si trattava, senz’altro, di un progetto nettamente in anticipo sui tempi, e, di fatto, sommerso, già nel 1953, dalle forti resistenze opposte dal Consiglio dei ministri della CECA. Restava innegabile, tuttavia, la portata dell’iniziativa del ministro olandese, il quale, già agli albori del processo di integrazione comunitaria (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della), aveva sollecitato i governi dei paesi membri della CECA a intraprendere un ragionamento comune su uno tra i temi più delicati, e altresì vitali, nel panorama economico dell’epoca. Una questione attorno alla quale, peraltro, si sarebbe dibattuta, di lì a poco, la stessa sopravvivenza dell’Europa comunitaria.
La fallimentare esperienza del Green pool, a ogni modo, rappresentò un vero e proprio spartiacque nella maturazione politico-intellettuale di M. Dopo il 1953, infatti, anche in virtù dei crescenti contatti stretti con Jean Monnet e con gli esponenti dei movimenti europeistici nel corso delle discussioni sul mercato agricolo comune, il ministro dell’Agricoltura si consolidò progressivamente come la punta più avanzata del federalismo europeo all’interno del Binnenhof (il palazzo del governo olandese), e intraprese al contempo, e di conseguenza, la via verso il congedo definitivo dall’Aia. Lucido e pragmatico, egli incontrava qualche difficoltà nell’accettare la logica del compromesso e della mediazione, la quale effettivamente sostanziava i rapporti interistituzionali e il dibattito parlamentare. Il suo zelo riformatore ed europeista, come pure l’abitudine a invadere, sebbene involontariamente, le sfere di competenza dei colleghi, soprattutto degli alti funzionari del ministero degli Esteri, crearono non pochi malanimi attorno alla sua figura. Sicché, nel 1956, non appena dal settore agricolo giunsero i primi segnali di un’incipiente recessione, l’establishment dell’Aia, Drees per primo, non mostrò incertezze nell’attribuire al ministro federalista, spesso più attento alle questioni europee che alle problematiche nazionali, la responsabilità politica della nuova congiuntura.
Di fatto, il lungo mandato ministeriale di M. si concluse il 1° gennaio 1958, allorché la Commissione di Bruxelles conferì al carismatico europeista olandese il portafoglio dell’Agricoltura e la vicepresidenza. Per la verità, M. sfiorò addirittura l’investitura presidenziale dell’esecutivo della Comunità economica europea (CEE), cui, però, si contrappose energicamente il cancelliere tedesco Konrad Adenauer. La CEE e l’Agenzia europea per l’energia atomica (v. Comunità europea dell’energia atomica, Euratom) erano acquisizioni recentissime e il clima comunitario era attraversato da grande fermento, oltre che dai consueti scetticismi. Il nuovo commissario olandese ritenne di poter far leva sul forte dinamismo del momento, nonché sul pur vago dettato dei Trattati di Roma, per riproporre all’attenzione dei Sei, con le dovute modifiche, il proprio piano del 1952 sulla costruzione di un mercato agricolo europeo. Seguirono estenuanti trattative: dall’incontro di Stresa, nel luglio del 1958, cui parteciparono i rappresentanti della Commissione, i sei ministri dell’Agricoltura e i leader delle organizzazioni di agricoltori, all’infuocata maratona negoziale del gennaio del 1962, che si concluse con l’accordo sulla PAC.
Con l’inaugurazione della Politica agricola comune, il 14 gennaio del 1962, M., che aveva realizzato, non senza fatica, la sua ormai decennale aspirazione, diveniva, nell’immaginario collettivo degli europeisti contemporanei, «l’uomo che aveva innescato il motore dell’integrazione politica europea» (ibid.). E proprio a questo obiettivo essenziale della strategia federalista avrebbe mirato, da allora, l’azione del commissario olandese. Il quale, tuttavia, avrebbe presto dovuto confrontarsi con resistenze e offensive ben più vigorose di quelle che, fino ai primi anni Sessanta, aveva già affrontato e superato. Dal maggio del 1958, infatti, le redini della Francia erano passate nelle mani del generale Charles de Gaulle, eroe della Resistenza e campione del confederalismo.
