La trasformazione del GATT in organizzazione internazionale
L’Accordo istitutivo dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) è entrato in vigore il 1° gennaio 1995, sette mesi dopo la firma da parte di 120 Stati e della Comunità europea (CE) (v. Comunità economica europea) dell’Atto finale dell’Uruguay Round, un negoziato commerciale multilaterale iniziato nel 1986 nel quadro normativo dell’Accordo generale sulle tariffe e il commercio (General agreement on tariffs and trade, GATT).
La nascita dell’OMC costituisce il punto di arrivo della cooperazione commerciale internazionale tra Stati, iniziata al termine della Seconda guerra mondiale con la creazione del GATT. In realtà, nel progetto iniziale delle potenze vincitrici, il pilastro commerciale del sistema economico-finanziario internazionale avrebbe dovuto essere l’Organizzazione internazionale del commercio. Tuttavia, la mancata ratifica della Carta dell’Avana, contenente l’atto istitutivo di tale Organizzazione, rese impossibile la realizzazione del progetto, con la conseguenza che per colmare questa lacuna strutturale, il GATT da accordo commerciale provvisorio assunse progressivamente un ruolo istituzionale. Infatti, dopo la mancata ratifica della Carta dell’Avana, il suo organo assembleare (le Parti contraenti) fu affiancato da un Segretariato e, successivamente, da un Consiglio (nel 1960).
Questi sviluppi hanno indotto parte della dottrina a ritenere che il GATT, in origine un accordo commerciale, si fosse progressivamente trasformato in un’organizzazione internazionale. Tuttavia, sembra preferibile la tesi sostenuta da un’altra parte della dottrina, secondo la quale il GATT non sarebbe stato un’organizzazione internazionale, quanto piuttosto un’unione istituzionale di Stati priva di personalità giuridica.
Come è noto, nella teoria generale, al fine di accertare la soggettività di un’organizzazione internazionale, oltre al requisito della struttura stabile, è richiesta all’organizzazione la capacità di esprimere una volontà distinta da quella dei propri membri e di partecipare autonomamente alla vita di relazione internazionale, contribuendo alla formazione del diritto internazionale, sia convenzionale che consuetudinario, e intrattenendo relazioni diplomatiche con gli altri soggetti dell’ordinamento. Entrambi i requisiti non erano soddisfatti dal sistema GATT. Per quanto riguarda il primo, i due organi del GATT, le Parti contraenti e il Consiglio dei rappresentanti, adottavano le proprie decisioni per consensus, con la conseguenza dell’impossibilità di individuare una volontà del GATT distinta e autonoma rispetto a quella dei propri membri. Con riferimento, invece, alla capacità di intrattenere relazioni diplomatiche, dallo scambio di lettere con il quale le autorità svizzere estesero ai funzionari del GATT le immunità concesse nel 1946 a quelli del Segretariato delle Nazioni Unite, si evince chiaramente che all’epoca il direttore generale del GATT agì per conto delle Parti contraenti – organo comune dell’Unione di Stati — e non in rappresentanza del GATT, inteso come organizzazione internazionale.
Diversamente dal GATT, l’OMC soddisfa i requisiti individuati dalla dottrina come necessari per considerare un’organizzazione internazionale dotata di soggettività. Per quanto riguarda la capacità di esprimere una volontà distinta da quella dei propri membri, va infatti osservato che sia l’Accordo istitutivo (all’art. IX, par. 2 e 3) sia l’allegato II (agli artt. 6, par. 1, 16, par. 4, 17 e 22, par. 6) riconoscono la facoltà al Consiglio generale di adottare decisioni vincolanti, indipendentemente dalla volontà di tutti i membri. Nel primo caso, il Consiglio generale può adottare decisioni a maggioranza dei ¾ dei membri; nel secondo caso, invece, mediante la procedura detta del consensus negativo, il Consiglio generale, nella funzione di Organo per la soluzione delle controversie (OSC), può emanare decisioni relative alla istituzione di panels, all’approvazione o al rigetto dei rapporti da essi elaborati, nonché autorizzare l’adozione da parte dello Stato leso di misure sanzionatorie nei confronti dello Stato, che non si sia conformato alla decisione dell’OSC, senza l’approvazione o anche in presenza della eventuale obiezione dello Stato o degli Stati coinvolti.
