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Pandolfi, Filippo Maria

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P. (Bergamo 1927) si è laureato in filosofia all’università Cattolica di Milano. Ha partecipato alla Resistenza e collaborato con il Fronte della gioventù. Il padre era stato esponente locale del Partito popolare e per questo, oltre che per la sua formazione cattolica, P. entrava naturalmente in rapporto con esponenti della Democrazia cristiana della sua città. Nel 1946 diventava segretario provinciale del Movimento giovanile, esperienza che lo portò ad avere i primi contatti in sede nazionale, che lo videro poi partecipe della campagna elettorale del 18 aprile 1948 anche in Campania e in Sicilia. Nel 1950 Giuseppe Dossetti lo chiamava a Roma presso il suo ufficio di vicesegretario, dove fu redattore delle “Note politiche” riservate ai consiglieri nazionali del partito.

Dopo il 1951 a Roma P. collaborava alle attività internazionali della DC in America Latina e in particolare svolgendo come docente, a partire dal 1959, corsi presso l’Istituto di formazione democratico cristiana di Caracas. Ma il centro della sua attività politica fu principalmente Bergamo e la sua provincia, dove dall’inizio degli anni Sessanta imponeva la sua leadership. Segretario provinciale, capo della maggioranza consiliare al Comune di Bergamo, consigliere nazionale della DC, veniva eletto deputato nel 1968 (collegio Bergamo-Brescia), mantenendo la carica dalla quinta alla decima legislatura, fino al 1988, dopo la sua nomina a membro della Commissione europea.

P. si applicava all’attività parlamentare con inusata serietà, perfezionando le sue conoscenze e capacità tecniche nell’attività legislativa, finalizzata all’efficacia dell’azione di governo, venendo assegnato alla Commissione Finanze e Tesoro. Partecipava, tra l’altro, al lungo e complesso lavoro di elaborazione della riforma tributaria, che portò alla legge-delega 9 ottobre 1971, n. 825 e ai successivi decreti delegati del 1972 3 del 1973. In seno alla Commissione dei Trenta, chiamata ad esprimere il parere sui decreti delegati, è stato relatore su alcuni dei testi più importanti, tra cui il decreto n. 633 relativo all’introduzione dell’IVA.

La successiva carriera politica di P. si deve principalmente all’acquisizione di queste competenze tecniche. Bruno Visentini che nel governo Moro-La Malfa (v. Moro, Aldo; La Malfa, Ugo) del novembre 1974 era ministro della Finanze, lo volle come sottosegretario, affidandogli la delega per l’attuazione della riforma tributaria. Dopo le elezioni del 1976, nel III governo presieduto da Giulio Andreotti, P. assumeva il portafoglio delle Finanze, dove si distinse, attuando in meno di un anno l’Anagrafe tributaria, semplificando gli adempimenti per i contribuenti, riducendo drasticamente i tempi per i rimborsi di imposta, accrescendo il gettito delle imposte dirette che aumenteranno, con piena applicazione della riforma, in un anno del 24,9% in termini reali.

Nel IV governo Andreotti, nel marzo 1978, con il determinato sostegno di Ugo La Malfa, assumeva l’incarico del Tesoro. Portava rapidamente a termine la riforma delle regole della finanza pubblica, sollecitata dal Fondo monetario internazionale (FMI), con la nuova struttura del bilancio dello Stato, quadro unico di riferimento per l’intero settore pubblico allargato, istituzione della legge finanziaria annuale (l., 4 agosto 1978, n. 468). Rilevante è anche l’attuazione della fusione del Poligrafico con la Zecca di Stato, che risolveva anche la questione dei “mini-assegni”, dovuti alla scarsità di contante. Ma gli impegni più significativi, che P. realizzava in stretta sintonia con la Banca d’Italia (si sarebbe schierato all’interno del governo e di fronte all’opinione pubblica a favore di Paolo Baffi e Mario Sarcinelli nella oscura vicenda giudiziaria che li coinvolse) furono la preparazione dell’ingresso nel Serpente monetario europeo (SME) per cui elaborava il progetto “Una proposta per lo sviluppo, una scelta per l’Europa”, il cosiddetto “Piano P.”, volto, tra l’altro, al contenimento dei deficit di bilancio. Obbiettivo realizzato solo durante il triennio 1979-1981, nell’arco di un ventennio di crescita esponenziale del debito e che consentì l’adesione allo SME dell’Italia, con l’ottenimento di un più ampio margine di fluttuazione della moneta nazionale.

Dopo le elezioni del 1979 Pertini incaricava P. di formare il nuovo governo, senza successo. Entrava poi nel I governo Cossiga come ministro del Tesoro (incarico che tenne anche nel II governo Cossiga), e fu eletto nell’ottobre del 1979 presidente dell’“Interim Commitee” del FMI, su proposta del cancelliere Helmut Schmidt, impegnandolo a fondo nel tentativo di riforma. Nello stesso periodo era protagonista del negoziato con la Repubblica di Malta che doveva concludersi con un accordo nel settembre 1980 in cui quest’ultima assicurava la propria neutralità di contro a un Protocollo relativo all’assistenza finanziaria, economica e tecnica da parte italiana. Nella fase finale di questo suo mandato P. doveva affrontare le pesanti ricadute sul sistema bancario delle maggiori crisi industriali di quel periodo, in particolare quella dell’industria petrolchimica SIR che minacciava si travolgere l’Istituto mobiliare italiano (IMI), risolta con un inusuale ricorso alla Cassa depositi e prestiti con cartelle speciali decennali per un ammontare di 1704 miliardi.

