Opting in
Definizione e applicazione dell’opting in nei Trattati di Maastricht, di Amsterdam e di Nizza
La clausola dell’opting in permette a uno Stato membro dell’Unione europea che abbia deciso di astenersi dal partecipare ad alcune politiche previste dai Trattati istitutivi (giovandosi in tal modo di un opting out), di riconsiderare in qualsiasi momento la propria posizione. Tra opting in e opting out non sussiste un rapporto biunivoco, nel senso che la prima fattispecie si pone in corrispondenza della seconda mentre non necessariamente accade il contrario.
La questione dell’opting in si affacciò per la prima volta nel corso dei negoziati per il Trattato di Maastricht (Trattato UE), quando la Danimarca e il Regno Unito si dimostrarono cauti sul passaggio alla terza fase dell’Unione economica e monetaria (UEM) e ottennero perciò il diritto di poter notificare al Consiglio europeo quale sarebbe stata la loro determinazione in merito. A fronte del disimpegno danese e britannico (che poi effettivamente si concretizzò), la regola dell’opting in venne codificata nei punti 1 e 10 del Protocollo n. 11 su talune disposizioni relative al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e nel punto 4 del Protocollo n. 12 su talune disposizioni relative alla Danimarca, entrambi allegati al Trattato istitutivo della Comunità europea (Trattato CE). Durante la fase di ratifica dello stesso Trattato di Maastricht, la Danimarca chiese inoltre (e parimenti ottenne) di poter estendere l’esenzione anche alla Cittadinanza europea e alla Politica europea di sicurezza e difesa (PESD). La sez. E, punto 2 della Decisione dei capi di Stato e di governo, riuniti in sede di Consiglio europeo, concernente alcuni problemi attinenti al Trattato sull’Unione europea sollevati dalla Danimarca, approvata a Edimburgo il 12 dicembre 1992, dichiarò pertanto che «La Danimarca può in qualsiasi momento, conformemente alle sue norme costituzionali, informare gli altri Stati membri che non intende più avvalersi in tutto o in parte della presente decisione. In tal caso la Danimarca applicherà integralmente tutte le pertinenti misure in vigore in tale momento adottate nell’ambito dell’Unione europea».
Gli opting in appena citati (tranne quello sulla cittadinanza, non più oggetto di opting out) vennero confermati dal Trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997 e dal Trattato di Nizza del 26 febbraio 2001 (punti 1 e 10 del Protocollo n. 25; punto 4 del Protocollo n. 26; art. 7 del nuovo Protocollo n. 5 sulla posizione della Danimarca). Altri ne vennero aggiunti, essendo stata riconosciuta a Danimarca, Irlanda e Regno Unito la facoltà di non partecipare all’adozione delle misure previste dal nuovo titolo IV del Trattato CE in materia di visti, asilo e immigrazione (v. anche Politiche dell’immigrazione e dell’asilo), ed avendo tenuto conto lo stesso Trattato di Amsterdam (e il Trattato di Nizza) della specificità dell’Irlanda e del Regno Unito riguardo agli Accordi di Schengen del 14 giugno 1989 e del 19 giugno 1990, cui essi non hanno aderito: cfr. in proposito gli artt. 4 e 5, par. 1, 2° comma del Protocollo n. 2 sull’integrazione dell’acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione europea (richiamati anche sotto, § 2); gli artt. 3, par. 1, 4 e 8 del Protocollo n. 4 sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda; e gli artt. 5, par. 1 e 7 del Protocollo n. 5 poc’anzi indicato.
L’opting in venne inoltre previsto in favore degli Stati che non avessero partecipato a una Cooperazione rafforzata: questi ultimi potevano aderire a essa in qualsiasi momento, fatto salvo il rispetto della decisione di base e delle decisioni adottate in tale ambito (v. gli artt. 40, par. 3 e 43, par. 1, lett. g) del Trattato UE e l’art. 11, par. 3 del Trattato CE, come introdotti dal Trattato di Amsterdam; nonché gli artt. 27E, 40B, 43, lett. j) e 43B del Trattato UE e l’art. 11A del Trattato CE, come inseriti ed emendati dal Trattato di Nizza).