Per quanto riguarda, invece, la capacità dell’OMC di partecipare autonomamente alla vita di relazione internazionale, fin dalla sua istituzione l’Organizzazione ha dimostrato di essere particolarmente attiva, concludendo un accordo di sede con la Confederazione svizzera (nel 1995) e accordi di collaborazione con il Fondo monetario internazionale (FMI) nel 1996 e con la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (BIRS) nel 1997.
In proposito, proprio l’accordo stipulato con il governo svizzero contiene elementi che confermano la soggettività internazionale dell’Organizzazione. In primo luogo – a differenza dello scambio di lettere del 1977 tra GATT e autorità svizzere, attraverso il quale erano state estese unilateralmente ai funzionari del GATT le immunità e i privilegi concessi a quelli delle Nazioni Unite – il trattato del 1995, senza dubbio alcuno, si configura come un accordo di sede, mediante il quale l’OMC e la Confederazione svizzera hanno stabilito il regime di immunità e di privilegi di cui godono l’Organizzazione ed i suoi funzionari. In secondo luogo, nell’art. 2 di tale accordo, la Confederazione svizzera ha esplicitamente riconosciuto la personalità giuridica internazionale dell’OMC, distinguendola da quella di diritto interno svizzero.
Le considerazioni svolte inducono quindi a ritenere che la sostituzione del GATT con l’OMC non possa essere qualificata come un caso di successione tra organizzazioni internazionali, quanto piuttosto un fenomeno di trasformazione di un’unione istituzionale di Stati priva di personalità in un’organizzazione internazionale vera e propria.
La struttura dell’OMC
l’Accordo istitutivo e i 4 allegati. Al di là della questione relativa alla qualificazione del rapporto intercorrente tra GATT e OMC, è tuttavia indiscutibile che quest’ultima costituisca il naturale sviluppo dell’Accordo generale del 1947. Il trattato istitutivo dell’OMC è un accordo cornice costituito di 16 articoli e di quattro allegati. I 16 articoli contengono la disciplina relativa alla struttura, alla partecipazione, all’adesione, al recesso e alla modalità di adozione degli atti dell’OMC. Per quanto riguarda i 4 allegati – i primi 3 vincolanti per tutti i membri, il quarto solo per quelli che ne siano parte – il I e il IV disciplinano i rapporti sostanziali di natura commerciale tra i membri dell’Organizzazione, mentre il II e il III completano la struttura istituzionale e procedurale dell’OMC.
L’allegato I è suddiviso in tre parti: A, B e C. L’allegato IA, denominato “GATT 1994”, comprende: la disciplina contenuta nel GATT 1947, come emendata o modificata prima dell’entrata in vigore dell’Accordo istitutivo dell’OMC; le disposizioni degli strumenti giuridici entrati in vigore in virtù del GATT, prima della istituzione dell’OMC; i 7 memorandum dell’Accordo GATT elencati; il Protocollo dell’Uruguay Round allegato al GATT del 1994; gli accordi relativi all’agricoltura, alle misure sanitarie e fitosanitarie, ai tessili, agli ostacoli tecnici al commercio, agli investimenti collegati al commercio, all’art. VI dell’Accordo generale, all’applicazione dell’art. VII di tale accordo, all’ispezione prima della spedizione, alla regola di origine, alle procedure in materia di licenze d’importazione, alle sovvenzioni e le misure compensative e, infine, alle salvaguardie.
L’allegato IB contiene l’Accordo generale sul commercio dei servizi (GATS), che rappresenta il primo tentativo di disciplinare a livello multilaterale tale ambito. Esso è composto di due parti: una prima in cui sono individuate le regole e i principi generali cui si ispira l’accordo; una seconda, che contiene gli impegni assunti dai membri per raggiungere l’obiettivo della liberalizzazione dei mercati.
