Movimento per il “sì” all’Europa
Il movimento Ja till Europa (Movimento “sì” all’Europa) prima e durante la campagna referendaria del 1994 sull’adesione della Svezia all’Unione europea (UE) raccoglieva una serie di organizzazioni diverse. Le sovvenzioni distribuite dal governo svedese nel 1993 in vista della campagna referendaria andarono a trentotto movimenti, sia favorevoli che contrari all’adesione del paese alla UE, inclusi i network trasversali rispetto alle linee dei partiti e le organizzazioni controllate da determinati partiti politici. Questi ultimi, dal canto loro, non erano in primo piano nel movimento, in parte per il fatto che alcuni di essi erano divisi al loro interno sulla questione dell’adesione (v. anche Criteri di adesione). I due partiti attestati in modo più compatto a favore dell’adesione erano il Partito conservatore (Moderata Samlingspartiet) e il Partito liberale (Folkpartiet), mentre contrari erano il Partito della sinistra (Vänsterpartiet) e il partito dei Verdi (Miljöpartiet). I partiti politici non erano entusiasti delle divisioni create al loro interno dal dibattito sull’adesione, e in alcuni casi ciò spiega il profilo relativamente basso mantenuto nella campagna referendaria. La pletora di organizzazioni rifletteva la forte frammentazione dei partiti politici, ma rappresentava anche una quantità di interpretazioni differenti su cosa dovesse comportare un voto favore o contro l’ingresso della Svezia nell’UE. Nel movimento Ja till Europa erano coinvolte sia organizzazioni favorevoli all’integrazione nell’Unione così com’era, sia organizzazioni che sostenevano l’adesione ma al tempo stesso ritenevano necessario cambiare le politiche dell’Unione (v. anche Integrazione, metodo della).
Ja till Europa era una delle organizzazioni più importanti – se non la più importante – impegnata nel processo che portò al referendum svedese. L’organizzazione fu creata nel 1990 da politici del partito conservatore e del partito liberale insieme al direttore di una compagnia assicurativa, e fu per qualche tempo dominata dai due partiti politici. Una volta presa la decisione di indire un referendum, il movimento Ja till Europa inizialmente puntò a diventare l’organizzatore della campagna ufficiale dei due partiti, ma in un secondo tempo si aprì anche ad altre formazioni politiche. Tuttavia, dall’inizio alla fine della sua esistenza, Ja till Europa fu dominato dal centrodestra. Durante la campagna per il referendum il movimento sviluppò rapporti con la Federazione svedese dei datori di lavoro (Svenska Arbetsgivareföreningen, SAF) e la Federazione svedese dell’industria (Sveriges Industriförbund). A dirigere l’organizzazione era Lars Göran Johansson, proveniente da una società di pubbliche relazioni. Odd Engström, ex vice primo ministro socialdemocratico, guidò la campagna di Ja till Europa, estendendo perciò il suo appello alla sinistra.
L’organizzazione fu in massima parte finanziata dalla SAF, ma disponeva anche di altre risorse finanziarie, come le quote di iscrizione dei suoi membri e le sovvenzioni del governo. La forza finanziaria di Ja till Europa, a fronte di quella assai più modesta delle organizzazioni che sostenevano il “no” al referendum, rischiava di diventare controproducente, e fu quindi adottato un approccio di minore visibilità. Le attività dell’organizzazione in un primo tempo si focalizzarono sull’invito in Svezia di politici europei, ma all’inizio del 1993 fu lanciata una campagna pubblicitaria che coinvolse socialdemocratici di spicco e diverse celebrità. Considerate le divisioni interne al Partito socialdemocratico è interessante notare come molti politici di rilievo partecipassero alla campagna, ad esempio l’ex ministro delle Finanze Kjell-Olof Feldt e il segretario del partito Mona Sahlin. La strategia di coinvolgere celebrità nella campagna referendaria sarebbe stata ripresa in seguito in varie occasioni. Tuttavia, la campagna di Ja till Europa non fu caratterizzata principalmente da una propaganda reboante, bensì piuttosto da una strategia focalizzata sul dialogo con i cittadini. A questo scopo furono quaranta uffici locali che il pubblico poteva visitare liberamente per porre domande e discutere. Questa strategia di dialogo fu al centro della campagna fino alle ultime tre settimane prima del referendum, quando vennero adottate modalità di propaganda più tradizionali. Il messaggio dell’organizzazione era ampiamente favorevole all’Unione europea così com’era, e si focalizzava su questioni concrete come la crescita economica, la pace e l’influenza.
Insieme con l’organizzazione Näringslivets EU-fakta (“Informazioni sull’industria e il commercio nell’UE”) il direttore di Ja till Europa, durante tutto il 1994, tenuto tenne ogni due settimane riunioni di coordinamento con le organizzazioni dei datori di lavoro – la SAF e la Federazione svedese dell’industria – per progettare e organizzare le attività della campagna. EU-fakta fu l’organizzazione congiunta delle due federazioni che promosse attivamente l’adesione all’Unione europea. Dotata di 19 uffici regionali, al pari di Ja till Europa essa adottò una strategia basata sul dialogo con i cittadini, inclusi progetti di telemarketing che coinvolgevano oltre mezzo milione di votanti. Näringslivets EU-fakta diede avvio anche ad Europea, un network rivolto specificamente alle donne. Il progetto partì verso la fine del 1992 e il network crebbe gradualmente fino al referendum. Formato da trentasei gruppi locali con 2400 membri, Europea coltivava un’immagine di autonomia dal potere costituito, evitando per esempio di incoraggiare membri di partiti politici a unirsi al network.
