In base dell’articolo 49 del trattato sull’Unione europea (v. anche Trattato di Maastricht), ciascun paese europeo che soddisfi i principi sanciti all’articolo 6(1), ovvero il rispetto della libertà, dei Diritti dell’uomo, della democrazia e dello stato di diritto, può chiedere di diventare membro dell’Unione europea. La domanda di Adesione deve essere presentata al Consiglio europeo, che, pronunciandosi all’unanimità (v. Voto all’unanimità) previa consultazione della Commissione europea e parere conforme (v. Procedura di parere conforme) del Parlamento europeo, deciderà se attribuire al paese lo status di candidato e avviare quindi negoziati formali di adesione. Essi sfociano infine in un Accordo o Trattato, che stabilisce le condizioni di adesione e gli adeguamenti da apportare ai Trattati vigenti e alle Istituzioni comunitarie e che entrerà in vigore solo dopo la ratifica di tutti gli Stati membri e dei paesi aderenti.
Al paese cui viene riconosciuto lo status di candidato è tuttavia richiesto di soddisfare alcuni criteri fondamentali prima di avviare i negoziati. Si tratta dei criteri definiti dal Consiglio europeo di Copenaghen (1993): stabilità delle istituzioni democratiche, Stato di diritto e rispetto dei diritti umani e delle minoranze; esistenza di una valida economia di mercato; capacità di assumere pienamente gli obblighi di membro derivanti dalle politiche dell’UE e dal Diritto comunitario (il cosiddetto Recepimento dell’acquis comunitario), compresi gli obiettivi dell’unione politica, economica e monetaria (v. Unione economica e monetaria). Nel 1995 il Consiglio europeo di Madrid ha inoltre ribadito la necessità che il paese candidato sia in grado di applicare la normativa comunitaria mediante adeguate strutture amministrative e giudiziarie. Dopo la decisione unanime del Consiglio di stabilire un mandato negoziale, si aprono le trattative, condotte bilateralmente con ciascun candidato e incentrate sulla definizione delle misure necessarie affinché il paese candidato raggiunga la piena capacità di rispettare tutti gli obblighi inerenti all’adesione, sulla determinazione dei tempi e delle modalità di adattamento e sull’assistenza finanziaria. Le trattative assumono la forma di conferenze intergovernative bilaterali, a livello di ministri o di ambasciatori, e si basano sulla suddivisione dell’acquis in 35 capitoli tematici: per ciascuno di essi la Commissione esamina il livello di partenza del candidato (screening), indica eventuali parametri di riferimento per l’apertura del capitolo, fissa i criteri di riferimento (benchmarks) da raggiungere per la chiusura del capitolo e monitora costantemente i risultati raggiunti informandone il Consiglio e il Parlamento europei. Durante tutto il processo il Consiglio decide all’unanimità sull’apertura e chiusura dei capitoli.
La procedura prevista dall’articolo 49 rimarrà sostanzialmente invariata anche con l’entrata in vigore del Tratto di Lisbona: si prevede inoltre l’obbligo di informare i parlamenti nazionali e il Parlamento europeo di ogni domanda di adesione e di tener conto dei criteri di ammissibilità convenuti dal Consiglio europeo.
Sono tre al momento i paesi candidati all’adesione: Croazia, Turchia ed ex Repubblica iugoslava di Macedonia. Tutti gli altri paesi dei Balcani occidentali (Albania, Bosnia-Erzegovina, Serbia e Kosovo ai sensi della risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell’ONU) sono considerato “candidati potenziali” e con essi è stato avviato un “processo di stabilizzazione e Associazione” teso ad avvicinarli progressivamente all’UE con la prospettiva di futura adesione.
La Croazia ha inoltrato la propria candidatura il 21 febbraio 2003 e ha ricevuto lo status di paese candidato nel giugno 2004, ma l’avvio dei negoziati di adesione si è avuto solo il 3 ottobre 2005, dopo soddisfacimento della condizione di piena collaborazione con il Tribunale penale internazionale per l’ex Iugoslavia. Nel corso del 2008 il processo di adesione ha ripreso nuovo slancio, dopo la decisione del Parlamento croato di sospendere l’applicazione della Zona ecologica e di pesca protetta in Adriatico (ZERP), che era stata stabilita il 1° gennaio 2008 venendo meno all’accordo fra Italia, Croazia, Slovenia e Commissione. A questo punto – salvo il sopravvenire di ulteriori difficoltà, in particolare sul capitolo pesca che sembra essere il più delicato – si attende la definizione di un calendario “accelerato”, che potrebbe portare alla conclusione del processo negoziale entro il 2009 e all’adesione nel 2011.