Infine, nell’allegato IC è inserito l’Accordo sulla proprietà intellettuale (Trade-related aspects of intellectual property rights, TRIPs), volto a garantire una tutela minima delle diverse tipologie di proprietà intellettuale (brevetti, diritti d’autore, marchi di fabbrica, denominazioni geografiche, disegni industriali segreti commerciali e know how), attraverso la determinazione di una serie di regole di base. L’accordo è suddiviso in sette parti riguardanti: l’applicazione dei principi fondamentali del GATT; la formulazione di norme sull’esistenza, la portata e l’esercizio dei diritti di proprietà individuale; i mezzi per il rispetto dei diritti; l’acquisizione e il mantenimento dei diritti stessi; la prevenzione e il regolamento delle controversie; le disposizioni transitorie e, infine, quelle istituzionali e finali.
L’allegato II reca l’Intesa sulle regole e le procedure relative alla soluzione delle controversie (Intesa), l’allegato III prevede il Meccanismo d’esame delle politiche commerciali e, infine, l’allegato IV contiene i cosiddetti “accordi commerciali plurilaterali” riguardanti il commercio degli aerei civili, i mercati pubblici, il settore lattiero e la carne bovina.
Gli organi. La struttura istituzionale dell’OMC è costituita da tre organi: la Conferenza dei ministri, il Consiglio generale e il Segretariato.
In conformità all’art. IV dell’Accordo istitutivo, la Conferenza dei ministri, che si riunisce in sessioni almeno biennali, è composta da un rappresentante per ciascuno Stato membro e ha una competenza generale nello svolgimento delle funzioni dell’OMC.
La Conferenza dei ministri è affiancata nella sua attività, dal Consiglio generale. Tale organo presenta la particolarità di potersi riunire nelle tre diverse funzioni di Consiglio generale, di OSC (in conformità a quanto previsto nell’Allegato II) e di Organo di analisi delle politiche commerciali (ai sensi dell’Allegato III). Anch’esso è composto dai rappresentanti di tutti gli Stati membri dell’OMC e, in base all’art. IV, par. 2 dell’Accordo istitutivo, si riunisce negli intervalli tra una riunione e l’altra della Conferenza dei ministri per garantire la continuità d’azione dell’Organizzazione o quando sia considerato necessario. Inoltre, il Consiglio generale svolge una funzione di indirizzo nei confronti dei Consigli per gli scambi di merci, di servizi e per gli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (Consiglio TRIPs). Tali Consigli sono aperti a loro volta alla partecipazione di tutti gli Stati membri dell’OMC e sono competenti a controllare il funzionamento dei rispettivi accordi allegati al trattato istitutivo. Qualora lo ritengano necessario, anche a questi Consigli è riconosciuta la facoltà di istituire organi sussidiari nell’esercizio delle funzioni ad essi attribuiti.
Infine, l’art. VI, dedicato al Segretariato dell’Organizzazione, disciplina la procedura di nomina, le funzioni e le responsabilità del direttore generale dell’OMC e del suo staff. Per quanto riguarda la procedura di nomina, il direttore generale è indicato dal Consiglio generale, cui compete anche la determinazione dei poteri, dei doveri, delle condizioni di servizio e della durata del suo mandato. A sua volta, il direttore generale nomina i membri del suo staff in conformità a quanto disposto dal Consiglio generale. Ai sensi del par. 4, art. VI, nell’esercizio delle loro funzioni, il direttore generale e il personale del Segretariato alle sue dipendenze devono agire in piena autonomia ed indipendenza sia dai governi degli Stati membri, sia da qualunque altra autorità esterna all’OMC.
L’adozione degli atti. Le modalità di adozione degli atti all’interno dell’OMC sono disciplinate all’art. IX, ai sensi del quale, l’Organizzazione, inserendosi in continuità con la prassi del GATT 1947, adotta le proprie decisioni secondo la pratica del consensus. Una nota, parte integrante dell’accordo, chiarisce che l’adozione di un atto per consensus si ha quando nessuno Stato membro si opponga alla proposta di decisione presentata durante la riunione. Purtuttavia, come già evidenziato, lo stesso Accordo istitutivo prevede che, nel caso in cui tale consenso non riesca a formarsi, l’OMC adotterà le proprie decisioni a maggioranza. Rispetto a tale ipotesi, il primo comma chiarisce che la CE partecipa alla votazione con un numero di voti pari ai suoi membri (cosiddetto voto plurimo).
