Rappresentanze permanenti presso l’Unione europea
Le rappresentanze permanenti presso l’Unione europea sono le rappresentanze accreditate da ciascun paese membro presso l’Unione europea a Bruxelles. Esse svolgono due funzioni principali: rappresentano le posizioni degli Stati membri presso le Istituzioni comunitarie, e segnatamente presso il Consiglio europeo e tengono informate le proprie capitali in relazioni alle decisioni (v. Decisione) prese nell’ambito delle istituzioni europee. Le rappresentanze permanenti, quindi, prendono parte sia alla fase ascendente sia alla fase discendente del Processo decisionale europeo. Nonostante esplichino una funzione decisiva di raccordo tra istituzioni comunitarie e Stati membri, le rappresentanze permanenti non furono previste esplicitamente dai Trattati istitutivi delle Comunità europee (v. Comunità economica europea; Comunità europea dell’energia atomica). Infatti, il Trattato di Parigi che istituiva la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) non le prevedeva. Tuttavia, fin dalla prima riunione del Consiglio dei ministri della CECA, si fece viva l’esigenza di un adeguato lavoro preliminare che rendesse più semplice e veloce l’adozione delle decisioni da parte dei ministri degli Stati membri in seno al Consiglio. Per tale motivo, lo Speciale consiglio dei ministri decise nel febbraio del 1953 la creazione di un Comitato di coordinamento (Comité di co-ordination in francese, da cui l’acronimo COCOR) ai sensi dell’articolo 10 del proprio regolamento interno provvisorio. Il COCOR, che si riunì per la prima volta nella sessione del Consiglio del 5 marzo 1953, aveva la duplice funzione di preparare gli incontri del Consiglio e di effettuare gli studi commissionati dai ministri dei paesi membri. I Trattati istitutivi della Comunità economica europea (CEE) e dell’Euratom (o CEEA, Comunità europea dell’energia atomica) prevedevano, rispettivamente all’articolo 151 e all’articolo 121, la possibilità per i propri regolamenti interni di istituire organi analoghi al COCOR. Una forte spinta verso l’istituzione di tali organi proveniva dal Comitato che porta il nome di Paul Henri-Charles Spaak (v. anche Comitato Spaak), che riuniva, a partire dalla Conferenza di Messina del giugno 1954, i ministri degli Affari esteri di Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Olanda (v. Paesi Bassi), sotto la guida del ministro degli Esteri belga Paul-Henri Spaak.
I membri del COCOR vennero qualificati come “rappresentanti permanenti” a partire dalla riunione dei ministri degli Affari esteri della CEE del 6-7 gennaio 1958. Parimenti, il comitato che essi formavano venne chiamato Comitato dei rappresentanti permanenti, e fu generalmente chiamato con l’acronimo francese COREPER (Comité des représentants permanents). Ciascuno dei sei paesi fondatori iniziò, quindi, a nominare un proprio rappresentante presso le Comunità europee, ossia presso la CEE, la CECA e l’Euratom. Ben presto, con il progressivo estendersi delle funzioni delle Comunità europee, che perseguivano allora l’obiettivo della creazione di un mercato comune europeo (v. Comunità economica europea), i sei paesi fondatori cominciarono ad affiancare al rappresentante permanente, di solito un ambasciatore di prima fascia, altri diplomatici e funzionari provenienti da altri ministeri nazionali. In questo modo, attorno alla figura del rappresentante permanente si vennero a creare le rappresentanze permanenti presso le Comunità europee (a partire dall’entrata in vigore del Trattato di Maastricht, furono chiamate rappresentanze permanenti presso l’Unione europea).
Dal punto di vista del diritto internazionale, le rappresentanze permanenti sono missioni diplomatiche istituite tramite un atto unilaterale del governo in questione. Al pari di quanto si verifica per le rappresentanze diplomatiche presso le organizzazioni internazionali, non esiste una procedura di accreditamento del rappresentante permanente presso le istituzioni europee. Tuttavia, il governo belga decise l’applicazione dell’articolo 10 del Protocollo sui privilegi e le immunità diplomatiche del Trattato di Roma (v. Trattati di Roma). In base a questa decisione, le rappresentanze permanenti e i loro membri godevano degli stessi privilegi riservati alle ambasciate presenti sul territorio belga.
