Mayer, René
M. nacque a Parigi il 4 maggio 1895 da una famiglia dell’alta borghesia ebraica (era imparentato per parte di madre con i Rothschild). Diplomatosi al liceo Carnot, frequentò corsi di legge e di filosofia e nello stesso tempo seguì assiduamente le lezioni dell’École libre des sciences politiques. Richiamato nel dicembre del 1914, prestò servizio nell’artiglieria. Combattente esemplare, ebbe due menzioni e ottenne sia la Legione d’onore che la Croce di guerra.
Nel 1919 fu distaccato al gabinetto del ministro del Commercio René Clémentel e preparò il concorso per essere ammesso al Consiglio di Stato arrivando secondo. Fu commissario del governo nella Commission supérieure des dommages de guerre nel 1924, poi referendario al Consiglio di Stato nel 1925. Nominato in un primo tempo capo gabinetto del ministro delle Pensioni Bovier-Lapierre, fu poi vice capo gabinetto di Pierre Laval, ministro dei Trasporti pubblici, e infine capo gabinetto di Aimé Berthot, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, incaricato in particolare degli affari relativi all’Alsazia-Lorena. M. si appassionò alle questioni ferroviarie (nel 1926 gli venne affidato l’incarico di segretario generale del Conseil supérieur des chemins de fer) e divenne uno degli esperti francesi del comitato giuridico dell’Organizzazione delle comunicazioni e del transito alla Società delle Nazioni.
Dopo otto anni nel Consiglio di Stato, M. decise di entrare in affari come amministratore della Compagnie des chemins de fer du Nord. Dal 1932 fu vicepresidente della compagnia, di cui era presidente il cugino Edouard de Rothschild, ma partecipò anche alla gestione di altri gruppi, come quello di Albert Petsche e di Ernest Mercier specializzato nella produzione di elettricità. A varie riprese svolse il ruolo di intermediario tra le imprese private e lo Stato. Fu l’artefice del risanamento della Compagnie internationale des wagons-lits, di cui assunse la presidenza su richiesta di André Tardieu. Nel 1933 fu incaricato dal ministro dell’Aviazione Jean-Pierre Cot di negoziare la riorganizzazione dell’Aeronautica mercantile per approdare alla creazione di una compagnia unica e a una società ad economia mista che sarà Air France, di cui M. fu uno degli amministratori dal 1933 al 1940. Nominato rappresentante dell’insieme delle reti ferroviarie, divenne l’interlocutore del ministro dei Lavori pubblici nel negoziato sulla convenzione del 1937 che diede vita alla Société nationale des chemins de fer français (SNCF).
La guerra segnò una svolta nella carriera del brillante amministratore e mediatore. Nel settembre 1939 M. abbandonò la Francia per assumere la direzione della Missione del ministero degli Armamenti a Londra. Dopo l’armistizio, decise di tornare in Francia, dove tuttavia le leggi razziali promulgate dal regime di Vichy gli impedirono di riprendere le passate attività. Diresse la commissione del Consistoire de France, ma alla fine si convinse a raggiungere Algeri, dove arrivò nel marzo del 1943. Fu commissario alle Comunicazioni e alla Marina mercantile della Francia combattente, poi entrò nel Comitato francese di liberazione nazionale. In un primo tempo militò nel gruppo del generale Henri Giraud, per poi unirsi al generale Charles de Gaulle, del quale peraltro disapprovava – come Jean Monnet – le posizioni rigide nei confronti degli alleati anglosassoni. Svolgendo un ruolo di spicco nella riorganizzazione dei trasporti nell’Africa del Nord e poi in Francia, assunse le funzioni di ministro dei Trasporti e dei Lavori pubblici nel governo provvisorio della Repubblica francese (settembre 1944-novembre 1945), mostrandosi contrario alle nazionalizzazioni attuate a partire dal dicembre 1944.
Appassionato della cosa pubblica, dopo la Liberazione M. vide il momento propizio per fare il suo ingresso nell’arena politica. Vicino a dirigenti radicali come Henri Queuille e Paul Cuttoli, aderì al Partito radicale socialista. Riuscì a diventare sindaco di Giverny, dove da lungo tempo possedeva una casa, e ottenne poi un seggio di consigliere generale nell’Eure. Tuttavia la carica di deputato a cui ambiva gli era preclusa in quel feudo mendesista, e M. decise di presentarsi, nell’ottobre 1945, nella Charente-Maritime, dove però venne sconfitto. Lasciato il ministero dei Trasporti, fu nominato commissario generale agli Affari tedeschi e austriaci, dal dicembre 1945 al giugno 1946. A questa data si presentò nel Constantinois e fu eletto deputato con l’appoggio di Paul Cuttoli. Tre anni dopo entrò a far parte del consiglio generale del dipartimento di Costantina (1949-1955). Rieletto il 10 novembre 1946, fu uno dei principali animatori della lobby algerina. I suoi principali campi d’interesse erano, oltre all’Algeria, le questioni finanziarie e gli affari internazionali.