I casi di opting in nell’ordinamento vigente dell’Unione europea
Nel suo assetto odierno, risultante dalle modifiche dovute al Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, l’ordinamento dell’Unione conosce diverse ipotesi di opting in, sostanzialmente riproducenti quelle delineatesi negli anni ed elencate nel § 1. La maggior parte di queste sono contenute in protocolli allegati al Trattato UE e al Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Trattato FUE; per i testi v. GUUE n. C 83 del 30 marzo 2010, p. 201 ss.); un altro esempio è invece riconducibile direttamente all’art. 20, par. 1, 2° comma del Trattato UE e agli artt. 328, par. 1, 1° comma e 331 del Trattato FUE (ivi, p. 13 e ss.).
Una prima ipotesi di opting in, attinente all’Unione economica e monetaria, è innanzitutto disciplinata dai punti 1 e 9 del Protocollo n. 15 su talune disposizioni relative al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e dal punto 2 del Protocollo n. 16 su talune disposizioni relative alla Danimarca. I due Stati, che hanno annunciato ufficialmente di non entrare nella terza fase dell’UEM e di non adottare l’Euro, usufruiscono infatti dell’esenzione fintantoché non notifichino al Consiglio una volontà contraria, potendosi avviare solo su loro richiesta la procedura di cui all’art. 140, parr. 1 e 2 del Trattato FUE al fine di verificare l’adempimento delle condizioni necessarie alla partecipazione.
La formula dell’opting in, in secondo luogo, viene prevista a beneficio di Danimarca, Irlanda e Regno Unito in merito agli Accordi di Schengen e allo Spazio di libertà, sicurezza e giustizia di cui alla Parte terza, titolo V (artt. 67-89) del Trattato FUE: rilevano in proposito le norme, alquanto dettagliate (a volte persino farraginose), contemplate nel Protocollo n. 19 sull’acquis di Schengen integrato nell’ambito dell’Unione europea, nel Protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo Spazio di libertà, sicurezza e giustizia e nel Protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca. Considerando che l’Irlanda e il Regno Unito non hanno adottato gli Accordi di Schengen (peraltro inseriti, con gli strumenti connessi e le norme emanate sulla base di questi, nel quadro istituzionale e giuridico dell’Unione in virtù del Trattato di Amsterdam), e che gli altri Stati membri dell’Unione, ai sensi dell’art. 1 del Protocollo n. 19, hanno instaurato tra loro una cooperazione rafforzata al riguardo, l’art. 4 del medesimo Protocollo consente all’Irlanda e al Regno Unito di poter chiedere in qualsiasi momento di partecipare al relativo acquis, ad essi altrimenti non applicabile; il Consiglio è chiamato in tal caso a decidere con Voto all’unanimità dei suoi membri e del rappresentante del Governo dello Stato interessato. Qualora l’Irlanda o il Regno Unito non abbiano notificato per iscritto al Consiglio il proprio desiderio di essere coinvolti, l’autorizzazione a procedere alla cooperazione rafforzata rilasciata dal Consiglio ex art. 329 del Trattato FUE si considera concessa anche a tali Stati, laddove uno di essi intenda intervenirvi (art. 5, par. 1, 2° comma). A proposito degli artt. 4 e 5, par. 1, 2° comma testé menzionati (e sia pure in relazione al Protocollo n. 2 citato al § 1, rispetto al quale però l’attuale Protocollo n. 19 non appare variato quanto alle due norme), la Corte di giustizia delle Comunità europee (v. Corte di giustizia dell’Unione europea) ha precisato come l’art. 5, par. 1, 2° comma debba essere interpretato nel senso che può applicarsi soltanto alle proposte e alle iniziative basate su un settore dell’acquis di Schengen al quale l’Irlanda e/o il Regno Unito siano stati già ammessi a partecipare a termini dell’art. 4 (sentenza 18 dicembre 2007, causa C-77/05, Regno Unito c. Consiglio, in Raccolta, 2007, p. I-11459 e ss.; sentenza 18 dicembre 2007, causa C-137/05, Regno Unito c. Consiglio, ivi, p. I-11539 e ss.).
