Renger, Annemarie
R., nata Wildung, vide la luce il 7 ottobre 1919 a Lipsia, in Germania, da una famiglia che aveva profonde radici nella tradizione socialdemocratica. Il padre, falegname, era stato una figura di primo piano nel Movimento sportivo operaio. R. era l’ultimogenita di sei figli, quattro maschi e due femmine, una delle quali morì poco dopo la nascita. La madre, originaria della Slesia, era cresciuta in povertà e all’età di 16 anni si trasferì a Berlino, dove si sposò presto. Nel 1907 fu una delle prime donne a unirsi ai socialdemocratici e a far parte del Club operaio di ginnastica. Il padre di R., anch’egli di origini contadine, studiò da autodidatta e si trasferì a Berlino, dove fu cofondatore dell’Organizzazione per l’istruzione operaia, e divenne presidente del Club operaio di ginnastica di Berlino. All’epoca, il Movimento sportivo operaio era un’organizzazione sia sociale che culturale, che si proponeva di liberare le classi sottoprivilegiate dalla miseria e di educarle alla fiducia di sé, onde evitare che ricadessero nell’alcolismo. Sebbene indipendente sotto il profilo organizzativo dal Partito socialdemocratico tedesco (Sozialdemokratische Partei Detuschlands, SPD), politicamente il Movimento era strettamente collegato a esso. Nel 1907 il padre di R. divenne caporedattore del “Giornale operaio della ginnastica” a Lipsia, dove nacque R.
Nel 1924 la famiglia si trasferì nuovamente a Berlino, dove il padre divenne segretario della Commissione centrale per gli sport e l’igiene degli operai. L’antica capitale tedesca influenzò la personalità della giovane: umorismo tagliente, autoironia e risolutezza sarebbero stati i tratti tipici del suo carattere. R. entrò ben presto a far parte delle organizzazioni giovanili socialdemocratiche, come quella dei Falchi rossi. Nel 1931 il padre fu cofondatore del Fronte di ferro, una unione di socialdemocratici, sindacati e una organizzazione multipartitica che difendeva la Repubblica di Weimar e la democrazia, il cui obiettivo era quello di una ferma opposizione ai nazionalsocialisti, ai comunisti e alla nobiltà conservatrice.
Grazie al padre, R. poté entrare in contatto con eminenti figure politiche della socialdemocrazia. Le sue idee politiche furono influenzate in modo duraturo dal suo retroterra socialdemocratico, dall’esperienza della Repubblica di Weimar, specialmente nei confronti dei comunisti, che il padre giudicava di ostacolo alla Repubblica, e dall’emergere del nazionalsocialismo. L’ascesa di Hitler, il Terzo reich e la Seconda guerra mondiale – vissuta a Berlino sottoposta a pesanti bombardamenti e successivamente nella brughiera di Lünebug., dove R. si rifugiò con i suoi familiari – fecero il resto. Nonostante il padre avesse perso il lavoro e la famiglia fosse perseguitata, riuscì a scampare al carcere e ai campi di concentramento durante il Terzo reich.
R. fu costretta ad abbandonare il liceo femminile, con il pretesto che non era possibile concederle un sussidio, e di conseguenza dovette fare un periodo di tirocinio in diverse case editrici, svolgendo varie mansioni. Nella prima casa editrice in cui lavorò incontrò Emil Ranger, un pubblicitario con un analogo retroterra socialdemocratico. I due si sposarono nel 1938, e pochi mesi dopo nacque il figlio Rolf. Il matrimonio tuttavia fu di breve durata. Emil morì in Francia nel 1944, in un periodo in cui la sua presenza a Parigi non poteva più essere giustificata da un coinvolgimento in azioni belliche. Oltre a quella del marito, la guerra e il dopoguerra costarono a R. la perdita di tre fratelli.
R. aveva un temperamento assai vivace, e fin da bambina era stata abituata a dimostrarsi sicura di sé e a dire quello che pensava, senza però essere scortese. Il suo temperamento, le sue convinzioni politiche e la sua apertura mentale le causarono vari problemi durante il periodo nazista. Il carattere deciso contrassegnò tutta la carriera politica di R. Senza dubbio, fu esso che la indusse dopo la Seconda guerra mondiale a contattare coraggiosamente Kurt Schumacher, che all’epoca andava riorganizzando i socialdemocratici in Germania. R. aveva deciso in quegli anni di entrare di politica. Quando nel giugno del 1945 lesse i discorsi di Kurt Schumacher sul giornale, rimase affascinata dal contenuto proeuropeo e antinazionalista, e cercò immediatamente di conoscerlo. Chiedendo direttamente a Schumacher di poter lavorare per lui come segretaria, R. cercava di realizzare il sogno giovanile di diventare segretaria di partito, e ci riuscì.