Gli emendamenti all’Accordo istitutivo e agli accordi multilaterali
L’art. X dell’Accordo istitutivo dispone che qualunque membro e i Consigli per gli scambi di merci, di servizi e TRIPs, limitatamente agli accordi dei quali hanno la supervisione, possano presentare una proposta di emendamento alla Conferenza dei ministri. Il negoziato si svolge nell’ambito di tale organo, che in linea di principio adotta gli emendamenti attraverso la procedura del consensus. Le modifiche così apportate vengono comunicate ai membri dell’Organizzazione per la loro accettazione. Nel caso in cui non sia possibile raggiungere un accordo condiviso da tutti i membri, la Conferenza dei ministri adotta l’emendamento a maggioranza di due terzi, per poi sottoporlo all’accettazione dei suoi membri. Tuttavia, il par. 2 dell’art. X esclude che possano essere emendati a maggioranza le seguenti disposizioni: l’art. XI dell’Accordo istitutivo relativo alle procedure di adozione degli atti, l’art. I e II del GATT 1994, l’art. II, par. 1 del GATS e l’art. 4 dell’accordo TRIPs. Infine, la disciplina relativa alla procedura di emendamento è completata dal par. 5 dell’art. X, ai sensi del quale il Consiglio generale può decidere che la natura di un emendamento è tale da permettere a uno Stato che non lo accetti di recedere dall’Organizzazione o di rimanere suo membro, previo consenso della Conferenza dei Ministri. Prima facie, la disposizione sembra configurare l’ipotesi di un invito al recesso, anche se parte della dottrina ha proposto una tesi alternativa, sostenendo che sarebbe più corretto considerare la fattispecie contemplata all’art X un’espulsione indotta. Tale tesi è in effetti condivisibile perché a differenza del recesso – in cui il comportamento di uno Stato membro è assolutamente libero e non condizionato da fattori esterni – contenuta al par. 5 dell’art. X i margini di libertà per lo Stato che non accetti l’emendamento sono fortemente limitati dalla posizione assunta dalla Conferenza dei ministri.
La membership
L’Accordo istitutivo dell’OMC distingue tra membri originari e membri successivi. Ai sensi dell’art. XI sono membri originari gli Stati parti del GATT 1947, che abbiano accettato l’accordo OMC, e la CE.
Inoltre, il par. 2 dell’art. XI, riconosce ai paesi in via di sviluppo membri originari uno status privilegiato, essendo tenuti sì al rispetto degli obblighi derivanti dalla partecipazione all’Organizzazione, ma in misura compatibile con il proprio sviluppo e le capacità finanziarie, commerciali, amministrative e istituzionali.
La procedura di adesione dei membri successivi è disciplinata all’art. XII, in base al quale può diventare membro dell’OMC qualunque Stato o territorio doganale dotato di piena autonomia nella gestione delle proprie relazioni commerciali esterne. Le trattative tra Organizzazione e Stato (o territorio doganale) si concludono con la stipulazione di un accordo di adesione. Tale accordo viene poi sottoposto alla Conferenza dei ministri, che deve approvarlo con la maggioranza dei 2/3 dei suoi membri. Va tuttavia osservato che questa procedura non si applica agli accordi plurilaterali contenuti nell’allegato IV, poiché ciascuno di essi contiene una propria procedura, in deroga a quella prevista nell’Accordo istitutivo.
L’art. XV disciplina invece il recesso dall’Organizzazione. Ai sensi di tale articolo, qualunque membro può recedere dall’Accordo istitutivo e da quelli commerciali multilaterali, notificando la propria decisione al Segretariato generale. In tal caso, il recesso spiega i propri effetti trascorsi sei mesi dalla notificazione. Anche in questo caso, tale procedura non si applica agli accordi plurilaterali dell’allegato IV, che dispongono proprie regole.
Le funzioni dell’OMC
Tra le funzioni svolte dall’OMC, ai sensi dell’art. III dell’Accordo istitutivo, assumono particolare rilievo quelle relative all’attuazione degli accordi allegati e alla previsione di un forum negoziale commerciale permanente.
