Posizione comune del Consiglio dell’Unione europea

Con posizione comune, nell’ambito del Diritto comunitario, si era soliti riferirsi – in via generale – a una convergenza di vedute tra gli Stati membri in merito a una determinata questione politica in seno al Consiglio dell’Unione europea. Nello specifico, il raggiungimento di una posizione comune era previsto in tre casi: quale fase dell’iter legislativo nelle procedure di cooperazione e codecisione (v. Procedura di cooperazione; Procedura di codecisione), e come possibile atto della Politica estera e di sicurezza comune (PESC) e della cooperazione nei settori della Giustizia e affari interni (GAI).

La posizione comune nei processi decisionali legislativi

Nel primo caso, con posizione comune i Trattati – a partire dall’Atto unico europeo (art. 7) – erano soliti riferirsi all’adozione da parte del Consiglio dell’Unione europea delle proposte delle Commissione nella prima fase delle procedure di cooperazione e codecisione. Queste procedure legislative prevedevano difatti che il Consiglio elaborasse una posizione comune nei confronti di una proposta avanzata della Commissione, per poi comunicare tale posizione al Parlamento europeo. A seconda dell’iter percorso la posizione elaborata dal Consiglio poteva essere approvata, modificata o respinta.

La posizione comune nella PESC e nella cooperazione GAI

Nel secondo caso, la posizione comune – introdotta dal Trattato di Maastricht (1992-1993) e prevista sino all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona (2009) – era un atto riguardante i pilastri intergovernativi PESC (art. J. 2 Trattato sull’UE, TUE), e Gai (art. K. 3 TUE). L’adozione di posizioni comuni permetteva ai governi nazionali di affermare, in via ufficiale, l’esistenza in seno all’Unione europea di una visione o di obiettivi politici condivisi da tutti gli Stati, che avrebbero definito l’approccio dell’UE in merito a una data questione. Nell’ambito della PESC, ciò comportava per tutti gli Stati membri l’obbligo di conformare la condotta delle loro politiche nazionali agli indirizzi sanciti dalla posizione comune, e di esprimere e  difendere quest’ultima attraverso un’azione diplomatica coordinata nelle organizzazioni e conferenze internazionali in cui erano presenti. Analogamente, nell’ambito GAI, l’approvazione di una posizione comune mirava a favorire il coordinamento delle politiche nazionali e il perseguimento comune di alcuni obiettivi condivisi, senza tuttavia esplicitare un conseguente obbligo di conformità per gli Stati (ricavabile tuttavia dall’applicazione del principio di leale cooperazione a cui sono soggetti tutti i paesi e le istituzioni dell’UE).

Le posizioni comuni venivano adottate tramite una decisione unanime del Consiglio dell’Unione europea nella formazione ratione materie, su iniziativa di un qualsiasi Stato membro o – per alcuni casi specifici attinenti al pilastro GAI (v. art. K. 1 TUE) – della Commissione.

La PESC/PESD e la cooperazione GAI rappresentavano i due pilastri che, a fianco di quello comunitario della Comunità economica europea (CEE), componevano l’architettura ideata a Maastricht sulla quale si reggeva l’UE. Considerata perciò la natura intergovernativa degli ambiti in cui era possibile adottare delle posizioni comuni, un coinvolgimento del Parlamento europeo o della Commissione non era previsto (a esclusione, come è stato menzionato, del potere di iniziativa detenuto dalla Commissione in taluni casi). Limitata era anche la competenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, incaricata di controllare principalmente che le posizioni rispettassero l’acquis communautaire (v. Acquis comunitario).

La posizione comune post Lisbona

Il Trattato di Lisbona ha infine ridotto l’uso della terminologia “posizione comune”. Nel primo caso sopra descritto, l’adozione di atti legislativi attraverso la procedura legislativa ordinaria (PLO, ex Codecisione) prevede ormai l’adozione di semplici “posizioni” da parte del Consiglio e del Parlamento nelle diverse fasi di lettura. L’estensione della PLO alle decisioni inerenti lo Spazio di libertà, sicurezza e giustizia (ex GAI) ha fatto sì che l’adozione delle posizioni comuni persista oggi nel solo ambito PESC/PSDC (art. 25 TUE), rimasto intergovernativo. Nondimeno, anche in questo ambito il Trattato ha semplificato la denominazione degli atti attraverso i quali l’UE conduce la sua politica estera, eliminando la distinzione formale tra posizioni e azioni comuni. Entrambe sono rinominate, indistintamente, decisioni del Consiglio. Come per le precedenti posizioni, le decisioni PESC/PSDC sono prese all’unanimità dagli Stati membri sulla base degli orientamenti generali e delle linee strategiche definite dal Consiglio europeo. Alla figura dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (introdotto dal Trattato di Lisbona) è però assegnato un potere di iniziativa che si affianca a quello degli Stati membri. Infine, per facilitare l’adozione di decisioni, il Trattato vigente ha introdotto la possibilità di una cosiddetta “Astensione costruttiva” da parte di quegli Stati non interessati alla decisione ma al contempo neppure contrari a essa. In questo caso, è permesso che il paese possa astenersi non applicando la decisione, ma accettando che si impegni l’UE. Tale condizione non può verificarsi se i membri del Consiglio che ricorrono all’astensione costruttiva sono almeno un terzo degli Stati membri, che a loro volta totalizzano almeno un terzo della popolazione dell’Unione.

Lorenzo Vai (2017)