In quanto parlamentare socialdemocratico durante la Repubblica di Weimar, Schumacher era stato internato per dieci anni nei campi di concentramento, Nell’ottobre del 1945 R. cominciò a lavorare nell’ufficio di Schumacher ad Hannover, sede provvisoria del direttivo del Partito socialdemocratico (Sozialdemokratische Partei Deutschlands, SPD). Negli anni successivi divenne segretaria privata, consulente personale, compagna di viaggio, e ben presto anche la più stretta alleata politica dell’uomo che avrebbe guidato la politica postbellica della SPD della Germania occidentale occupata nei successivi sette anni. Dopo il padre, fu Schumacher il mentore politico di R., e le preparò la strada alla sua carriera politica nella Germania postbellica.
Iniziava così quello che la stessa R. ebbe a definire il suo “apprendistato politico”. Schumacher fu uno strenuo oppositore sia dei nazionalsocialisti sia dei comunisti, fortemente sostenuti nella Germania orientale. Per quanto riguarda la Germania, egli era favorevole alla sua ricostruzione come forte Stato federale, e non come semplice confederazione di Länder, come alcuni avrebbero voluto, evitando però anche un centralismo eccessivo. Egli desiderava unificare la Germania nel quadro dell’integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della), una Germania che fosse una componente dell’Europa su un piano di parità con le altre, nazionale ma non isolata e nazionalista. Tuttavia, Schumacher era contrario a una integrazione europea che sfociasse in uno Stato sovranazionale, in quanto temeva che ciò avrebbe potuto impedire l’unificazione. Pertanto, si oppose a quello che definiva il “corso secessionista” di Konrad Adenauer, ed era altresì contrario all’annessione prima che fosse concluso un trattato di pace. Inoltre, egli avversava fieramente lo smantellamento dell’economia tedesca, e non ebbe paura di scontrarsi con il ministro degli Affari esteri britannico Ernest Bevin su questo tema. Attraverso la ricostruzione, i tedeschi avrebbero imparato da sé che la democrazia è il tipo migliore di Stato. La visione di Schumacher – centrata sull’Europa ma orientata alla riunificazione – trovò espressione nel 1947 nella cosiddetta “teoria del magnete”, che invocava una stabilizzazione economica della Germania occidentale affinché potesse richiamare a sé la parte orientale.
Schumacher fu eletto presidente della SPD della Germania occidentale nel 1946, e ciò segnò la scissione definitiva con la socialdemocrazia della Germania orientale, che nel frattempo era stata costretta a fondersi con i comunisti. La vita all’epoca era difficile, e Schumacher e R. spesso dovettero far ricorso agli aiuti alimentari inviati dagli Stati Uniti per non soccombere alla fame.
R., essa stessa ora membro del partito, guidò nel 1946-1947 l’ufficio di collegamento dell’esecutivo del partito a Berlino. Qui, l’entusiasmo per le idee socialdemocratiche per la prima volta attirò l’attenzione sulle sue qualità politiche. Di tanto in tanto, R. aiutò i rifugiati dell’Est a scappare nella Germania occidentale. Durante questi primi anni del dopoguerra, R. incontrò molti socialdemocratici che successivamente sarebbero diventati figure importanti nella vita politica tedesca, tra cui Carlo Schmid, Erich Ollenhauer, Ernst Reuter, Herbert Wehner, o Willy Brandt. Nella sua carica, R. partecipò attivamente la ricostruzione di una SPD unificata e della Germania postbellica, le cui basi furono poste da personaggi come Schumacher e Adenauer. Quando Schumacher subì l’amputazione di una gamba a seguito di una malattia nel 1948, R. divenne anche infermiera e governante dell’uomo politico sino alla sua morte, avvenuta nel 1952. Con l’aiuto di R., Schumacher continuò a essere influente sulla scena politica, ad esempio in relazione all’adozione del Costituzione tedesca (Grundgesetz, Legge fondamentale) nel 1949, o successivamente come presidente del gruppo parlamentare della SPD nel primo parlamento (Bundestag) tedesco. All’epoca, i due si erano trasferiti a Bonn, nuova capitale provvisoria della Germania.
