Privilegi e immunità
La questione dell’immunità e dei privilegi della Comunità europea negli ordinamenti degli Stati membri è regolata dall’omonimo Protocollo del 1965 allegato al Trattato cui l’art. 291 fa riferimento. Alla Comunità è riconosciuta un’immunità dalla sola giurisdizione esecutiva di carattere strettamente funzionale, cioè al solo scopo di salvaguardarne il funzionamento e l’indipendenza (da ultimo Corte di giustizia, ord. 14 dicembre 2004, C-1/04 SA, punto 10). L’invocazione da parte delle Istituzioni comunitarie dell’immunità e dei privilegi strettamente funzionali tanto nei confronti di privati che di autorità degli Stati membri non si sottrae al controllo giurisdizionale operato dalla Corte di giustizia delle Comunità europee (v. Corte di giustizia dell’Unione europea. Nell’ambito di tale controllo l’istituzione potrà efficacemente invocare l’immunità e i privilegi solo se dimostra i motivi imperativi attinenti alla necessità di salvaguardare gli interessi comunitari o di evitare ostacoli al funzionamento e all’indipendenza delle Comunità (v. Comunità europea del carbone e dell’acciaio; Comunità economica europea; Comunità europea dell’energia atomica) che ne giustificano il riconoscimento. Tale possibilità di ricorso è d’altronde connessa con le caratteristiche proprie dell’ordinamento comunitario da tempo affermate dalla Corte. La Comunità è un ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale (v. anche Diritto comunitario) che riconosce come soggetti non soltanto gli Stati membri, ma anche i loro cittadini e costituisce una comunità di diritto, nel senso che né gli Stati che ne fanno parte né le sue istituzioni sono sottratti al controllo della conformità dei loro atti al Trattato.
Al contrario delle altre organizzazioni internazionali, la Comunità non gode, in linea di principio, di immunità dalla giurisdizione di cognizione degli Stati membri. D’altronde «[…] le controversie nelle quali la Comunità sia parte non sono, per tale motivo, sottratte alla competenza delle giurisdizioni nazionali» (art. 241 CE). Fanno eccezione le controversie attribuite dal Trattato alla competenza esclusiva della Corte di giustizia (v. anche Trattati). Sotto il profilo che qui rileva, le controversie sulla responsabilità extracontrattuale della Comunità per i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni (artt. 235 e 288 CE) e le controversie tra la Comunità e i suoi funzionari e altri agenti, a esclusione degli agenti locali (art. 236), sono sottratte alla competenza dei giudici degli Stati membri per essere sottoposte alla competenza esclusiva del giudice comunitario. In tali casi l’esenzione della Comunità dalla giurisdizione degli Stati membri non si traduce però in una compressione del diritto del singolo a una tutela giurisdizionale (perlomeno in astratto). Le controversie relative a contratti tra privati e istituzioni comunitarie (anche se funzionali e strumentali al raggiungimento dei fini propri della Comunità) non sono, invece, coperte da immunità e rientrano nella giurisdizione di cognizione dei giudici nazionali degli Stati membri, se competenti in base al proprio ordinamento nazionale.
Secondo il protocollo del 1965 «[…] i beni e gli averi delle Comunità non possono essere oggetto di alcun provvedimento di coercizione amministrativa o giudiziaria senza l’autorizzazione della Corte» (art. 1) e i locali e gli edifici della Comunità nonché gli archivi sono inviolabili (art. 2), fatto salvo il limite generale dell’obbligo di leale collaborazione con gli Stati membri (art. 10 CE) e in particolare con le autorità giudiziarie degli stessi «incaricate di vigilare sull’applicazione e sul rispetto del diritto comunitario nell’ordinamento giuridico nazionale» (CG ord. 13 luglio 1990, causa 2/88-IMM, punto 18). In virtù dell’obbligo di leale collaborazione, quando sia chiesta alla Corte l’autorizzazione all’esecuzione di provvedimenti esecutivi su beni o averi della Comunità (come i pignoramenti o i sequestri conservativi ordinati da giudici nazionali presso una istituzione comunitaria, su cui da ultimo CG ord. 14 dicembre 2004, cit.) o di provvedimenti amministrativi di carattere coercitivo (come la richiesta da parte di un’autorità amministrativa nazionale di accedere agli edifici e locali di una istituzione al fine di compiere degli accertamenti: CG ord. 17 dicembre 1968, 2/68), tali provvedimenti non saranno autorizzati quando incidano ad esempio sul finanziamento di politiche comuni o di programmi di azione stabiliti dalle Comunità (CG ord. 14 dicembre 2004, cit., punto 14).