L’attuazione degli accordi allegati. Il par. 1 dell’art. III stabilisce che l’OMC persegua come obiettivo principale l’attuazione, l’amministrazione e il funzionamento degli accordi multilaterali e plurilaterali allegati. Allo scopo di raggiungere questi risultati, l’Accordo istitutivo riconosce un ruolo principale alla Conferenza dei ministri e al Consiglio generale. La Conferenza svolge infatti la fondamentale funzione di indicare l’indirizzo politico-commerciale assunto dall’Organizzazione attraverso l’adozione di dichiarazioni al termine di ciascuna sua riunione. Sempre la Conferenza è l’organo a cui l’accordo riconosce potestà normativa anche se, ai sensi dell’art. IV, par. 2, nel periodo intercorrente tra le sue riunioni l’esercizio di tale potestà è estesa al Consiglio generale. In proposito, va osservato che i poteri normativi attribuiti ai due organi sono principalmente di natura organizzativa e gestionale e non finalizzati a disciplinare i rapporti commerciali tra i membri.
Il forum negoziale permanente degli accordi commerciali multilaterali. Ai sensi del par. 2 dell’art. III, l’OMC costituisce per i suoi membri il forum negoziale permanente sia per le materie già contemplate negli accordi multilaterali e plurilaterali, sia per quelle riguardanti settori non ancora disciplinati per i quali si consideri necessaria una regolamentazione multilaterale.
In proposito, va osservato che l’Organizzazione non si limita a concedere ai suoi membri un semplice supporto logistico-organizzativo, ma è coinvolta attivamente in ognuna delle fasi che portano alla modifica degli accordi esistenti o alla conclusione di nuovi. Nella fase iniziale è infatti riconosciuta alla Conferenza dei ministri la competenza ad individuare le materie oggetto di trattativa, a dare avvio alle negoziazioni e a determinare i principi a cui le parti dovranno uniformarsi. Nel corso dei negoziati poi la presenza dell’Organizzazione è garantita dal Comitato per i negoziati commerciali, cui partecipa in veste di presidente il direttore generale, allo scopo di facilitare e mediare le diverse posizioni degli Stati membri, in vista del raggiungimento di un accordo.
In caso di esito positivo delle trattative, le modifiche apportate agli accordi esistenti o i nuovi accordi conclusi sono adottati dall’OMC ed inseriti tra quelli allegati all’Accordo istitutivo, con la rilevante conseguenza di essere ad essi applicabili gli allegati II e III.
Il sistema di soluzione delle controversie nell’OMC
Il superamento dei limiti del sistema GATT. La soluzione delle controversie nell’ambito dell’OMC è disciplinata nell’Intesa sulle regole e procedure relative alla soluzione delle controversie contenuta nell’Allegato II. Tale allegato costituisce un’importante evoluzione del sistema di soluzione delle controversie di natura commerciale rispetto a quello previsto nell’ambito del GATT 1947, che conteneva già una disciplina della procedura di soluzione delle controversie, non priva di alcuni difetti. Infatti, ciascun accordo conteneva proprie regole per la soluzione delle controversie, dalle quali poteva scaturire un ritardo nella individuazione della procedura applicabile; l’assenza di un termine ad quem per la soluzione delle controversie, con la possibilità del loro protrarsi anche per anni; infine, la previsione della procedura del consensus, sia per l’istituzione dei panels sia per l’adozione dei loro rapporti – rendendo necessario il voto favorevole della parte soccombente – poteva bloccare il meccanismo nella fase iniziale o in quella finale del procedimento.
I limiti del sistema GATT sono stati superati dalla disciplina prevista nell’Allegato II, nel quale, in primo luogo, l’art. 23 impone ai membri dell’Organizzazione di risolvere le loro eventuali controversie in conformità alle procedure di natura diplomatica (art. 5), arbitrale (art. 25) e giudiziale (cosiddetta procedura dei panels). A sua volta l’art. 1 dell’Intesa stabilisce che le norme relative alla soluzione delle controversie si applichino a tutti gli accordi allegati all’Accordo istitutivo, compresi quelli plurilaterali contenuti nell’Allegato IV, risolvendo così il problema della procedura applicabile. Purtuttavia, il comma 2 dell’art. I riconosce che nell’ipotesi in cui si configuri un conflitto tra la disciplina generale prevista nell’Intesa e quella specifica dei singoli accordi, la prevalenza dovrà essere accordata alle disposizioni contenute in quest’ultimi, a titolo di lex specialis.
