Ponderazione dei voti nel Consiglio
La ponderazione in vigore nell’Unione europea a 27
Dalla nascita della Comunità europea (v. Comunità europea del carbone e dell’acciaio; Comunità economica europea; Comunità europea dell’energia atomica), per le deliberazioni del Consiglio europeo che richiedono una Maggioranza qualificata viene attribuita una ponderazione ai voti degli Stati membri: le deliberazioni sono valide se hanno raccolto almeno un certo numero di voti (“soglia” della maggioranza o quorum). Nell’Unione europea (UE) a 27 si applica la ponderazione seguente: Germania, Francia, Italia, Regno Unito 29 voti a testa; Spagna, Polonia 27 voti a testa; Romania 14 voti; Paesi Bassi 13 voti; Belgio, Repubblica Ceca, Grecia, Ungheria, Portogallo 12 voti a testa; Bulgaria, Austria, Svezia 10 voti a testa; Danimarca, Irlanda, Lituania, Slovacchia, Finlandia 7 voti a testa; Estonia, Cipro, Lettonia, Lussemburgo, Slovenia 4 voti a testa; Malta 3 voti.
Le deliberazioni a maggioranza qualificata, quando debbano essere prese su proposta della Commissione europea, cioè nella maggior parte dei casi, sono valide se hanno raccolto 255 voti che esprimano il voto favorevole della maggioranza dei membri. Negli altri casi, occorre, in più, che i 255 voti esprimano il voto favorevole di almeno due terzi dei membri. La “minoranza di blocco” è di almeno 91 voti: ciò significa che bastano 91 voti contrari per impedire di prendere una Decisione. Esiste inoltre la possibilità per un membro del Consiglio di chiedere di verificare che gli Stati membri che compongono la maggioranza qualificata rappresentino almeno il 62% della popolazione totale dell’Unione. Qualora tale condizione non sia soddisfatta, la decisione non è adottata; tuttavia, tale condizione interviene solo se viene chiesta la verifica.
Questa ponderazione segue i criteri fissati dal protocollo sull’ampliamento allegato al Trattato di Nizza del 26 febbraio 2001, che comporta elementi nuovi rispetto a quelli seguiti nel passato. A partire dal 1° novembre 2014, essa dovrebbe essere tuttavia sostituita, se il Trattato di Lisbona firmato il 13 dicembre 2007 sarà ratificato dagli Stati membri, dal sistema detto della Duplice maggioranza.
Da Roma a Nizza
La ponderazione in caso di voto a maggioranza qualificata è stata ideata dagli autori del Trattato di Roma (v. Trattati di Roma) (1957) per realizzare un equilibrio tra il principio di eguaglianza degli Stati e la loro importanza demografica, in altri termini, tra due legittimità, quella fondata sugli Stati e quella fondata sulla popolazione. Fino ad allora, in tutte le organizzazioni in cui venivano rappresentati gli Stati era stata seguita la regola “uno Stato, un voto”. Il carattere particolare della Comunità giustificava un modo di funzionamento diverso. Nel fissare la ponderazione dei sei Stati membri fondatori della Comunità, gli autori del Trattato avevano voluto rafforzare la rappresentanza dei tre Stati meno grandi, per evitare una posizione troppo forte degli altri tre: 4 voti a Francia, Germania, Italia; 2 a Belgio e Paesi Bassi, 1 al Lussemburgo (totale: 17 voti). Il quorum per la maggioranza qualificata era fissato a 12 voti, in caso di deliberazioni prese su proposta della Commissione; negli altri casi occorreva, in più, che i 12 voti esprimessero la votazione favorevole di almeno quattro membri. La minoranza di blocco era di almeno 6 voti.