Dopo la morte di Schumacher, R. si presentò alle elezioni per il Bundestag, e nel 1953, all’età di 33 anni, ottenne un seggio nella lista regionale dello Schleswig-Holstein, in quanto la sua città natale, Lipsia, si trovava ora nella Germania orientale. La sua circoscrizione elettorale era Pinneberg-Elmshorn, nello Schleswig-Holstein. Per ragioni interne al partito, nel 1969 R. passò alla circoscrizione elettorale di Neuss-Dormagen, nel Nord Reno-Westfalia. Questa prima candidatura fu l’inizio di una carriera che le avrebbe valso un giorno il titolo di la grand dame della socialdemocrazia tedesca – titolo senz’altro meritato date le convinzioni politiche di R., sempre espresse chiaramente e con dignità, e che dimostra la considerazione di cui essa godeva anche al di fuori del suo partito. Nel 1954 R. perse il padre, e la madre si prese cura della casa della figlia per i successivi nove anni.
Dal 1954 al 1990 R. fu membro del Bundestag. In questo ruolo, partecipò a varie commissioni ed enti, tra cui la commissione per gli Affari interni, la commissione per gli Aiuti allo sviluppo, la commissione per gli Affari esteri, la commissione speciale per la Riforma del diritto penale, o il Comitato misto, che assolve le funzioni del Bundestag e del Bundesrat (Consiglio federale) per questioni relative alla difesa. Nel 1969 R. divenne uno dei quattro segretari parlamentari della SPD nel Bundestag, dove fu responsabile delle finanze, del personale, della partecipazione alle commissioni e della presenza nel gruppo parlamentare. R. fu la prima donna a detenere tale incarico, e lo ricoprì con successo tra il 1969 e il 1972: data l’importanza della “maggioranza del cancelliere” nel sistema politico tedesco, ella cercò di non perdere nemmeno un voto per la colazione social-liberale al governo. Tuttavia la carriera parlamentare di R. non terminò qui. Nel 1972 la SPD e il suo cancelliere Willy Brandt, dopo lo scioglimento del Bundestag vinsero le successive elezioni, e ciò fu visto come una conferma degli Ostverträge (Patti orientali). Poiché la SPD ottenne anche la maggioranza dei seggi in parlamento, R. divenne la prima donna – e il primo esponente della socialdemocrazia del dopoguerra – a ricoprire la carica di presidente del Bundestag tedesco, la seconda carica dello Stato, conservandola sino al 1976, quando i cristiano-democratici presero il sopravvento.
Nel frattempo R. aveva incontrato Aleksandar (“Saša”) Lončarević, un economista iugoslavo che lavorava all’epoca all’ambasciata iugoslava di Bonn, e durante la Seconda guerra mondiale era stato attendente medico nell’esercito partigiano di Tito. Dapprima funzionario del ministero dell’Economia, Aleksander fu dopo la guerra uno dei primi funzionari iugoslavi a lavorare per la liquidazione dei danni di guerra e il rimpatrio dei prigionieri di guerra in Germania. Dopo la rottura delle relazioni diplomatiche con la Repubblica iugoslava nel 1957, Alxeander espatriò e chiese la cittadinanza tedesca, senza incontrare difficoltà da parte delle autorità iugoslave. R. e Alexander si sposarono nel 1965. Persino il giorno del matrimonio, avvenuto il 10 dicembre 1965, R. non mancò all’assemblea generale annuale della SPD nella sua circoscrizione, dimostrando la sua fedeltà e il suo senso di responsabilità nei confronti del partito. Dopo la politica di apertura della SPD avviata con il programma di Bad Godesberg, R. divenne membro dell’esecutivo del partito nel 1962, dove rimase sino al 1973, dal 1970 al 1973 addirittura al suo vertice, la presidenza. Negli anni successivi ricoprì altri incarichi all’interno del partito, tra cui quello di presidente della Commissione femminile federale della SPD dal 1966 al 1973, e quello di membro della Commissione di controllo della SPD dal 1979 al 1983.
Nel corso della sua carriera politica, R. si sentì impegnata a raccogliere l’eredità del padre e di Schumacher. Così all’interno della SPD fu membro della fazione dei cosiddetti Kanalarbeiter (“operai addetti alla canalizzazione”), poi Seeheimer Kreis, una frangia tradizionalista del partito legata ai sindacati e opposta ad alcune cerchie di intellettuali favorevoli alla cooperazione con i comunisti. Ciò si dovette indubbiamente alle esperienze di R. durante la Repubblica di Weimar e nel periodo successivo, che l’avevano convinta del carattere dittatoriale del comunismo. Era ovvio pertanto che essa non vedesse di buon occhio tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta l’affermarsi in Europa – e specialmente in Germania – di un movimento di sinistra, che invase anche il suo stesso partito. R. mantenne la posizione socialdemocratica tradizionale, marxista ma anticomunista. Inoltre, era convinta che il merito della socialdemocrazia nel dopoguerra fosse stato quello di integrare nello Stato ampie categorie di lavoratori. Per tutta la vita R. stessa fu iscritta a un sindacato. A suo parere, la nuova Seconda repubblica tedesca doveva tenersi lontana dagli estremismi tanto di destra quanto di sinistra.