In secondo luogo, a differenza del sistema GATT, l’Intesa disciplina in modo articolato e completo la durata delle procedure, sia per quanto riguarda la formazione dei panels, sia in riferimento ai termini entro i quali i loro rapporti devono essere adottati o rigettati dall’OSC. Infine, la procedura del consensus è stata sostituita con quella del consensus negativo, con la conseguenza che l’eventuale posizione contraria delle parti coinvolte (in particolare di quelle soccombenti) alla istituzione dei panels o all’adozione dei loro rapporti non costituisce più un ostacolo al funzionamento del meccanismo di soluzione delle controversie.
La natura tendenzialmente giurisdizionale della procedura dei panels. Tra i tre metodi di composizione delle controversie previste nell’Allegato II (diplomatico, arbitrale e dei panels), l’interesse della dottrina si è indirizzato, in particolare, verso la procedura dei panels, considerato un sistema tendenzialmente giurisdizionale, nel quale le procedure diplomatiche si intrecciano con quelle giurisdizionali. In effetti, tale qualificazione del sistema previsto nell’ambito dell’OMC ne coglie la caratteristica principale: in qualunque momento della procedura, sia nella fase dinanzi al panel che in quella di fronte all’OSC, le parti coinvolte nella controversia possono continuare a ricercare la soluzione tramite accordo.
Nel caso in cui tra due o più membri dell’OMC sorga una controversia, il membro che ritenga lesi i propri interessi deve chiedere l’avvio di una fase di consultazione per tentare di trovare una soluzione diplomatica della vicenda (art. 4 dell’Intesa). Se il membro cui la richiesta è rivolta non risponde entro dieci giorni e non avvia le consultazioni entro trenta giorni, o la consultazione non porti entro sessanta giorni dal suo inizio alla ricomposizione del conflitto, la parte che ha domandato la consultazione può chiedere la costituzione di un panel. Peraltro, in caso di urgenza e necessità i tempi per la costituzione e il raggiungimento di un accordo sono diminuiti a dieci e trenta giorni.
La costituzione del panel deve avere luogo entro la prima riunione dell’OSC successiva a quella in cui il membro ne abbia fatto richiesta, a meno che il DSB all’unanimità decida di non istituirlo (art. 6, paragrafi 1 e 2). I panels sono composti di regola da tre membri – meno che le parti non concordino che sia formato da cinque membri – che vengono scelti da una lista depositata presso il Segretariato dell’Organizzazione. La designazione dei membri del panel è proposta dal Segretariato, ma nel caso in cui entro venti giorni non si raggiunga un accordo sulla nomina, essa viene decisa dal direttore generale, consultati i presidenti dell’OSC e del Consiglio o Comitato competente. Il panel esamina la questione oggetto della controversia, operando sia una ricostruzione dei fatti sia un’analisi della normativa rilevante OMC ad essa applicabile, allo scopo di predisporre un rapporto, che non è immediatamente vincolante, ma diventa tale a seguito dell’adozione da parte del DSB cui è indirizzato. Rispetto all’attività compiuta dal panel assume particolare rilievo la cosiddetta fase interinale dell’interim review stage (art. 15, Allegato II). Prima dell’adozione del rapporto, il panel infatti invia alle parti coinvolte una relazione preliminare, contenente le proprie valutazioni e conclusioni, con la evidente finalità di ricercare una ricomposizione per via conciliativa della controversia esistente. Se dopo la presentazione di tale relazione, le parti non addivengono a un accordo, il panel adotta il proprio rapporto nel termine di 6 mesi dalla sua costituzione (3 mesi in casi di urgenza), e lo invia all’OSC per l’adozione finale. Peraltro, l’art. 12. par. 9, ammette in casi eccezionali un termine di presentazione del rapporto superiore ai 6 mesi, ma che non può superare comunque i 9 mesi. Come per l’istituzione del panel, l’eventuale rigetto del rapporto da parte del DSB può avere luogo solo in caso di consensus negativo; in caso contrario, il rapporto deve essere adottato entro sessanta giorni dalla sua presentazione.