Attivo nella Società delle Nazioni prima della guerra, M. partecipò alla conferenza franco-britannica del 1946 prima di essere designato come delegato della Francia, in principio come vice e poi in permanenza, presso l’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
Liberale convinto, nel 1947 gli venne affidato da Robert Schuman l’incarico di ministro delle Finanze e degli affari economici. Nell’arco di sei mesi M. attuò una politica di austerità, con l’obiettivo di ristabilire l’equilibrio del bilancio e di imporre un freno alla crescita incontrollata dei prezzi. Operò un forte prelievo sui redditi e lanciò un prestito a lungo termine a tassi ridotti destinato alla ricostruzione; infine, procedette alla svalutazione del franco. Ulteriori misure, come il ripristino del libero mercato dell’oro e il ritiro dalla circolazione delle banconote da 5000 franchi, gli consentirono di dare un impulso decisivo al risanamento finanziario. Dopo un breve passaggio al ministero della Difesa nazionale (luglio-agosto 1948), M. tornò a essere un semplice deputato e divenne a un fervente portavoce della causa europea che aveva sostenuto fin dal 1944 ad Algeri. Membro della Commissione Affari esteri all’Assemblea nazionale, fu designato come relatore dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) che difese efficacemente nel luglio 1949.
Ottenuto il portafoglio della Giustizia (1940-1951), in questa veste M. dovette affrontare gli strascichi della guerra. Fu l’artefice dell’amnistia che cancellò gli effetti di tutte le condanne lievi per reati legati al collaborazionismo. Nel giugno 1951 venne rieletto a Costantina e in agosto fu richiamato al ministero delle Finanze come vicepresidente del Consiglio. Esauriti gli aiuti del Piano Marshall, M. si trovò ad affrontare una situazione difficile, e attuò una politica impopolare tassando benzina e tabacco e rafforzando le misure di controllo sui crediti e i cambi. Riuscì a far approvare il Piano Schuman per una Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) dal Parlamento prima che, nel gennaio 1952, il suo governo cadesse su una legge finanziaria ritenuta troppo rigorosa. Il 18 dicembre 1952 M., che non aveva più portafoglio, fu nominato rappresentante della Francia all’Assemblea della CECA. L’8 gennaio 1953 ottenne la presidenza del Consiglio, sostenuto con forte unanimità dai deputati gollisti, e pose la sua investitura sotto il segno dell’espansione e del rilancio nella stabilità e nell’equilibrio. Si impegnò altresì di fronte ai deputati a portare all’Assemblea il trattato istitutivo di una Comunità europea di difesa (CED). Fautore fervente dell’esercito europeo, non si assunse però il rischio di porre la questione della fiducia su un simile argomento. Tuttavia, senza svalutazione e senza restrizione della domanda interna, la realizzazione del suo programma economico e finanziario si rivelò illusoria quando il deficit della bilancia commerciale si aggravò e, in piena guerra di Indocina, si verificò un aumento delle spese militari e amministrative. Perso il sostegno dei deputati gollisti, in disaccordo con la sua politica europea, il governo M. cadde il 21 maggio 1953.
Nel febbraio 1955, dopo la fine del governo di Pierre Mendès France di cui era stato uno degli artefici, M. venne escluso dal Partito radicale ormai in mano ai mendesisti. Il 1° giugno 1955 succedette a Jean Monnet alla presidenza dell’Alta autorità della CECA, un incarico strategico al momento dell’avvio dei negoziati per la realizzazione del Mercato comune (v. Comunità economica europea). M. vi svolse un ruolo importante e dopo la firma dei Trattati di Roma lasciò la CECA per tornare agli affari, assumendo, fra l’altro, le presidenze del comitato della Société de financières de transports et d’entreprises industrielles (Sofina) e della Société du nickel. Lo scioglimento dell’Assemblea nazionale, nel dicembre 1955, gli fece perdere il seggio di deputato, e sebbene nel 1961 rientrasse nel Partito radicale non aveva più mandato elettivo. Restò però attivo al servizio della causa europea (fu nominato presidente onorario dell’organizzazione francese del Movimento europeo) e di quella degli ebrei d’Algeria durante i negoziati degli accordi di Evian.
Patriota, giacobino e liberale, M. restò fedele per tutta la vita alla sua doppia vocazione di gran commis dello Stato e di operatore privato del mondo economico. Avendo vissuto due conflitti particolarmente sanguinosi – in uno dei quali, fra l’altro, perse un figlio – M. si adoperò precocemente a favore della costruzione europea, che con l’occhio del grande imprenditore vedeva anche come un cantiere a misura del capitalismo moderno.
Sabine Jansen (2010)