Le due federazioni svedesi dei datori di lavoro concentrarono le loro attività sulle società che ne facevano parte e sui loro dipendenti. Alla campagna referendaria venne dato uno spazio predominante rispetto a tutte le altre attività e nel caso della Federazione dell’industria fu la sola campagna d’informazione del 1994. Le società erano attivamente incoraggiate a distribuire informazione sull’Unione europea ai loro dipendenti e a formare i cosiddetti “ambasciatori dell’Unione europea” nei luoghi di lavoro, con l’obiettivo di metterli in condizione di rispondere alle domande e di stimolare il dibattito fra i colleghi. Grandi aziende come la Volvo e la ABB parteciparono attivamente alla campagna, come pure le piccole e medie imprese. La campagna fu criticata per aver contribuito alla politicizzazione dei luoghi di lavoro e per aver promosso una propaganda unilaterale, in quanto i datori di lavoro potevano decidere che tipo di informazione politica dovesse essere diffusa tra il personale.
La posizione dei socialdemocratici nel movimento Ja till Europa era piuttosto precaria, vista la profonda spaccatura fra gli “euroscettici” e quanti sostenevano l’adesione (v. Euroscetticismo). Senza i voti a favore dei socialdemocratici il prevalere dei “no” al referendum sarebbe stato pressoché certo. Il fatto che rimanesse a lungo in dubbio se il primo ministro Ingvar Carlsson potesse comparire nei manifesti elettorali del partito è un esempio eloquente di tale indecisione. Il movimento Socialdemokater för EU (Socialdemocraticiper l’UE) fu fondato alla fine del 1993 e annoverava personalità importanti come Mona Sahlin, Sten Andersson e Bertil Jonsson, presidente della Confederazione sindacale svedese (Landsorganisationen i Sverige, LO). La decisione della LO di prendere parte attiva al movimento Ja till Europa fu un importante fattore di mobilitazione per l’ala sinistra del centro. L’organizzazione era guidata da Ines Uusman, che nell’ottobre 1994 ottenne il ministero delle Comunicazioni nel governo socialdemocratico di Ingvar Carlsson. Ines Uusman forse non esprimeva l’opinione della maggioranza quando definì l’Unione europea un progetto socialista, ma è chiaro che l’organizzazione intendeva sottolineare aspetti dell’Unione differenti da quelli messi in luce da Ja till Europa.
Lo schieramento a favore dell’integrazione europea all’interno del partito socialdemocratico cooperò attivamente con l’organizzazione Löntagare for Europa (Lavoratori per l’Europa), che rappresentava in gran parte i sindacati. Questa organizzazione era guidata da Anders Lindström, capo del sindacato dei lavoratori marittimi, e concentrò l’attenzione su temi quali l’influenza e la democrazia, in particolare in rapporto alla libera circolazione dei capitali all’interno dell’Unione.
Fra le altre organizzazioni attive nel movimento Ja till Europa vi era Europaforum, fondata, fra gli altri, dalla socialdemocratica Margot Wallström e dall’ex primo ministro del Partito liberale Maria Leissner, che in seguito divenne segretario del partito. La parificazione e i problemi di genere, l’ambiente e l’occupazione costituivano i principali temi di interesse di questa organizzazione. Ja til Europa poteva contare anche sull’appoggio di Ett Radikalt Ja (Un “sì” radicale), un’organizzazione fondata dalla Associazione studentesca socialdemocratica, e di Nätverk för Europa (Network per l’Europa), un partito politico indipendente guidato da Marit Paulsen e da Lennart Daleus, in seguito membro del Parlamento europeo. Questo network era anche la principale organizzazione di coordinamento per il Partito cristiano-democratico, che partecipava alla campagna in favore dell’adesione della Svezia all’UE. La Federazione degli agricoltori svedesi (Lantbrukarnas Riksförbund, LRF) sostenne anch’essa il movimento per il “sì” all’Europa, rivolgendosi soprattutto alle comunità rurali e in parte finanziando Nätverk för Europa.
Le organizzazioni che sostennero Ja till Europa tennero riunioni di coordinamento che coinvolgevano tutte le organizzazioni e anche segmenti di organizzazioni, ma non avevano una piattaforma unitaria per la campagna referendaria. Le riunioni di coordinamento portarono ad alcune attività congiunte, per esempio con Marit Paulsen, cercando di utilizzare la differenziazione ideologica del movimento pro UE per sottolineare che l’Unione doveva essere vista come una piattaforma politica piuttosto che come un’entità politica statica.
In complesso, il movimento svedese Ja till Europa incluse quasi tutte le élites nel campo della politica e degli affari nonché la maggior parte dei sindacati, ma anche molti cittadini “comuni” furono attivi nel movimento contribuendo alla mobilitazione dell’elettorato.
Fredrik Langdal (2012)