Il c.d. “Rapporto MacDougall” è un documento, elaborato nel periodo aprile 1975-marzo 1977 su richiesta della Commissione europea da un gruppo di esperti di finanza pubblica guidati e coordinati da George Donald Alastair MacDougall, contenente uno studio sul ruolo della finanza pubblica nell’Unione economica e monetaria.
Il Rapporto MacDougall, che venne pubblicato nell’aprile del 1977, partiva dall’analisi del ruolo che aveva la finanza pubblica nei contesti nazionali, paragonandolo successivamente a quello svolto nell’ambito delle Comunità europee (v. Comunità economica europea). Esso ha rappresentato un primo tentativo di applicare i principi del federalismo fiscale (v. anche Federalismo) al processo di integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della). L’idea di fondo era che la Comunità avrebbe dovuto svolgere un ruolo redistributivo a vantaggio dei paesi poveri, penalizzati dall’integrazione economica come anche dalle esternalità e dagli spillover. Il Rapporto MacDougall suggeriva inoltre la possibilità di attuare un meccanismo perequativo gestito dalla Comunità.
Sulla base di questi studi e considerando che al momento della pubblicazione del documento la spesa pubblica delle Istituzioni comunitarie era all’incirca dello 0,7% del PIL della Comunità, il Rapporto MacDougall individuava tre distinti livelli di integrazione economica, che avrebbero dovuto essere raggiunti progressivamente. Per un primo periodo (pre-federal integration period) si raccomandava di dotare il bilancio comunitario (v. Bilancio dell’Unione europea) di una possibilità di spesa pari al 2-2,5% del prodotto interno lordo, con lo scopo di stabilizzare le fluttuazioni congiunturali e uniformare le condizioni di vita. Si sarebbe poi passati al 5-7% del prodotto interno lordo (7,5-10 includendo la difesa), in cui l’offerta dei servizi sociali e assistenziali sarebbe rimasta in carico agli Stati membri, in modo da creare e favorire le condizioni per l’Unione monetaria, sulla cui fattibilità comunque si esprimeva qualche dubbio; tale cifra era sicuramente più modesta rispetto a quella solitamente prevista dagli Stati federali, e rispetto alla quale gli stessi autori erano abbastanza scettici, ma essa rappresentava comunque un aumento consistente rispetto allo 0,7% dell’epoca. Infine, il Rapporto MacDougall riteneva possibile concepire, presumibilmente in una data “distante”, una forma federale per l’Europa in cui la spesa pubblica federale sarebbe stata pari al 20-25% del prodotto interno lordo.
Nel Rapporto MacDougall si confrontava la situazione dell’allora Comunità con varie unioni, incluse quelle federali. La gran parte del lavoro consiste infatti in un dettagliato studio quantitativo della finanza pubblica in cinque federazioni (Germania, Stati Uniti d’America, Canada, Australia e Svizzera) e tre Stati unitari (Francia, Italia, Regno Unito) e delle relazioni finanziarie tra i diversi livelli di governo, nonché degli effetti economici della finanza pubblica sulle regioni geografiche interne agli otto paesi esaminati. L’analisi si basava sulla ricerca di economie di scala e spillover, con particolare enfasi sul ruolo redistributivo del livello centrale. Il Rapporto MacDougall giungeva a dire che l’Unione avrebbe dovuto svolgere un ruolo sempre più importante nella redistribuzione, partendo dall’osservazione che la spesa pubblica totale negli Stati esaminati si aggirava intorno al 45% del prodotto interno lordo e al 20-25% a livello centrale, contro l’1% della Comunità, osservando che le disparità territoriali evidenziate erano paragonabili a quelle tra gli Stati dell’Unione (prima dei trasferimenti) e sottolineando che gli Stati in esame ottenevano una redistribuzione media (tra trasferimenti e tasse) del 40%1. Pur riconoscendo che difficilmente ciò sarebbe potuto accadere in pochi anni, il Rapporto MacDougall intendeva comunque tracciare un possibile scenario della finanza pubblica europea per il decennio successivo e proporre alcune indicazioni di massima. La rilettura del Rapporto risulta particolarmente interessante alla luce degli avvenimenti successivi, mostrando come l’afflato europeista fosse, da un lato, molto più pronunciato, come si evidenzia dall’ampiezza dell’ipotizzato intervento “federale” dell’Unione, e, dall’altro lato, più scettico, rispetto ad esempio alle possibilità dell’Unione monetaria.
Il Rapporto MacDougall fu ampiamente discusso, ma pochi furono i risultati concreti che ne sortirono: tra questi ultimi la proposta della Commissione sulle e l’aumento dei fondi strutturali.
Raffaele Torino (2010)