Padoa-Schioppa, Tommaso
P.-S. (Belluno 1940-Roma 2010) frequenta il liceo classico a Trieste e si laurea all’Università Luigi Bocconi di Milano nel 1966. Nel 1970 ottiene il Master of Science dal Massachussets Institute of Technology (MIT). Figlio di Fabio Padoa-Schioppa, già amministratore delegato delle Assicurazioni generali, inizia la carriera professionale in Banca d’Italia alla sede di Milano, nel 1968. Dal 1979 al 1983 è a Bruxelles, come direttore generale alla Commissione europea. Nel 1983, con Carlo Azeglio Ciampi governatore, diventa funzionario generale per la ricerca economica e, nel 1984, entra nel direttorio come vicedirettore generale. Nel maggio del 1997 lascia la Banca d’Italia per diventare presidente della Commissione nazionale di controllo sulla Borsa (Consob). Un anno dopo, nel giugno del 1998, è nominato dal Consiglio europeo nel Comitato direttivo della neonata Banca centrale europea. Il 17 maggio 2006, un anno dopo aver lasciato Francoforte, Romano Prodi lo nomina ministro dell’Economia e delle Finanze del suo secondo governo. Dal novembre del 2007 alle dimissioni dell’esecutivo, nel maggio 2008, P.-S. presiede il Comitato monetario e internazionale del Fondo monetario internazionale. Dirige “Notre Europe”, Istituto di studi europei fondato nel 1996 da Jacques Delors ed è presidente per l’Europa della società di consulenza internazionale Promontory financial group. Il 17 giugno del 2010 è nominato presidente dell’International accounting standards committee foundation, organismo indipendente impegnato nella costruzione di standard contabili globali. Ad agosto dello stesso anno il governo greco lo indica come consulente per la gestione della crisi economico-finanziaria. Il 15 dicembre 2010 è nominato membro indipendente del consiglio di amministrazione di FIAT Industrial.
Convinto europeista, gran parte della carriera professionale e della produzione scientifica di P.-S. è dedicata alla moneta unica e alla costruzione della sua architettura. Il primo impegno di rilievo è nel 1979, quando viene nominato direttore generale della direzione affari economici e finanziari della Commissione. È l’anno nel quale decollano le Istituzioni comunitarie: proprio nel 1979 si insedia il primo Parlamento europeo eletto a suffragio universale. Fra i deputati ci sono Jacques Delors e Altiero Spinelli, le due personalità che più influenzeranno il pensiero europeista di P.-S. Il 13 marzo entra in vigore il sistema monetario europeo. Nel settembre del 1983, Altiero Spinelli presenterà al Parlamento europeo un progetto di trattato che istituisce l’Unione europea. Su quel progetto, al quale lavora anche P.-S., si ispira la prima stesura dell’Atto unico europeo. La versione definitiva che verrà approvata e ratificata nel 1986 risulterà però molto diversa dal modello di partenza.
Nel 1988 P.-S. è relatore e cosegretario del Comitato per lo studio dell’Unione economica e monetaria, gruppo di lavoro guidato dall’allora Presidente della Commissione europea Jacques Delors. Si tratta di un organismo istituito su mandato del Consiglio europeo di Hannover del giugno di quell’anno e del quale fanno parte i governatori delle banche centrali europee, rappresentanti governativi ed esperti indipendenti. Il compito è quello di preparare una relazione e una proposta concreta per l’unificazione monetaria.
Sotto il profilo teorico, il rapporto Delors è costruito intorno al paradigma del “quartetto incoerente”: sin dai primi anni ottanta, P.-S. aveva sostenuto che per la costituenda Unione europea era impossibile aspirare contemporaneamente ai quattro grandi obiettivi economici, ovvero libero commercio estero, mobilità dei capitali, autonome politiche monetarie nazionali e tassi di cambio fissi. Per risolvere la contraddizione senza distruggere il mercato unico era necessario coniare una moneta comune e un’unica Banca centrale europea. Alla fine degli anni Ottanta i primi due obiettivi erano stati raggiunti; per conseguire gli ultimi due, era necessario passare all’Unione monetaria. È quanto proposero le conclusioni del rapporto nell’aprile del 1989.
In qualità di vicedirettore generale della Banca d’Italia, P.-S. partecipa ai lavori preparatori del Trattato sull’Unione europea, firmato nella cittadina olandese di Maastricht il 7 febbraio 1992 ed entrato in vigore il primo novembre 1993. Il Trattato di Maastricht sosterrà la necessità di unificare la moneta, la politica monetaria, e di istituire una banca centrale che tutelasse entrambe nell’area dei paesi aderenti alla moneta unica. Per fare ciò, era necessario rivedere il concetto di sovranità nazionale monetaria.