La Turchia, associata dal 1964 alle Comunità, ha presentato la domanda di adesione nel 1987, ma solo nel dicembre 1999 è stata ufficialmente riconosciuta come paese candidato. Nel frattempo nel 1995 è stata creata un’unione doganale tra Turchia e Unione europea. I negoziati di adesione sono stati avviati il 3 ottobre 2005.
La prospettiva europea della Turchia continua a essere caratterizzata dalla contrapposizione fra i paesi sostenitori del processo di adesione di Ankara (in particolare Regno Unito, Italia, Svezia, Spagna, Finlandia, Polonia ed Estonia) e la posizione contraria della Francia, che mantiene una riserva politica sui cinque capitoli negoziali, in quanto considerati direttamente legati alla prospettiva di adesione. D’altra parte la stessa Commissione ritiene che, malgrado alcuni recenti sviluppi positivi (quali la legge sulle fondazioni e la modifica dell’art. 301 del codice penale sui reati di opinione) il governo turco – forse troppo concentrato sui problemi di politica interna e sul riacuirsi dello scontro tra laici e religiosi – non abbia ancora mostrato la necessaria determinazione nel perseguimento delle riforme richieste. Il negoziato di adesione della Turchia continua pertanto a essere fortemente condizionato: non solo dallo scenario europeo (atteggiamento della Francia) e dalle incertezze della situazione interna turca, ma anche dalla questione turco-cipriota e dal mancato adempimento turco con riguardo all’applicazione del Protocollo di Ankara sull’estensione dell’unione doganale a Cipro (che ha portato nel dicembre 2006 al congelamento di otto capitoli negoziali).
L’ex Repubblica iugoslava di Macedonia (Former Yugoslav Republic of Macedonia, FYROM) ha inoltrato la propria candidatura il 22 marzo 2004 e ha ottenuto lo status di paese candidato nel dicembre 2005, ma i negoziati non sono stati ancora avviati a causa dei mancati progressi nelle riforme e nel perseguimento dei criteri di Copenaghen (v. Criteri di adesione). A rendere il quadro ancora più incerto è poi l’ancora irrisolta controversia con la Grecia sulla questione del nome.
I paesi aventi status di candidato sono associati ai lavori dell’UE e partecipano ai programmi, agenzie e comitati, sia pure generalmente come osservatori e senza diritto di voto. Per assisterli nella transizione e nel perseguimento delle riforme necessarie, l’Unione europea stanzia appositi fondi. Per il periodo finanziario 2007-2013 lo strumento di preadesione (Instrument for pre-accesion assistance, IPA) prevede uno stanziamento finanziario complessivo di 11,565 miliardi di euro a favore dei paesi candidati e potenziali candidati. L’IPA – in cui sono confluiti i vecchi programmi di preadesione quali Poland and Hungary: Action for the restructuring of the economy (PHARE), Special accession program for agriculture and rural development (SAPARD), Instrument for structural policies for pre-accession (ISPA) e Community assistance for reconstruction, development and stabilisation (CARDS) – è uno strumento pluriennale flessibile che fornisce un aiuto variabile a seconda dei progressi compiuti dai beneficiari e delle loro esigenze, quali risultano dalle valutazioni e dai documenti di strategia annuali preparati dalla Commissione. L’IPA è suddiviso in cinque componenti, ovvero settori di intervento: “assistenza alla transizione e rafforzamento delle istituzioni”, “cooperazione transfrontaliera”, “sviluppo regionale”, “sviluppo delle risorse umane” e “sviluppo rurale” (gli ultimi tre destinati esclusivamente ai paesi candidati in quanto volti a prepararli all’attuazione della politica di coesione e all’utilizzo dei fondi strutturali). Un ruolo importante nell’assistenza finanziaria di preadesione è inoltre svolto, sul fronte dei prestiti, dalla Banca europea per gli investimenti (BEI).
Elisabetta Holsztejn Tarczewski (2008)