Con gli ampliamenti (v. anche Allargamento) del 1973 (Danimarca, Irlanda, Regno Unito), del 1981 (Grecia), del 1986 (Spagna e Portogallo) e del 1995 (Austria, Finlandia, Svezia) c’è stata una semplice trasposizione a 9, poi a 10, a 12 e a 15 di questa ponderazione. Ma non sono mancate le difficoltà, poiché gli ampliamenti successivi hanno portato a un numero sempre maggiore di Stati medi e piccoli, creando una situazione sensibilmente diversa da quella dei primi anni della Comunità. Secondo gli Stati più grandi, questa situazione aveva modificato, a favore dei medi e piccoli, l’equilibrio fondato dal Trattato di Roma. Così, nei negoziati d’Adesione del 1992-1993 – che hanno condotto all’ampliamento del 1995, portando la presenza di Stati medi e piccoli a 10 su 15 – non è stato facile fissare la “soglia” della maggioranza, e quindi della minoranza di blocco. Il Regno Unito e la Spagna hanno fortemente insistito per non modificare la minoranza di blocco esistente, questo per non diminuire le possibilità, per gli Stati membri più grandi, di impedire una decisione a maggioranza.
Un compromesso fu raggiunto, durante una riunione informale del Consiglio nella città greca di Ioannina (v. Compromesso di Ioannina), il 27 marzo 1994, dopo vari mesi di discussioni. La minoranza di blocco fu sì aumentata, adeguandola quindi al numero maggiore di Stati. Ma fu stipulato che, se alcuni membri del Consiglio si fossero opposti alla decisione avvicinandosi alla minoranza di blocco, senza però raggiungerla (cioè se fossero loro mancati da uno a tre voti per bloccare la decisione), il Consiglio avrebbe proseguito la discussione «per un periodo di tempo ragionevole», per giungere a una soluzione soddisfacente per tutti. Discutibile dal punto di vista dei principi, questo compromesso ha avuto una portata limitata: in dieci anni è stato applicato solo due volte (nel 1995 e nel 1996), conducendo a modifiche di modesta entità delle decisioni del Consiglio. Ma è il segno delle tensioni create dalla semplice trasposizione di ponderazioni fissate in un’epoca in cui era considerato normale evitare una posizione troppo forte degli Stati più grandi.
Queste questioni erano state sottoposte – anche nella prospettiva d’un nuovo ampliamento, che avrebbe aumentato ulteriormente la presenza di paesi medi e piccoli – alla conferenza intergovernativa (v. Conferenze intergovernative) che ha condotto al Trattato di Amsterdam (1997), senza trovare una soluzione. Sono state quindi risollevate alla conferenza intergovernativa che ha condotto al Trattato di Nizza (2001), che, dopo difficili dibattiti, ha fissato la nuova ponderazione. Il numero di voti attribuito a ogni Stato membro è stato modificato. Benché esso sia stato aumentato per tutti gli Stati membri, l’aumento è più importante per gli Stati più popolosi (Germania, Francia, Regno Unito, Italia), compensando così, per questi ultimi, la perdita di un secondo membro della Commissione. Si noti pure che, per la Germania, di lunga lo Stato più popoloso dell’Unione, è stato previsto lo stesso numero di voti che per gli altri tre “grandi”, ognuno dei quali dispone d’una popolazione equivalente a 3/4 di quella tedesca; ciò è stato compensato dalla clausola che permette la verifica che gli Stati membri che compongono la maggioranza qualificata rappresentino almeno il 62% della popolazione totale dell’Unione, e anche da un aumento sensibile del numero di membri tedeschi al Parlamento europeo. Inoltre, il sistema di Nizza attribuisce un peso eccessivo alla Spagna e alla Polonia, che dispongono di 27 voti benché la loro popolazione rappresenti circa la metà di quella della Germania: questa concessione fu il prezzo pagato dalla presidenza francese del Consiglio (v. Presidenza dell’Unione europea) perché questi due Stati accettassero che la Francia (e gli altri due “grandi”) conservassero la stessa ponderazione della Germania.