L’Organo d’appello. Un aspetto di particolare novità introdotto nel sistema di soluzione delle controversie nell’OMC è la previsione di un Organo d’appello permanente, competente a pronunciarsi sulle sole questioni di diritto relative ai rapporti presentati dai panels all’OSC. Da ciò consegue che una parte coinvolta nella controversia, non soddisfatta del rapporto conclusivo del panel, possa bloccarne l’adozione, notificando all’OSC la sua decisione di presentare appello.
L’Organo d’appello è composto da sette persone, nominate dall’OSC tra studiosi di chiara fama nei settori del diritto, del commercio internazionale o nelle materie oggetto degli accordi. Al fine di garantire l’assoluta indipendenza dell’Organo d’appello, tra i requisiti richiesti ai suoi membri vi è quello di non avere alcun rapporto con le pubbliche amministrazioni. Inoltre, a livello funzionale, l’art. 17, comma 7 stabilisce che l’Organo d’appello non dipenda dal Segretariato ma goda di un’autonomia amministrativa e giuridica. In proposito, va osservato che mentre le regole di procedura dei panels sono disciplinate nell’Intesa e nella sua Appendice 3, quelle dell’Organo d’appello sono state elaborate dallo stesso – previa consultazione con il presidente dell’OSC e con il direttore generale – e adottate il 15 febbraio 1996.
A ciascuna procedura d’appello partecipano a rotazione tre dei sette membri che compongono l’organo. Tale procedura presenta la caratteristica di essere estremamente celere. L’organo d’appello è infatti tenuto a presentare la propria relazione entro sessanta dalla notifica all’OSC da parte di uno dei membri coinvolti della decisione di presentare appello, potendola ritardare al massimo a novanta giorni in circostanze eccezionali e motivate. Infine, le relazioni presentate dall’Organo d’appello sono adottate dall’OSC entro trenta giorni.
Gli effetti giuridici prodotti dalle decisioni adottate dall’Organo per la soluzione delle controversie. I rapporti adottati dall’OSC producono effetti vincolanti. In proposito, vanno distinti i rapporti che rilevano la “non violazione” di un obbligo OMC da quelli che invece ne dichiarano l’incompatibilità. Nella prima categoria rientrano le misure che, seppur conformi al sistema normativo OMC, producono svantaggi per gli altri membri. In tale ipotesi, il rapporto non impone allo Stato che abbia adottato tale misura la sua rimozione, ma ordina l’erogazione di un’adeguata compensazione allo Stato leso. Diversamente, qualora il rapporto constati l’incompatibilità della misura oggetto di contestazione, viene richiesto alla parte che l’abbia emanata di rimuoverla o modificarla. L’art. 21 stabilisce che tali decisioni debbano essere eseguite in un “periodo ragionevole”, che può essere determinato dal membro interessato, previa approvazione dell’OSC; nel caso in cui manchi questa approvazione, dalle parti controvertenti entro 45 giorni dall’adozione del rapporto e, infine, laddove queste ultime non trovino un accordo, entro 90 giorni attraverso un arbitrato vincolante (art. 21, Allegato II). Qualunque sia la sua modalità di determinazione, il par. 5 dell’art. 21 precisa che detto periodo non possa eccedere i quindici mesi dall’adozione del rapporto.
Peraltro, nel periodo successivo alla sua adozione, l’OSC svolge la funzione di garante della sua esecuzione, poiché sei mesi dopo la fissazione del “periodo ragionevole”, la questione relativa alla applicazione del rapporto è posta nel suo ordine del giorno e vi resta fino a quando non è risolta. In proposito, laddove sorgano controversie tra le parti coinvolte sulle misure adottate dalla parte soccombente per conformarsi a quanto stabilito nel rapporto, esse vanno nuovamente sottoposte ai meccanismi previsti nell’Intesa e se possibile allo stesso panel pronunciatosi in precedenza.