I passaggi tecnici necessari alla costruzione della moneta unica saranno lunghi e complessi. P.-S., come tutti i vertici delle banche centrali nazionali, è direttamente impegnato nello sforzo, spesso con ruoli di coordinamento. A partire dal 1991 assume la guida del gruppo sui sistemi di pagamento delle banche centrali della Comunità europea (1991-1995) e del Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria (1993-1997). Fra il 1997 e il 1998 è a capo del comitato regionale dell’International organization of securities commissions (IOLCO) e crea e presiede il Forum of the European securities commissions (FESCO). Tra il 1992 e il 1997 partecipa agli incontri dei vicegovernatori delle banche centrali presso l’Istituto monetario europeo. L’IME, allora guidato da Alexandre Lamfallussy, è l’organismo nato dalle ceneri del comitato dei governatori e dal quale, nel 1998, nascerà la Banca centrale europea. Compito dell’incontro mensile degli Alternates (così vengono chiamati i vicegovernatori), spesso preceduto da riunioni preparatorie di sottocomitati tecnici, è quello di definire gli standard operativi e affrontare tutte le problematiche connesse alla nascita della politica monetaria comune e della moneta unica.
Nella seconda metà degli anni Novanta, i singoli governi nazionali devono accelerare il lavoro necessario a preparare le rispettive istituzioni pubbliche e il sistema finanziario all’appuntamento della moneta unica. Nel 1996, con Carlo Azeglio Ciampi ministro del Tesoro, P.-S. è nominato membro del Comitato per l’Euro. Il vicedirettore generale della Banca d’Italia ha la responsabilità di coordinare il Sottocomitato finanza, ovvero il gruppo impegnato a rendere possibile il passaggio all’euro dell’intero comparto bancario e finanziario. Un analogo Comitato per l’euro viene istituito anche presso la Banca d’Italia: in questo caso P.-S. è impegnato a coordinare il lavoro degli esperti impegnati nei sottocomitati Ime e a individuare le modifiche organizzative e logistiche necessarie a consentire la partecipazione dell’Italia al costituendo SEBC, il Sistema europeo delle banche centrali, l’ultimo passo prima della nascita ufficiale della BCE.
Nominato presidente della Commissione di controllo sulla Borsa (Consob) nel marzo 1997, P.-S. continua a presiedere il Sottocomitato finanza e a collaborare con il governo per la transizione all’euro del sistema bancario e finanziario italiano. In questo periodo viene pubblicato il primo Schema nazionale di piazza, lo strumento operativo grazie al quale gli attori del sistema si prepareranno ai due passaggi all’euro: il primo, formale, nel 1999, e il vero e proprio changeover del 2002.
Poco più di un anno dopo la designazione, a maggio 1998, P.-S. lascia la Consob per tornare a fare il mestiere del banchiere centrale, questa volta a Francoforte. Come membro italiano dell’esecutivo BCE, P.-S. è responsabile per le relazioni europee e internazionali, il sistema dei pagamenti e la vigilanza prudenziale. Per P.-S. la costruzione di un sistema di vigilanza bancaria e finanziaria comune è l’ultima frontiera per la costruzione di una compiuta Europa monetaria. Durante i sette anni del suo mandato, spenderà molte energie per far crescere una divisione che all’inizio conta appena sette funzionari. Come responsabile del sistema dei pagamenti, si occuperà della configurazione del cosiddetto sistema europeo “TARGET”. “TARGET”, acronimo di Sistema transeuropeo automatizzato di trasferimenti rapidi con liquidazione lorda in tempo reale, è il tassello fondamentale della politica monetaria comune: grazie a esso vengono regolati il sistema dei pagamenti e le operazioni monetarie dell’area euro. Durante il settennato a Francoforte P.-S. ha un ruolo fondamentale nella definizione dei nuovi parametri per la politica monetaria della zona euro e del suo Allargamento ad altri paesi.