La ponderazione conforme ai criteri di Nizza si applica dal 1° novembre 2004, data alla quale la perdita d’un secondo commissario per i “grandi” è stata effettiva. Durante il periodo compreso tra il 1° maggio 2004, data dell’ampliamento (con l’inclusione nella vecchia Commissione di un commissario per ogni nuovo Stato membro) e il 1° novembre 2004, data dell’entrata in vigore della nuova Commissione, con un solo commissario per Stato membro, è stata praticata una ponderazione transitoria, estensione di quella in vigore nell’Unione a 15.
Da Nizza a Lisbona
La ponderazione a cui si è arrivati attraverso i difficili dibattiti di Nizza – che si applica dal 1° novembre 2004 all’Unione a 25, poi, dal 1° gennaio 2007, con i necessari adattamenti, all’Unione a 27 – viene talvolta criticata per la sua complessità e la sua poca trasparenza (v. Politica della trasparenza). Si ritiene anche che, secondo questa ponderazione, la maggioranza qualificata sia più difficile da raggiungere e il blocco della decisione più probabile che nel passato, mentre in una Unione allargata l’esigenza dell’efficacia impone tutto il contrario.
Il Trattato di Lisbona – firmato il 13 dicembre 2007 e attualmente in fase di ratifica – ha perciò imboccato una via diversa. Già la Commissione aveva sostenuto, senza successo, durante il negoziato di Nizza, il sistema della “doppia maggioranza” (una maggioranza semplice degli Stati membri che rappresenti la maggioranza della popolazione dell’Unione). Il Trattato costituzionale (v. Costituzione europea) del 2004 aveva accettato, dopo discussioni lunghe e difficili, in cui i contendenti si erano avvalsi di calcoli matematici complessi, il sistema della “doppia maggioranza”, ma in una versione molto meno radicale. Dopo la mancata ratifica del Trattato costituzionale, il Trattato di Lisbona ha seguito, con qualche modifica, lo stesso orientamento.
Il Trattato di Lisbona prevede quindi che, a partire dal 1° novembre 2014, per maggioranza qualificata si intenda almeno il 55% dei membri del Consiglio (quindi almeno 15 Stati sugli attuali 27), rappresentanti Stati membri che totalizzino almeno il 65% della popolazione dell’Unione. Quando il Consiglio non delibera su proposta della Commissione o dell’Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune (PESC), per maggioranza qualificata si intende almeno il 72% dei membri del Consiglio, rappresentanti Stati membri che totalizzino almeno il 65% della popolazione dell’Unione. Per evitare poi che pochi Stati molto popolati possano impedire l’adozione d’una decisione, è stato previsto che la minoranza di blocco debba comprendere almeno quattro membri del Consiglio: in caso contrario la maggioranza qualificata si considera raggiunta, indipendentemente dal criterio della popolazione.
Due clausole sono state inoltre previste, a richiesta soprattutto della Polonia. La prima di esse prevede che, fino al 31 marzo 2017, sarà sempre possibile a uno Stato membro chiedere, in occasione d’un voto, l’applicazione del sistema di ponderazione attualmente in vigore (ponderazione “di Nizza”). La seconda riprende un meccanismo simile al “compromesso di Ioannina”, allo scopo di permettere a un gruppo di Stati di poco inferiore alla minoranza di blocco di sospendere temporaneamente la decisione.
Il sistema adottato a Lisbona, nonostante le intenzioni di semplificazione, rimane piuttosto complesso. La capacità decisionale (v. anche Processo decisionale) del Consiglio dovrebbe tuttavia risultare superiore a quella che offre il sistema di Nizza. Comunque sia, ci si può chiedere se le asprezze del dibattito sul calcolo della maggioranza qualificata non siano state eccessive rispetto alle reali proporzioni del problema. Infatti, nella maggior parte dei casi, la regola del voto a maggioranza conduce al consenso, o a una constatazione consensuale dell’esistenza d’una maggioranza, senza che si proceda a un voto formale. Inoltre, i calcoli effettuati dai matematici, che hanno ispirato le posizioni dei contendenti, restano in gran parte teorici, poiché le coalizioni ipotizzate in questi calcoli sono molto spesso puramente virtuali e improbabili.
Giuseppe Ciavarini Azzi (2008)