La Danimarca, l’Irlanda e il Regno Unito sono altresì esclusi dall’adozione delle misure proposte in materia di politiche riguardanti i controlli alle frontiere, l’asilo e l’immigrazione; di Cooperazione giudiziaria in materia civile; di Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale; e di trattamento dei dati personali nell’esercizio di attività rientranti nel campo della cooperazione giudiziaria penale e della cooperazione di polizia (art. 16 del Trattato FUE). Gli artt. 3 e 4 del Protocollo n. 21 stabiliscono tuttavia, anche in queste circostanze, che Irlanda e Regno Unito possano notificare per iscritto al Consiglio, entro tre mesi dalla presentazione di una proposta o di un’iniziativa, la propria opinione favorevole e che in qualsiasi momento dopo l’adozione da parte del Consiglio di una misura a norma della Terza parte, Titolo V del Trattato FUE, essi possano esprimerne l’accettazione. Analogamente dispone, per la Danimarca, l’art. 4 del Protocollo n. 22 in riferimento a proposte o iniziative volte a sviluppare l’acquis di Schengen, potendo il suddetto Stato, entro sei mesi dall’adozione della misura specifica, rendere noto se ritiene di recepire detta misura nel suo diritto interno e di dare perciò vita a un obbligo di diritto internazionale con gli Stati membri ad essa soggetti. L’art. 8 del Protocollo n. 21 e l’art. 7 del Protocollo n. 22 ammettono inoltre che, rispettivamente, Irlanda e Danimarca possano decidere di non essere più vincolate (in toto o in parte) dai Protocolli in parola e di tornare ad applicare le norme ordinarie dei Trattati. Fermo restando l’art. 7 menzionato, la Danimarca può oltretutto, ai sensi dell’art. 8 del Protocollo n. 22, scegliere di sostituire il contenuto degli artt. 1-4 dello stesso Protocollo n. 22 con altre disposizioni allegate a quest’ultimo (artt. 1-9) e rendere così tutto l’acquis di Schengen vincolante per sé in quanto diritto dell’Unione e non più in quanto obbligo internazionale.
La Danimarca gode poi di un opting in in relazione agli artt. 26, par. 1 e 42-46 del Trattato UE. Malgrado non sia tenuta (art. 5 del Protocollo n. 22) a partecipare all’elaborazione e all’attuazione di decisioni e azioni dell’Unione aventi implicazioni di difesa né a contribuire al finanziamento delle spese operative connesse o a fornire all’Unione capacità militari, essa può in effetti pur sempre ricorrere alla dichiarazione di cui all’art. 7 in precedenza richiamato e rientrare dunque nella piena condivisione con gli altri Stati membri.
Una ulteriore clausola di opting in vale per il Regno Unito ex art. 10, par. 5 del Protocollo n. 36 sulle disposizioni transitorie (allegato anche al Trattato istitutivo della Comunità europea dell’energia atomica) in ordine agli atti dell’Unione nei settori della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale approvati prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Relativamente a essi, e solamente nel quinquennio compreso tra il 1° dicembre 2009 e il 30 novembre 2014, non sono applicabili le attribuzioni della Commissione ai sensi dell’art. 258 del Trattato FUE (facoltà di intraprendere la procedura di infrazione) mentre restano invariate le attribuzioni della Corte di giustizia ai sensi del Titolo VI del Trattato UE nella sua versione previgente al Trattato di Lisbona (“terzo pilastro”). Il Regno Unito, in forza del par. 4 dello stesso art. 10, può comunicare al Consiglio, al più tardi sei mesi prima del 30 novembre 2014, che anche dopo la scadenza di tale data non accetterà, per gli atti di tal genere, le funzioni della Commissione europea e della Corte quali previste dai Trattati modificati, con la conseguenza che tutti i suddetti atti cesseranno di applicarsi nei suoi confronti a partire dal 1° dicembre 2014. È tuttavia possibile, in qualsiasi momento successivamente al 1° dicembre 2014, che lo stesso Regno Unito scelga, previo avviso al Consiglio, di partecipare ad alcuni di questi atti non più efficaci, facendoli così rientrare, a seconda dei casi, nel novero delle disposizioni del Protocollo n. 19 sull’acquis di Schengen integrato nell’ambito dell’Unione europea o del Protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo Spazio di libertà, sicurezza e giustizia, e restituendo pertanto alle Istituzioni menzionate, rispetto ai medesimi atti, le Competenze assegnate dai Trattati.
Si considerino infine l’art. 20, par. 1, 2° comma del Trattato UE nonché gli artt. 328, par. 1, 1° comma e 331 del Trattato FUE. Le cooperazioni rafforzate, vi si sottolinea, sono aperte in qualsiasi momento a tutti gli Stati membri dell’Unione, fatto salvo il rispetto delle condizioni imposte e degli atti emanati in tale ambito. La richiesta di adesione va inoltrata al Consiglio e alla Commissione (e all’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, se concernente la Politica estera e di sicurezza comune, PESC); segue la delibera della Commissione (del Consiglio, per la PESC) che conferma la partecipazione o fissa il differimento ad altra data per un riesame nell’attesa che vengano soddisfatti i requisiti opportuni.
Pierluigi Simone (2009)