Nel dicembre del 1980 P. sostituiva Antonio Bisaglia all’Industria nel governo presieduto da Amintore Forlani, incarico che avrebbe nuovamente ricoperto nel V governo Fanfani (dicembre 1982-agosto 1983). Gli impegni più salienti affrontati sono segnati dalla legge 46 in materia di innovazione tecnologica e lo schema del “Piano energetico nazionale”, che diede particolare impulso all’energia nucleare.

Con il governo Craxi (v. Craxi, Bettino) P. diveniva ministro dell’Agricoltura, incarico che manterrà nei successivi governi fino al 1988. Del 1985 è il “Programma-quadro di piano agricolo nazionale” e la successiva legge pluriennale di spesa (1986), fortemente innovativa nei contenuti e nelle procedure, oltre al “Piano forestale nazionale”, mirato a regolare i rapporti in materia fra Stato e regioni e a fornire un aggiornato censimento delle superfici forestali. Nel 1983 P. aveva affrontato in sede comunitaria il problema delle “quote latte”, sostenendo con successo la posizione italiana di esenzione dal sistema delle “quote individuali” e la richiesta che il paese fosse ammesso al sistema di “bacino unico”, nonché una riduzione volontaria della produzione, incentivata da premi di abbattimento a carico dello Stato (art. 3 del Regolamento del Consiglio del 16 marzo 1987), criterio poi abbandonato dal governo De Mita che tornerà alle “quote individuali”. P. si impegnerà poi all’applicazione nel sistema nazionale delle disposizioni previste dalla disciplina comunitaria, in particolare in materia di organismi di controllo, come ad esempio l’Agecontrol nel settore dell’olio di oliva, e di lotta contro le frodi in molti campi, come agrumicoltura e viticoltura, e di battaglia per la riduzione delle eccedenze, con l’obbiettivo della valorizzazione delle produzioni nazionali anche attraverso campagne promozionali vincenti.

Alla fine del 1988 P. veniva designato membro della Commissione europea, divenendone per quattro anni uno dei vicepresidenti, con delega alla “Ricerca e sviluppo tecnologico e alle Telecomunicazioni”, valendosi del rapporto di fiducia e amicizia con il presidente Jacques Delors. Il settore della ricerca, caratterizzato da importanti dotazioni di bilancio e da oltre 4400 addetti, era stato per la prima volta disciplinato dal Trattato con l’entrata in vigore dell’Atto unico europeo nel 1987. P. procedeva innanzitutto a una revisione degli atti legislativi di riferimento, “Programma quadro” e “Programmi specifici”, elaborando e conducendo all’approvazione del Consiglio dei ministri il “III Programma quadro 1990-1994”. Avviava nel contempo gli studi e le procedure per la preparazione del “Programma-quadro” successivo. Riportava inoltre la redazione dei programmi specifici, sino ad allora lasciata completamente all’iniziativa delle singole Direzioni, sotto la competenza del Commissario e l’autorità politica della Commissione, evitando così la prassi assai diffusa degli interventi a pioggia, favorendo il concentrarsi del sostegno comunitario su iniziative e progetti internazionali di rilievo, con ricadute sul sistema industriale, come nel caso delle cosiddette “tecnologie generiche”, compatibili con le regole della concorrenza. Nel quadro delle sue competenze, P. cercò la collaborazione internazionale, ristabilendo un rapporto di collaborazione positivo con gli Stati Uniti, stabilendo un rapporto personale efficace con Alan Bromley, responsabile della ricerca nell’amministrazione Bush, aprendo la partecipazione dell’Unione europea a grandi programmi di ricerca americani, come quello sul genoma umano, e rendendo regolari le riunioni dei ministri della Ricerca del G7, che dopo il crollo dell’Unione Sovietica, con l’appoggio della Carnegie Foundation rese possibile varare un primo programma di sostegno a ricercatori russi. P. avviava anche un’iniziativa europea a sostegno delle istituzioni scientifiche dei paesi dell’Est, con primi contatti con i rispettivi governi, per cui si avvalse della consulenza dell’Istituto di Scienze Umane di Vienna ed ebbe la fattiva collaborazione del vicecancelliere austriaco Erhard Busek.

Nel settore delle Telecomunicazione la competenza di P., distinta da quella del commissario alla Concorrenza (v. anche Politica europea di concorrenza), riguardava lo sviluppo delle tecnologie, al supporto delle industrie attraverso programmi di ricerca, alla disponibilità di un foro autorevole di consultazione in materia di nuovi e più avanzati strumenti di trasmissione, e fu gestita con risultati utili in un momento di profonde trasformazioni, soprattutto nel settore televisivo (v. anche Politica europea delle telecomunicazioni). Fu inoltre strettamente associato da Delors nel progetto, che ebbe una non trascurabile valenza politica, da quest’ultimo particolarmente patrocinato, dei “Carrefours de la science et de la culture”, che vide numerose iniziative nelle sedi universitarie da Oxford a Saragozza, da Poznan e Bologna e a Coimbra.

Nel gennaio del 1993, terminato il mandato di commissario europeo, P. partecipava con impegno, durante la segreteria Martinazzoli, al passaggio dalla Democrazia cristiana al Partito popolare, per ritirarsi definitivamente dalla vita politica nel 1994.

Piero Craveri (2012)