Sebbene spesso trascurate, la cooperazione scientifica prima e la politica della ricerca poi, sono state al centro di fasi cruciali del processo di integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della), quali la creazione della Comunità europea dell’energia atomica (CEEA o Euratom) o la seconda domanda di adesione britannica alle Comunità economica europea.
L’emergere, a livello di agenda politica comunitaria, di una volontà politica verso un coordinamento delle politiche nazionali della ricerca è comunque ricollegabile all’avvio, a metà degli anni Sessanta, del dibattito sul cosiddetto technological gap, cioè del supposto divario esistente tra Europa e Stati Uniti nel settore delle tecnologie avanzate.
Il più importante esito di questa discussione fu rappresentato dall’approvazione, il 31 ottobre 1967, in occasione della prima riunione del primo Consiglio dei ministri della Comunità dedicato proprio al tema della ricerca e della cooperazione scientifica, di una risoluzione con la quale veniva in pratica data “luce verde” all’avvio di un programma europeo di cooperazione di ricerca e sviluppo, il Programma European cooperation in the field of scientific and technical research (COST) che, lanciato nel 1971 con l’adesione iniziale di 19 Stati (gli allora sei membri della Comunità: Austria, Danimarca, Regno Unito, Finlandia, Grecia, Irlanda, Iugoslavia, Norvegia, Portogallo, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia), prevedeva il sostegno a progetti presentati in settori giudicati prioritari (informatica, telecomunicazioni, trasporti, oceanografia, metallurgia, inquinamento e meteorologia).
Successivamente, nel corso degli anni Settanta e dei primi anni Ottanta, venne perseguito l’obiettivo di giungere alla definizione di un’effettiva politica europea per la ricerca, sia attraverso la creazione di veri e propri organismi di coordinamento, sia attraverso il lancio di programmi comuni, comunitari o meno.
Per quanto riguarda la questione del coordinamento, il primo esempio fu costituito dal Comitato della ricerca scientifica e tecnica (CREST), formato dai rappresentanti degli Stati membri e della Commissione e creato, nel 1973, per dare attuazione alla decisione presa in occasione del Vertice di Parigi del 1972 di un maggiore coordinamento delle politiche scientifiche nazionali.
Per quanto riguarda poi il lancio di programmi di cooperazione, il COST venne seguito, nel 1981, dall’European strategic programme for the R&D in information technologies (ESPRIT), il primo programma comunitario nel settore delle tecnologie dell’informazione, cui fece poi seguito Organizzazione europea per la ricerca e lo sviluppo (EUREKA) lanciato, nel 1985, sulla base di una proposta formulata dall’allora presidente francese François Mitterrand, per fornire sostegno alla produttività e alla competitività dell’industrie europee operanti in aree strategiche (medicina e biotecnologia, comunicazioni, energia, ambiente, tecnologie dell’informazione, laser, nuovi materiali, robotica e trasporti).
A garantire questo passaggio, dalla teoria alla pratica, della cooperazione scientifica comunitaria furono, in particolare, tre Commissari alla ricerca: Altiero Spinelli (1970-1973), Ralf Dahrendorf (1973-1974), sotto cui venne infine creata la Direzione generale XII “Ricerca, scienza e insegnamento” ed Étienne Davignon (1981-1985), cui va il merito di aver dotato, quando era ancora Commissario al mercato interno e agli affari industriali, la politica della ricerca di un ruolo nello sviluppo dell’industrie di punta europee, prima fra tutte quella del settore dell’informazione e delle comunicazioni.
Con l’Atto unico europeo (AUE) del 1986 la ricerca è infine entrata nel novero delle competenze comunitarie. In realtà, l’AUE non ha fatto altro che fornire una base giuridica all’esistente. Già a partire dal 1983, infatti, tre anni prima della firma del Trattato (v. anche Trattati), veniva approvato dal Consiglio dei ministri il I Programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico (PQRST), che, giunto oggi alla sua sesta edizione, costituisce oggi il principale strumento di tale politica.
Questo ruolo è per altro stato accresciuto nel tempo grazie al costante aumento delle sue dotazioni finanziarie: I PQRST (1984-1987) 3,3 miliardi di euro; II PQRST (1987-1991) 5,4 miliardi di euro; III PQRST (1990-1994) 6,6 miliardi di euro; IV PQRST (1994-1998) 13,1 miliardi di euro; V PQRST (1998-2002) 15,0 miliardi di euro; VI PQRST (2002-2006) 17,5 miliardi di euro e, da ultimo, VII PQRST (2007-2013) 50,52 miliardi di euro.
