Mazowiecki, Tadeusz
M. (Plock 1927-Varsavia 2013), laureatosi in Giurisprudenza all’Università di Varsavia subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, divenne un attivista cattolico indipendente. Nel contesto della destalinizzazione del 1956, fondò il Circolo dell’intellighenzia cattolica di Varsavia, a cui aderì successivamente lo Znak, l’unica organizzazione cattolica tollerata sia dal regime comunista che dalla Chiesa cattolica. Inteso come un collegamento tra la Chiesa cattolica e lo Stato comunista, allo Znak vennero assegnati parecchi seggi nel Parlamento polacco, e quindi M. divenne membro del medesimo tra il 1961 e il 1970. M. fu anche uno dei fondatori del mensile “Więz”, uno dei pochi quotidiani relativamente democratici della Polonia di quell’epoca. Dopo i massacri di Danzica e Gdynia, nel dicembre 1970, M. chiese invano che venisse creato una speciale Commissione parlamentare per indagare su quegli eventi. Poiché la sua elezione al parlamento fu compromessa da tale iniziativa, si avvicinò al Comitato per la difesa degli operai (Komitet Obrony Robotnikow, KOR).
Nel 1980, in occasione dell’ondata di scioperi di Danzica, M. scrisse una lettera, firmata da 61 intellettuali, in cui si chiedeva alle autorità di trovare una soluzione politica al conflitto. Si unì agli operai in sciopero, e divenne presidente della Commissione di esperti che sosteneva il comitato per gli scioperi. Nel dicembre 1981 fu arrestato, rimanendo in carcere fino al dicembre 1982. Nel 1987 divenne il principale consigliere del clandestino Comitato esecutivo nazionale di Solidarność. Nel 1989, durante i negoziati della tavola rotonda, M. ebbe un ruolo di rilievo come presidente della commissione che si occupava di pluralismo sindacale, e come coordinatore generale dei comitati di opposizione.
Nel settembre 1989, dopo che Solidarnośćaveva ottenuto tutti i seggi disponibili lasciati dai comunisti all’opposizione, M. divenne il primo premier non comunista dalla fine degli anni Quaranta. Il governo M. agì incisivamente in termini di riforme politiche ed economiche, inaugurando una politica di rapida “mercatizzazione”, la cosiddetta “terapia shock”, reintroducendo la proprietà privata e completando inoltre la transizione verso la democrazia. Tuttavia, la presa di posizione più controversa di M. fu la cosiddetta “politica della grossa linea” rispetto alla “lustrazia”, il processo d’identificazione e di esclusione dalla vita politica di persone che avevano collaborato con i servizi di sicurezza comunisti. I politici liberali, spinti tanto dal pragmatismo quanto da una visione civica secondo la quale la comunità politica dovrebbe includere più coloro che vogliono partecipare che non quelli che lo meritano, sostennero con M. la necessità di “cancellare” il passato: «Risponderemo soltanto di ciò che abbiamo fatto da adesso in poi per salvare la Polonia da questa crisi». L’atteggiamento dell’estrema destra verso il passato comunista fu influenzato dall’idea di creare una comunità nazionale che escludesse i collaboratori del regime. La naturale progressione storica della nazione doveva ripartire da dove era stata interrotta nel 1939. Mossa dall’avversione morale verso il sistema comunista e da un senso di mancata giustizia, l’estrema destra sostenne che il comunismo era stato un periodo da cancellare della storia polacca, che i suoi artefici dovevano essere puniti e le sue vittime risarcite.
Nonostante il successo del governo M. nel perseguire un programma di riforme in Polonia, divenne presto evidente che i conflitti tra l’élite intellettual-liberale di Solidarność e il gruppo di Lech Wałesa, che era stato escluso dal primo governo, avrebbero decretato la fine del ruolo politico di Solidarność Il gruppo di Wałesa era deciso a scalzare l’élite governativa, guidata da M., e a sciogliere il movimento. Il conflitto giunse al culmine nel dicembre 1990 durante la corsa alla presidenza da cui Wałesa uscì vincente e M. sconfitto. Le prime elezioni parlamentari libere del 1991 si svolsero nel contesto dello scioglimento di Solidarność, causato dalla “guerra ai vertici” del movimento. La giustificazione di tale scioglimento fu il bisogno di creare un sistema partitico di stile europeo, in cui le forze politiche si sarebbero dovute basare su profili ideologici netti e non su mescolanze di diversi orientamenti come quelli presenti in Solidarność.