Nonostante le difficoltà, anche nei due anni alla guida del ministero dell’Economia P.-S. non deroga all’ispirazione europeista. Lo fa anzitutto sul fronte dei conti pubblici con la finanziaria per il 2007. Quando il banchiere centrale approda al ministero del Tesoro, nel 2006, l’Italia è già da un anno sottoposta a procedura per deficit eccessivo; P.-S. rinuncia a chiedere deroghe all’Europa e, fra le proteste interne alla stessa maggioranza di governo, impone una dura manovra di risanamento che permetterà la chiusura della procedura di infrazione. Da ministro tenta anche – senza successo – di proseguire la battaglia per il rafforzamento della vigilanza bancaria a livello europeo: le prime avvisaglie della crisi finanziaria, a fine 2007, lo spingono a scrivere una lettera al presidente di turno dell’ECOFIN. Nella lettera, pubblicata dal “Financial Times” il 10 dicembre, P.-S. invoca la costruzione di un sistema accentrato di controllo e la condivisione delle informazioni di supervisione. Poco meno di un anno dopo fallisce Lehman Brothers e la finanza globale è attraversata dalla più grave crisi finanziaria dal 1929. Due invece le occasioni in cui il ministro P.-S. spinge simbolicamente l’acceleratore sull’integrazione economica: tenta di promuovere la fusione della Borsa di Milano con quelle di Parigi e Francoforte e sostiene, al termine di una lunga procedura di selezione, la fusione della compagnia di bandiera Alitalia con i cugini di Air France-KLM. In entrambi i casi le vicende avranno un esito diverso, ma le soluzioni saranno in linea con quell’impostazione: la Borsa di Milano si fonderà con quella di Londra, Alitalia assorbe Air One ed avrà in Air France-KLM il socio di maggioranza. Con quest’ultima, la compagnia italiana, nel frattempo privatizzata, ha anche firmato un accordo di condivisione degli utili sulle tratte intercontinentali.
Almeno la metà dei 18 volumi scritti da P.-S. sono dedicati all’Europa. Alcuni di essi sono di natura strettamente scientifica, come L’euro e la sua banca centrale, edito in inglese nel 2004, altri fanno emergere più nettamente la visione del P.-S. “politico”. Fra questi ultimi ci sono anzitutto Europa forza gentile (2001), Europa, una pazienza attiva (2006) e Italia, una ambizione timida (2007). Nel corso degli anni, all’Europa e al suo futuro P.-S. dedica innumerevoli discorsi pubblici. A ottobre del 2005, di fronte agli studenti dell’Università Bocconi di Milano il banchiere centrale fa un vero e proprio inno alla forza del sogno europeo rispetto a quello, culturalmente dominante, dell’America: «Oggi consideriamo l’economia il punto debole dell’Europa. L’Unione europea […] è il più grande mercato integrato del mondo; il primo esportatore di beni e servizi nell’economia mondiale; sta creando una rete integrata nei trasporti, nell’energia, nelle telecomunicazioni, nella finanza; ha importanti programmi in campo educativo come Socrates, Leonardo, Erasmus [v. Programma Socrates; Programma europeo per la mobilità degli studenti universitari]. Diversamente dall’America, l’Europa non vive a credito per mantenere il suo alto tenore di vita. […] L’Europa ha una più alta qualità di vita, una più rigorosa protezione della privacy, una più stringente tutela dell’ambiente, un grado di solidarietà sociale più elevato, un più prudente atteggiamento verso la sperimentazione scientifica e l’innovazione tecnologica, una più forte capacità di proporre e trasmettere ad altri paesi e regioni del mondo il proprio modello di relazioni sociali, politiche, internazionali».
P.-S. non considera l’Europa «cosa fatta, perché fatta non è». Manca «la capacità di trovare una propria linea nelle grandi questioni della sicurezza, della politica estera e quella di riformare la politica agricola [v. anche Politica estera e di sicurezza comune; Politica agricola comune], lo spreco immenso di risorse dovuto al rifiuto di unire le forze per obiettivi comuni e il ridicolo sfoggio di parsimonia nel comprimere il bilancio comunitario [v. Bilancio dell’Unione europea], gli impudichi litigi sulla destinazione di quei pochi fondi e le liti sul Patto di stabilità e crescita, le promesse di Lisbona e il blocco della direttiva Bolkenstein, la rivolta degli elettori francesi e la diserzione dei seggi elettorali europei».
Il 17 gennaio 2007, nella Lecture Spinelli del Centro Studi sul Federalismo, P.-S. spiega che il «profondo senso di impotenza ed estraniazione di fronte al farsi del mondo di oggi non è nelle mancanze dell’Unione europea, ma nella mancanza d’Europa. […] L’incapacità dell’Unione di prendere decisioni e di metterle in atto aggrava i problemi della società nei paesi dell’Europa. […] La cura altro non è che la scelta consapevole del modello federale, quello che crea un effettivo potere di decidere e di agire ad un livello superiore a quello degli Stati per le materie che gli Stati non sono più in grado di affrontare da soli. Solo questa scelta può, rimediando alla mancanza d’Europa, rimediare alle pretese mancanze dell’Europa» (v. Federalismo).