Dal 1962 al 1965, la vicenda comunitaria di M. fu un susseguirsi ininterrotto di battaglie per la salvaguardia dell’integrazione sovranazionale, dapprima contro il Piano Fouchet, poi in avversione al veto del generale all’ingresso britannico nella CEE, e infine in favore del finanziamento della PAC mediante risorse proprie della Comunità. Episodio culminante, quest’ultimo, del confronto permanente tra il federalista olandese e il confederalista transalpino, nonché fattore scatenante della cosiddetta “crisi della sedia vuota”, la quale, per sette mesi, obbligò le istituzioni comunitarie al più completo immobilismo.
Il 1966 si aprì, per M., all’insegna della sofferenza e della delusione. Già il 29 gennaio, infatti, l’intraprendente europeista era costretto ad assistere passivamente alla firma del Compromesso di Lussemburgo, in cui rilevava un atto di sottomissione della Commissione nei confronti dell’ostracismo gollista, nonché una brusca battuta d’arresto sul percorso comunitario verso l’evoluzione politica. A ciò si aggiungevano i problemi di salute e i fallimenti registrati dalla PAC, con particolare riferimento alle problematiche della sovrapproduzione.
Personalità largamente accreditata sia a Bruxelles, sia nell’opinione pubblica internazionale, M. decise di intervenire con una vigorosa iniziativa politica. Dal 1967 cominciò a lavorare al perfezionamento della PAC, concentrandosi principalmente sugli aspetti sociali e strutturali. Il 10 dicembre del 1968, presentò il discusso “Memorandum sulla riforma dell’agricoltura nella Comunità economica europea”, il quale, in sostanza, proponeva di dimezzare il numero delle aziende agricole entro il 1980, disponendo altresì dettagliati provvedimenti per l’indennizzo e regolamenti per la riduzione della manodopera. La reazione dalle campagne, come era facile prevedere, fu immediata e violenta. Ancora alla fine del 1970, nonostante i numerosi tentativi di mediazione perpetrati da M., le proteste dei coltivatori non accennavano ad attenuarsi. Soltanto nel marzo del 1971, al termine di una trattativa protrattasi per quarantacinque ore, il commissario olandese riusciva a ottenere l’approvazione dell’esecutivo della CEE su una versione sensibilmente ritoccata del suo piano, la quale stabiliva, nonostante le eccedenze, un rialzo dei prezzi garantiti dei prodotti agricoli. Frattanto, le strade della capitale belga erano teatro di un acceso scontro tra agricoltori manifestanti e forze dell’ordine. Il bilancio fu di un morto e centinaia di feriti (v. van Merriënboer, cit., p. 153).
Al di là degli esiti del negoziato sulla PAC, M. rimase fortemente turbato dai fatti di Bruxelles. Ma già nel settembre del 1971 avviava una campagna di sensibilizzazione, rivolta sia ai governi nazionali, sia alle istituzioni europee, sulle tematiche dell’inquinamento ambientale, dell’ineguale distribuzione del benessere tra i due emisferi planetari e del grado di avanzamento dello sviluppo tecnologico. Qualche mese dopo, nei Paesi Bassi, presiedeva la “Commissione dei Sei”, un organo consultivo formato da rappresentanti dei partiti socialista (PvdA), radicale (Politieke Partij Radicalen, PPR) e progressista-liberale (D’66) e finalizzato a sperimentare la possibile cooperazione tra le diverse forze politiche, nell’ambito della quale elaborava un interessante documento di discussione sul problema della “crescita zero” e sul possibile ruolo guida dell’Olanda nel contesto internazionale.
A coronare la brillante, seppur contrastata, carriera politica di M. giunse, il 17 marzo del 1972, nove mesi prima del suo pensionamento, l’agognata elezione alla presidenza della Commissione europea, come successore del dimissionario Franco Maria Malfatti. Personalità ingombrante e oggetto di frequenti attacchi da parte dei commissari, l’europeista olandese non seppe imprimere un’impronta decisa all’azione del collegio di Bruxelles, eccezion fatta, forse, per la partecipazione attiva e costante ai dibattiti comunitari. Alla fine del dicembre 1974, il volitivo e burrascoso padre della PAC si trasferiva a Wapserveen, cittadina della provincia di Drente, continuando a intervenire tramite interviste e discorsi pubblici a commentare gli eventi più rilevanti della sua epoca.
Giulia Vassallo(2010)