M. e gli altri leader liberali di Solidarność costituirono un partito liberale, l’Unione democratica (UD), che divenne la forza dominante nel primo governo postcomunista dopo le elezioni parlamentari del 1991. Secondo il programma elettorale, la missione del partito era quella di svolgere un ruolo razionale e di moderatore nel caos del primo parlamento postcomunista. Le elezioni del 1991 si conclusero con un parlamento composto da 20 gruppi di partito, e questo comportò che la formazione dei tre governi succedutisi fino al 1993 richiese intense trattative.
L’etica personale di M., che si basava su un’interpretazione liberale del cattolicesimo, si rifletteva nelle posizioni liberali dell’UD rispetto alle questioni socio-culturali e nell’impegno per il rafforzamento dello Stato contro le istituzioni tradizionali. Le posizioni dell’UD erano in netto contrasto con quelle sostenute dagli altri partiti post Solidarnosc, e creavano un’atmosfera di forte contrapposizione in merito alle questioni socio-politiche. «Noi valutiamo l’azione comune di tutti i gruppi sociali, di tutti i cittadini impegnati a promuovere la tolleranza, a evitare la violenza e ad aderire a un’etica radicata nella tradizione cristiana. Speriamo che questi valori si manifestino con chiarezza nelle nostre posizioni e azioni» (v. ROAD, 1990). I suoi leader dichiararono che, sebbene «lo Stato, cioè il suo sistema legislativo, faccia parte di un sistema definito di valori che nella nostra cultura è radicato nel Cristianesimo e nei Diritti dell’uomo» (v. UD, 1993), esso non può essere «preda di nessun gruppo ideologico specifico» (ibid.).
Il secondo elemento dell’etica politica del partito fu l’interesse nel rafforzamento dello Stato. Emulando gli sforzi dei primi liberali europei nel rafforzare gli elementi razionali dello Stato contro il potere di istituzioni tradizionali, i documenti dell’UD affermavano: «Il riferimento essenziale dell’UD è quello di uno Stato democratico al servizio della società civile. Quest’idea fondamentale sintetizza il pensiero politico dell’UD e determina la nostra identità politica. Lo Stato, inteso come rifugio comune per i cittadini, dovrebbe fornire sicurezza e l’idea di sentirsi a casa propria; tuttavia, noi respingiamo la concezione dello Stato come entità assoluta, di fronte al quale tutto il resto deve essere trascurato». Questo Stato limitato «deve proteggere la libertà dei cittadini […] senza discriminazioni di genere, età, nazionalità o stile di vita» (v. UD, 1993). Nel 1994, l’UD si fuse con il KLD (Kongres Liberalno-Demokratyczny) per formare l’Unione della libertà (Unia Wolności, UW). M. ne divenne il presidente fino all’aprile 1995, quando Leszek Balcerowicz lo sostituì. M. continuò la sua attività nel partito e come deputato fino all’aprile 2005, quando fondò un nuovo partito di centrodestra, il Partito democratico.
L’etica di M. si rivelò altresì importante nell’incarico di relatore speciale della Commissione ONU sui diritti umani nel territorio della ex Iugoslavia, tra l’agosto 1992 e il luglio 1995. Raccolse personalmente testimonianze oculari riguardanti violazioni dei diritti umani ai danni della popolazione civile, incluse le condizioni correnti nei campi di prigionia e le situazioni umanitarie. Nel luglio 1995, dopo la caduta di Srebrenica, una delle “zone protette” in Bosnia, M. si dimise, dichiarando di sentirsi impossibilitato a «continuare a partecipare con la pretesa della protezione dei diritti umani». Durante il suo incarico, M. criticò tutti gli aspetti nazionalistici, specialmente quelli connessi a rivendicazioni religiose. Fu particolarmente critico verso il settore del clero cattolico dell’Erzegovina che incitava all’odio etnico, in contrasto con i principi sia etici che religiosi.
Oltre a essere un importante sostenitore della causa europea in Polonia, M. fu direttamente coinvolto nel processo quotidiano dell’integrazione europea quando, nell’ottobre 1997, fu nominato presidente della Commissione parlamentare per l’integrazione europea del Sejm, dopo che l’UW assunse la funzione di partner minore nella coalizione con Azione elettorale di Solidarność (v. anche Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della). Ancora una volta M. rappresentò la fazione dei politici internazionalisti liberali che affermavano che l’adesione polacca all’Unione europea (UE) sarebbe dovuta essere discussa in termini di evoluzione della civiltà e non di costi e benefici economici che ne sarebbero derivati.
Maddalena Pontes-Resende (2013)