Quella di P.-S. si può definire una visione europeista improntata alla fiducia nelle capacità dell’uomo e ispirata dalla visione dei suoi padri costituenti. La convinta scelta per un’Europa forte, integrata e coesa regge anche alle gravi turbolenze finanziarie verificatesi a partire dall’estate del 2008. Spiega nel 2009 P.-S. a Beda Romano ne La veduta corta, pochi mesi prima del fallimento greco: «Da quando è nata la Comunità non è mai stata di fronte ad una tempesta di queste proporzioni. Se al posto dell’euro ci fosse stato il vecchio Sistema monetario europeo, che legava fra di loro le monete nazionali, i mercati avrebbero, come minimo, imposto ad alcune di svalutare nei confronti della moneta forte, il marco tedesco; più probabilmente avrebbero esercitato una pressione tale da mettere a rischio l’intero sistema e la stabilità interna di certi paesi, non solo finanziaria ma anche politica e sociale tale da scardinare i rapporti economici e politici. […] L’Europa ha superato non poche turbolenze grazie all’euro: le crisi finanziarie asiatica e russa di fine anni Novanta, gli attentati terroristici del 2001, lo scoppio della bolla dei titoli tecnologici nei primi anni Duemila, il fortissimo aumento del prezzo del greggio nell’estate del 2007. Senza la moneta unica saremmo probabilmente giunti moribondi, se non morti, a quest’ultima crisi». Il problema resta quello di un’Europa «soggetto incompiuto, e in parte inesistente, di politica economica e di politica tout court». La ricetta di P.-S. è quella di proseguire nella integrazione finanziaria e politica. Infatti, ancora oggi l’Europa «non è attrezzata per affrontare le sfide della storia». All’Unione europea e alle sue istituzioni mancano ancora «sia gli strumenti ordinari sia quelli di emergenza, perché entrambi sono nelle mani degli Stati membri». Ciò «vale per le misure di vigilanza, per i salvataggi bancari, per il sostegno alle imprese, le misure di bilancio. Il procedere ciascuno per sé non solo è inefficace ma anche pericoloso». Il problema non è nella quantità di poteri, ma nella capacità delle istituzioni di «esercitare in maniera piena le Competenze che i Trattati già le attribuiscono».
Il banchiere centrale si autodefinisce «trionfalista con i critici e critico coi trionfalisti». Perché «solo la combinazione dei due atteggiamenti costituisce una valutazione completa dello stato dell’Europa di oggi. L’Europa ha compiuto nell’ultimo mezzo secolo un passo straordinario che l’umanità non aveva mai fatto prima: il superamento del potere assoluto degli Stati. È un passo fondamentale della storia umana, come la nascita della democrazia, la separazione dei poteri, o il suffragio universale. È sciocco usare la caricatura dell’Europa imperfetta per opporsi al progetto europeo: anzi, lo trovo addirittura riprovevole sul piano della responsabilità che una persona ha nei confronti degli altri e in particolare di coloro a cui lasceremo le nostre istituzioni. Alcuni amano ironizzare sul fatto che l’Europa ha realizzato in cinquant’anni meno di quanto la Convenzione di Filadelfia seppe fare creando la federazione americana, ma commettono un errore. Gli Stati americani erano, per così dire, senza storia, avevano una sola lingua, non si erano combattuti fra loro per secoli; al contrario avevano conquistato insieme l’emancipazione coloniale. Gli Stati d’Europa che hanno iniziato ad unirsi nel 1950 avevano alle spalle una storia tutta diversa. Deve far riflettere che l’Unione europea sia qualificata dalla parola sovranazionale mentre gli Stati Uniti nascono con l’obiettivo di creare una nuova nazione».
Insomma, indietro non si può e non si deve tornare, dice P.-S. Anche nella gestione della crisi greca e la decisione di varare un fondo anticrisi, malgrado i ritardi, l’ex membro dell’esecutivo della BCE riconosce all’Europa di aver fatto qualcosa che «qualitativamente e quantitativamente non ha precedenti nella storia dell’Unione» (“Notre Europe”, 18 giugno 2010). «Il vero motore degli attacchi all’euro è la mancanza di fiducia nella capacità dell’Europa di progredire verso l’obiettivo storico che si è assegnata, che è quello di creare una vera unione, di costruire un potere che completi e limiti quello degli Stati membri. In sostanza, la posta in gioco di questa crisi europea non è la Grecia, ma l’euro, e al di là dell’euro, la stessa Unione europea. […] Resta in piedi una ideologia, che potremmo chiamare westfaliana» in virtù della quale «si riconosce ad ogni Stato il diritto di scegliere la propria religione e il diritto di non subire interferenze dall’esterno. […] L’Unione europea costituisce il tentativo storico di creare un ordine post-westfaliano».
Alessandro Barbera (2012)