Napolitano, Giorgio
N. (Napoli 1925), nell’autunno del 1942, seguendo la tradizione paterna che svolge la professione di avvocato penalista, si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza nell’Ateneo napoletano. Qui entra in contatto con un gruppo di giovani intellettuali del GUF (Gruppo universitario fascista) al cui interno vanno prendendo forma riflessioni e posizioni antifasciste. Collabora, in quell’ambito, al settimanale “IX maggio” per cui tiene una rubrica di critica teatrale, sua prima grande passione. Durante l’occupazione americana e, poi, nell’immediato dopoguerra, entra in contatto con il Partito comunista e, in forte contrasto con il padre, matura la decisione di aderire al partito (1945). Chiamato a ricoprire incarichi nell’organizzazione giovanile comunista, prosegue gli studi sino alla laurea in Giurisprudenza, ma con una tesi in economia politica (campo di studi che ha iniziato a coltivare seguendo le suggestioni del dirigente del PCI Emilio Sereni) dal titolo Il mancato sviluppo industriale del Mezzogiorno dopo l’unità e la legge speciale per Napoli del 1904. Gli studi economici diverranno, poi, un ambito di lavoro politico per N., in forte sinergia con altri esponenti comunisti come Gerardo Chiaromonte e, soprattutto, Giorgio Amendola, di cui si considererà sempre un allievo. Dall’autunno del 1946 alla primavera del 1948 fa parte della segreteria del Centro economico italiano per il Mezzogiorno.
Nel 1951 viene chiamato a dirigere la Federazione di Caserta del PCI, parentesi provinciale che prelude all’elezione, due anni più tardi, a deputato, carica che manterrà ininterrottamente sino al 1996 (con la sola interruzione del periodo 1963-1968, quando non si ricandida per incompatibilità con la carica di segretario della Federazione comunista napoletana). Negli anni Cinquanta è responsabile della commissione meridionale del Comitato centrale del PCI, di cui è entrato a far parte dall’VIII congresso (1956).
Nel marzo del 1962 è designato a parlare – unitamente a Palmiro Togliatti – alla Camera nel dibattito sulla fiducia al quarto governo di Amintore Fanfani, prima prova di centrosinistra in ragione dell’appoggio esterno offerto dal PSI, intervento poi pubblicato nel volumetto Programmazione economica classe operaia e svolta a sinistra a cura della Sezione centrale di stampa e propaganda della direzione del PCI (1962).
Al X Congresso viene cooptato nella direzione nazionale del partito; dopo la morte di Togliatti partecipa al confronto che si sviluppa all’interno del PCI quale esponente di spicco dei vertici del partito (dal 1966 al 1969 ricopre le cariche di coordinatore dell’Ufficio di segreteria e dell’Ufficio politico) e sostenitore della corrente amendoliana (la “destra” del partito), orientata alla costruzione di un rapporto più solido con il PSI.
Alla fine degli anni Sessanta è in lizza, con Alessandro Natta ed Enrico Berlinguer, per succedere a Luigi Longo nella carica di segretario generale del PCI; dopo una fase di consultazione ai vertici del partito, che portano alla scelta di Berlinguer, N. abbandona gli incarichi ricoperti nella Segreteria per dedicarsi ai problemi della vita culturale del paese. Tale scelta di allontanamento dalle responsabilità politiche più rilevanti coinciderà con la densa stagione del movimento studentesco e porterà N. a mantenere una forte presenza sulla scena politica.
In quegli anni N. svolge anche un’intensa attività all’estero, tenendo conferenze negli istituti di politica internazionale nel Regno Unito, Germania e – cosa singolare – negli Stati Uniti (a Harvard, Princeton, Yale, Chicago, Berkeley, Washington) su invito di alcuni docenti universitari.
Nel novembre del 1978, intervenendo al convegno “Quale Europa?”, pone l’accento sulla necessità di non separare, nell’adesione all’europeismo, la grande scelta ideale di fondo e i tecnicismi della costruzione europea, pena il disinteresse delle masse popolari. Dal convegno esce, inequivocabilmente, come l’Europa occidentale rappresenti, per il PCI, il luogo privilegiato della sua azione politica.
Dopo la morte di Amendola (1980) è il leader indiscusso della “destra” riformista che, in seno al partito, si muove esprimendo un sempre più esplicito dissenso dal modello sovietico. In questo quadro si colloca anche la scelta, sempre più piena e convinta, per l’integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della), posizione che fa di N. uno tra i principali artefici della scelta europeista del PCI oltre che uno dei “padri fondatori” italiani dell’Unione europea.
N. intrattiene, in questa fase, strette relazioni con i partiti della socialdemocrazia europea e, in special modo, con Willy Brandt (protagonista dell’Ostpolitik), politico tedesco con cui stringerà stretti rapporti e avrà importanti incontri proprio in coincidenza con la caduta del Muro di Berlino (novembre 1989) (v. Germania).
Nel corso di quel decennio l’impegno di N. sui problemi della politica internazionale ed europea è molto intensa anche in ragione del lavoro nella Commissione Affari esteri della Camera dei deputati, e in qualità di membro della delegazione italiana all’Assemblea dell’Atlantico del Nord (1984-1996: N. guida la prima compagine comunista nella delegazione italiana).
Nel giugno del 1997 riceve, ad Hannover in Germania, il premio Leibniz-Ring per l’importante contributo dato all’integrazione dell’Italia nell’Unione europea e all’integrazione del PCI nella democrazia parlamentare.
Sul piano politico nazionale, dal 1981 al 1986, ricopre la carica di presidente del gruppo parlamentare comunista alla Camera dei deputati; al congresso di Rimini (1991) che segna la trasformazione del PCI in Partito democratico della sinistra (PDS) è favorevole a una “svolta” che ha sostenuto sin dal 1989.
N. ha ricoperto importantissimi incarichi istituzionali: è stato presidente della Camera dei deputati (1992-1994) e ministro dell’Interno nel primo governo di Romano Prodi (1996-1998). Nominato dal presidente Carlo Azeglio Ciampi senatore a vita nel settembre del 2005, il 10 maggio del 2006 viene eletto dal Parlamento undicesimo presidente della Repubblica italiana alla quarta votazione con 543 voti su 990 votanti dei 1009 aventi diritto. È il primo politico proveniente dalle file del PCI (poi PDS e DS) a ricoprire la prima carica dello Stato.
A livello europeo ha fatto parte, dal 1989 al 1992 e dal 1999 al 2004, del Parlamento europeo dove ha presieduto la commissione Affari istituzionali; il suo costante contributo alla battaglia europeistica è stato sancito, inoltre, dall’elezione nel 1995 a presidente del Consiglio italiano del Movimento europeo.
La sua lunga carriera politica è stata accompagnata e sorretta da un costante lavoro di studio; tra le pubblicazioni saggistiche vanno ricordati alcuni titoli, molti dei quali hanno come oggetto la sinistra europea e il processo di integrazione: La classe operaia forza di governo(1978); In mezzo al guado (1979); Oltre i vecchi confini: il futuro della sinistra e l’Europa (1989); Europa e America dopo l’89: il crollo del comunismo, i problemi della Sinistra (1992); Europa politica: il difficile approdo di un lungo percorso (2003); Dal PCI al socialismo europeo: un’autobiografia politica (2005); Una transizione incompiuta? (2006). Nel 2007 ha pubblicato il volume Altiero Spinelli e l’Europa, raccolta di discorsi e interventi dedicati al grande europeista e federalista italiano (v. Spinelli, Altiero).
Mauro Maggiorani (2009)