Con l’intensificarsi del processo di integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della), le rappresentanze e i rappresentanti permanenti hanno conosciuto un significativo aumento dei propri compiti e responsabilità. In particolare, non è solamente accresciuto il loro ruolo negoziale e di rappresentanza, ma anche quello di raccordo tra governi nazionali e istituzioni europee. Alla tradizionale funzione diplomatica e negoziale, infatti, si è aggiunta l’importante funzione di coordinamento dell’azione degli Stati membri a livello europeo.
A capo delle rappresentanze permanenti gli Stati membri nominano un diplomatico, generalmente un ambasciatore di prima fascia, che funge da rappresentante presso il COREPER II, che è la formazione del COREPER che si occupa delle materie di maggior rilievo politico, quali le relazioni esterne dell’UE, le questioni istituzionali e quelle aventi le maggiori implicazioni finanziarie. Il vicerappresentante permanente è, di solito, un ministro plenipotenziario, e rappresenta il proprio paese alle riunioni del COREPER I. Queste sono riservate a materie più prettamente tecniche, e riguardano, per lo più, enti settori di attività del Consiglio quali mercato interno, ambiente (v. anche Politica ambientale), affari sociali (v. anche Politica sociale), trasporti (v. anche Politica comune dei trasporti della CE), pesca (v. anche Politica comune della pesca), ecc.
La predisposizione dei lavori del COREPER II è affidata ai cosiddetti membri del “gruppo Antici” (dal nome da un diplomatico italiano, Paolo Massimo Antici, che durante la presidenza italiana del 1975 istituzionalizzò le riunioni degli assistenti dei Rappresentanti permanenti presso l’allora CEE, allo scopo di predisporre l’ordine del giorno del COREPER), costituito per lo più dagli assistenti dei rappresentanti permanenti, i funzionari Antici, per l’appunto. I membri del gruppo Antici, inoltre, hanno anche la funzione di prendere le note sull’andamento dei lavori dei Consigli, secondo quanto viene riferito dal Segretariato del Consiglio, e di trasmetterle alle rispettive delegazioni nazionali. I funzionari “Mertens” svolgono per il COREPER I la stessa funzione che i funzionari Antici svolgono per il COREPER II. Inoltre, anche i consiglieri per la Politica estera e di sicurezza comune (PESC), e i consiglieri per l’Allargamento si riuniscono con frequenza al fine di affrontare le questioni che saranno poi negoziate a livello di COREPER e di Consiglio dei ministri.
Le dimensioni della rappresentanza permanente dipendono principalmente, anche se non esclusivamente, dalla grandezza del paese membro: così, ad esempio, nel 2000, i membri delle rappresentanze permanenti andavano da un minimo di 13, nel caso del Lussemburgo, a un massimo di 79, nel caso della Germania.
Da un raffronto temporale delle dimensioni delle varie rappresentanze, emerge con evidenza, inoltre, l’aumento del personale: ad esempio, la rappresentanza italiana nel 1965 disponeva di 22 membri, che diventarono 49 nel 2000. Parimenti, la Francia passa da 18 membri nel 1965 a 70 nel 2000.
Per quanto riguarda la rappresentanza permanente italiana, vi si trovano funzionari distaccati dai ministeri dell’Agricoltura, dell’Ambiente, dell’Economia, dell’Interno, della Giustizia, ecc. Durante il semestre di Presidenza dell’Unione europea, durato dal primo luglio al 31 dicembre 2003, l’Italia ha accresciuto temporaneamente il proprio organico, facendo ricorso sia a funzionari distaccati dai ministeri sia a consulenti esterni, allo scopo di far fronte agli accresciuti impegni. L’accrescimento temporaneo dell’organico delle rappresentanze permanenti è, peraltro, una misura comune a tutti i paesi membri durante il semestre in cui detengono la presidenza dell’Unione.
Michele Comelli (2009)