Nel caso in cui il “periodo ragionevole” trascorra inutilmente e la parte soccombente non si conformi al rapporto adottato dall’OSC, l’altra parte può ricorrere a due differenti procedure. Una prima prevede che essa possa richiedere alla parte soccombente di avviare dei negoziati allo scopo di raggiungere un accordo per le compensazioni. Una seconda riconosce la facoltà alla parte ricorrente, previa autorizzazione dell’OSC, di sospendere l’applicazione di concessioni o di altri obblighi nei confronti della parte inadempiente a titolo di contromisura, subordinando però l’esercizio legittimo di tale facoltà al rispetto del principio di proporzionalità. Da ciò consegue che le contromisure devono essere proporzionali al danno subito e riguardare le stesse norme violate dalla parte soccombente – art. 22, par. 3, a). Nell’ipotesi in cui queste contromisure non siano praticabili o si rivelino inefficaci, la parte ricorrente può decidere di sospendere l’applicazione di altre norme dello stesso accordo, o di quelle previste in uno degli altri, allegati al trattato istitutivo dell’OMC – art. 22, par. 3, b) e c).
La partecipazione della CE all’OMC. Come evidenziato in precedenza, la CE è un membro originario dell’OMC. Tuttavia, non sono mancati dei contrasti nei rapporti tra quest’ultima ed i suoi Stati membri, nonché tra l’ordinamento OMC e quello comunitario. Per quanto riguarda i rapporti tra CE e suoi Stati membri, la questione oggetto di maggiore discussione è stata la definizione delle competenze nella conclusione degli accordi commerciali internazionali. Era infatti evidente che dalla qualificazione di esclusiva o concorrente della competenza della CE in tale settore potevano discendere conseguenze enormi sul piano delle relazioni economiche internazionali. Per risolvere il problema, la Commissione europea ha rivolto un quesito alla Corte di giustizia delle Comunità europee (v. Corte di giustizia dell’Unione europea) (CGCE), chiedendo se la CE avesse una competenza (v. Competenze) esclusiva a stipulare gli accordi multilaterali sul commercio dei prodotti, nonché a concludere trattati in ambito GATS e TRIPs. Nel celebre parere 1/94, il giudice comunitario ha stabilito che la CE ha competenza esclusiva nell’ambito del GATT, a esclusione degli accordi che prevedono il trasferimento di persone, mentre ha competenza concorrente per quanto concerne GATS e TRIPs. Inoltre, con riguardo a questi settori di competenza concorrente, la CGCE ha rilevato l’esistenza di un obbligo di cooperazione tra CE e Stati membri sia nel processo di negoziazione e di stipulazione sia nella fase di attuazione degli impegni assunti.
Per quanto riguarda invece i rapporti tra OMC e CE, un problema ancora irrisolto concerne il valore assunto dalle norme GATT nell’ambito dell’ordinamento comunitario. È questione controversa se, da un lato, sia possibile riconoscere alle disposizioni del GATT il valore di parametro di legittimità dell’azione delle Istituzioni comunitarie e, dall’altro, se dette disposizioni attribuiscano ai singoli cittadini il diritto di esigerne giurisdizionalmente l’osservanza. Salvo due ipotesi – atti comunitari (v. Diritto comunitario) che richiamano disposizioni del GATT e adottati per dare esecuzione ad obblighi GATT, Fediol, causa 70/87, “Raccolta della giurisprudenza”, p. 1781 e Nakajima, C-69/89, ivi, p. I-2069 – in cui la CGCE ha accettato di adoperare gli accordi GATT come parametro di legittimità, in generale sembra preferibile una risposta negativa. Infatti, sebbene la CGCE abbia riconosciuto che le disposizioni GATT possono essere considerate parametro di legittimità degli atti delle istituzioni (International Fruit Company NV di Rotterdam e altri c. Produktschap voor Groenten en Fruit dell’Aja, C-21-24/72, ivi, p. 1219), in concreto essa non ha mai affermato l’invalidità di un atto comunitario per contrarietà ad una norma del GATT. Invero, la posizione assunta dalla CGCE trova fondamento nel fatto che condizione necessaria perché le disposizioni del GATT possano essere parametro di legittimità degli atti delle istituzioni è il riconoscimento del loro effetto diretto, che ad oggi viene negato in ragione della natura flessibile del GATT stesso (Portogallo c. Consiglio, C-149/96, ivi, p. I-8395).
Massimo Francesco Orzan (2009)
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