La procedura di adozione del Programma quadro è lunga e complessa in quanto coinvolge, per circa tre anni, Commissione europea, Consiglio dei ministri, Parlamento europeo, Comitato economico e sociale e tutta una serie di comitati di esperti e gruppi di lavoro nominati dal Consiglio. Tale laboriosità è dovuta, innanzitutto, al fatto che, con i suoi 17,5 miliardi di euro, il Programma quadro rappresenta oggi la prima voce di bilancio annuale nell’ambito delle politiche interne e la quarta di tutto il bilancio comunitario (v. Bilancio dell’Unione europea), dopo le “Spese agricole”, le azioni strutturali e le spese amministrative.
Nel corso delle sue varie edizioni, la struttura del budget è stata più volte modificata in risposta alle mutate priorità strategiche. Se in principio era soprattutto l’energia a ricevere la maggior parte dei finanziamenti, oggi i settori prioritari sono rappresentati dalle cosiddette “tecnologie abilitanti” (in particolare: aerospazio, nanotecnologie, genomica, sviluppo sostenibile) e dalle tecnologie legate alla società dell’informazione.
La caratteristica principale che è possibile riferire alla politica della ricerca scientifica e tecnologica comunitaria è la tensione ancora oggi esistente, a livello decisionale, tra la difesa dell’interesse nazionale, da un lato, e la spinta – talvolta la necessità – a cooperare, dall’altro. Ciò ha per molti versi impedito lo sviluppo di una genuina politica comunitaria, ma ha piuttosto favorito l’avvio di una pratica di compromesso, che si rinnova a ogni processo di definizione del Programma quadro. Questo riguarda, in particolare, la necessità di conciliare la volontà degli Stati membri di salvaguardare, in chiave europea, gli obiettivi nazionali spesso differenti nel settore della ricerca con l’obiettivo delle Istituzioni comunitarie – la Commissione in primis – di aumentare l’efficacia di tale politica.
Questa appare in special modo legata oggi all’ormai palese natura orizzontale (cross-cutting) della politica della ricerca, resa ancora più evidente, in questi ultimi anni, dal ruolo a essa affidata nel quadro della cosiddetta Strategia di Lisbona, e ancor di più nel suo più recente rilancio ad opera della Commissione di José Manuel Barroso.
Secondo la Commissione, l’obiettivo, da parte dell’Unione europea (UE), di mantenere il proprio ruolo nell’economia globalizzata e soprattutto di rispondere alla crescente concorrenza internazionale può essere raggiunto solo ponendo la politica della ricerca «al centro delle politiche dell’UE» (Commissione europea, 2005), cioè: intensificando il dialogo con gli attori del settore per identificare gli ostacoli normativi che agiscono ancora come fattori limitanti; adottando un regime di aiuti di Stato maggiormente favorevole alla ricerca e all’innovazione; promuovendo azioni nel settore della tutela della proprietà intellettuale; diffondendo la pratica dell’appalto pubblico anche nel settore della ricerca e, infine, migliorando la conoscenza degli esistenti incentivi fiscali dedicati per R&S.
Negli ultimi anni la politica della ricerca scientifica e tecnologica si è arricchita di un’ulteriore componente. A partire dal 2003, con la presentazione, rispettivamente in gennaio e novembre di un Libro verde (v. Libri verdi) e di un Libro bianco (v. Libri bianchi), la Commissione ha avviato una fase di elaborazione di una Politica della ricerca spaziale che vede coinvolta anche l’Agenzia spaziale europea. Si tratta ancora di una politica nella sua fase iniziale di sviluppo la cui tangibilità è per ora rappresentata dall’avvio di alcuni progetti: il sistema di navigazione Galileo e il sistema di osservazione Global monitoring for environment and security (GMES). Per questo motivo, pur avendo già acquisito alcuni tratti indubbiamente distintivi, essa rimane per ora legata alla politica della ricerca, soprattutto in termini di fondi.
Filippo Pigliacelli (2007)
Bibliografia
Guzzetti L., Breve storia della politica della ricerca dell’Unione europea, Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, Lussemburgo 1995.
Jourdain L., Recherche scientifique et construction européenne. Enjeux et usages nationaux d’une politique communautaire, L’Harmattan, Paris 1995.
Pigliacelli F., Una comunità europea per la scienza: un "sogno dei saggi"? Alle origini della politica di ricerca e sviluppo delle Comunità europee, 1949-1971, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Pavia, Pavia 2004.
Pigliacelli F., Una nuova frontiera per l’Europa. Storia della cooperazione spaziale europea 1958-2005, CLUEB, Bologna 2006.
Stajano A., Research, quality, competitiveness. European union technology policy for the information society, Springer, New York 2006.