I funzionari e gli agenti delle Comunità «godono dell’immunità di giurisdizione per gli atti compiuti in veste ufficiale» e di altri privilegi (tra cui l’esenzione da imposte nazionali per stipendi ed emolumenti versati dalla Comunità, le agevolazioni in materia valutaria e cambiaria di cui normalmente godono i funzionari delle organizzazioni internazionali) (art. 12 Prot.). Tali prerogative non sono personali ma attribuite nell’esclusivo interesse della Comunità (art. 18 par. 1 Prot.). Esse «assumono carattere funzionale in quanto mirano a evitare ostacoli al funzionamento e all’indipendenza delle Comunità» (Tribunale di primo grado, sent. 29 marzo 1995, T-497/93, punto 48) e non proteggono il funzionario o l’agente da procedimenti giudiziari (civili e penali) di cui siano parte negli Stati membri per fatti estranei all’esercizio delle loro funzioni (d’altronde i rapporti giuridici privati dei dipendenti con altri privati sono regolati dal diritto nazionale applicabile ex art. 23 par. 1 dello Statuto dei funzionari). Ne consegue innanzitutto che l’istituzione ha l’obbligo di non avvalersi dell’immunità attribuita al proprio funzionario o agente tutte le volte che ritenga «che ciò non sia contrario agli interessi delle Comunità» (art. 18 par. 2); in secondo luogo, in virtù del proprio dovere di collaborazione leale con le autorità nazionali, ha l’obbligo di dare seguito ai provvedimenti o richieste di informazioni delle autorità nazionali, quali un’ordinanza di pignoramento presso l’istituzione comunitaria della retribuzione di un proprio dipendente (TPG sent. 29 marzo 1995, cit., punto 50-51) o la trasmissione delle informazioni richieste dalle autorità di polizia nell’ambito di un’indagine sulla commissione da parte di un dipendente di un reato estraneo all’esercizio delle sue funzioni (CG sent. 5 ottobre 1988, 180/87). Tuttavia in tale circostanza un’erronea valutazione da parte dell’istituzione comunitaria potrebbe integrare la violazione dell’obbligo di assistere i propri funzionari quando siano oggetto di azioni da parte di terzi a motivo delle loro qualità e funzioni, obbligandola al risarcimento dei danni (art. 24 Statuto).
L’art. 3 par. 1 del Prot. prevede per le Comunità, i loro beni, entrate e averi «un’esenzione incondizionata e generale» da qualsiasi imposta nazionale diretta (CG sent. 26 ottobre 2006, C-199/05, punto 31) e solo «l’abbuono o il rimborso dell’importo dei diritti indiretti e delle tasse sulla vendita compresi nei prezzi dei beni immobili e mobili, quando le Comunità effettuino per il loro uso ufficiale, acquisti considerevoli il cui prezzo comprenda diritti e tasse di tale natura» (art. 3 par. 2). Tale rimborso o abbuono non è limitato agli acquisti di beni in senso stretto ma si estende anche alle operazioni aventi a oggetto prestazioni di servizi (CG sent. 28 marzo 1996, C-191/94, punti 33-36). L’esenzione fiscale della Comunità non è incondizionata e illimitata ma è sottoposta alla presenza di alcune condizioni. La prima è che i diritti e le tasse indiretti devono essere inclusi nel prezzo dei beni e dei servizi oggetto dei contratti stipulati dalle Comunità (CG sent. 26 ottobre 2006, C-199/05, punto 32); la seconda consiste nella necessità che venga provato dall’istituzione che «il pagamento di tali imposte sia idoneo a minare l’indipendenza della Comunità e ad ostacolare il suo buon funzionamento» (CG sent. 26 ottobre 2006, cit., punto 43).
L’art. 8 Prot. garantisce la libertà di movimento dei membri del Parlamento europeo (PE) per e da il luogo di riunione e prevede alcune agevolazioni in materia doganale e cambiaria. I membri del PE non possono essere ricercati, detenuti o perseguitati per le opinioni o i voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni (art. 9 Prot.) e godono, per tutta la durata delle sessioni come definite nel Regolamento interno, dell’immunità di cui godono i parlamentari nazionali nel paese membro di origine e dell’immunità da ogni provvedimento di detenzione o procedimento giudiziario sul territorio degli altri Stati membri (art. 10 par. 1 Prot.). Tale immunità non può essere invocata nel caso di flagrante delitto ed è in ogni caso fatto salvo il diritto del Parlamento di togliere l’immunità a uno dei suoi membri, disciplinato dagli artt. 6 e 7 Reg. interno PE.
Anna De Luca (2009)