Negli anni seguenti, R. dimostrò questo punto di vista attraverso il suo sostegno alla campagna per la firma del documento “Sei tesi per l’identità della socialdemocrazia” (il cosiddetto “documento Löwenthal”) del 1981. Questo controverso documento fu percepito come una presa di posizione contro la via dell’integrazione di Willy Brandt da parte di gruppi marginali della SPD. D’altro canto, R. sostenne sempre la politica di Helmut Schmidt.
Tuttavia nel 1973, quando l’ala a sinistra del partito prese il sopravvento, le posizioni politiche di R., all’epoca presidente del Budestag, ne causarono l’esclusione dall’esecutivo della SPD. Indotta dalle esperienze del Terzo reich a rifiutare la democrazia diretta e popolare, ma avversa anche all’attenzione unilaterale per le questioni ambientali e il movimento per la pace, R. non era più il candidato ideale. In questo stesso periodo il suo secondo marito morì per un attacco cardiaco. In queste circostanze non era facile assolvere i compiti richiesti dalla sua nuova carica di presidente del Bundestag, ma R. vi riuscì con naturale dignità e senso di responsabilità. Nonostante le forti pressioni e le critiche di alcune femministe, R. fu all’altezza del suo mandato. Al termine della presidenza, poté affermare, con la sicurezza di sé che la contraddistingueva, di aver dimostrato che una donna era perfettamente in grado di ricoprire tale carica.
R. fu indubbiamente una pioniera dei diritti delle donne, ma prese le distanze dal femminismo, cercando di dimostrare con il suo operato che le rivendicazioni femminili erano giuste e incoraggiando altre donne a seguire il suo esempio. Tuttavia, R. non esitò a prendere posizione in favore di un miglioramento della parificazione dei diritti. Così, quando era presidente del Bundestag, promosse le norme sul lavoro part-time nel servizio pubblico e fece istituire un asilo infantile in parlamento. Si fece altresì promotrice di un’iniziativa per la parificazione salariale, incoraggiando le donne a denunciare in tribunale i casi di trattamento salariale iniquo. Tuttavia le sue posizioni antifemministe le crearono alcuni problemi anche all’interno della Commissione femminile federale della SPD, di cui detenne la presidenza fino a quando non dovette lasciare l’esecutivo del partito, nel 1972.
Nel 1976, con la nomina a presidente del Bundestag del cristiano-democratico Karl Carstens, R. conservò la vicepresidenza della SPD sino al 1990. Negli stessi anni rimase nell’esecutivo del gruppo parlamentare socialdemocratico nel Bundestag. Nel 1979 si ebbe un altro evento saliente nella lunga e ricca carriera politica di R. allorché essa divenne la prima donna candidata alla carica di presidente federale. Poiché la distribuzione dei voti all’interno della Convenzione federale era stata a favore dei conservatori, fu battuta da Karl Carstens.
Dieci anni dopo R. dovette sicuramente pensare di aver raggiunto lo scopo della sua carriera politica quando, il 9 novembre 1989, avvenne la caduta del Muro di Berlino. Fu R., che aveva lottato per tutta la vita per la Riunificazione tedesca e non aveva mai abbandonato le speranze di vederla realizzata, ad annunciare presiedendo l’assemblea plenaria del Bundestag in quel giorno ciò che si stava verificando al confine intratedesco nella città di Berlino. La convinzione di R. che il comunismo sarebbe fallito per la sua incoerenza interna trovava conferma in questi eventi. Tuttavia, per ragioni d’età, R. non si presentò alle elezioni successive, che si svolsero nel 1990.
Strettamente legate alla posizione in merito alla riunificazione tedesca erano le idee di R. sulle questioni internazionali, in particolare sull’Europa. R. iniziò presto la sua carriera internazionale in qualità di membro dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’europa, e dell’Unione dell’Europa occidentale (UEO) dal 1960 al 1967. Sull’integrazione europea essa condivideva le opinioni di Schumacher. Convinta che l’Unione europea fosse una necessità dettata da ragioni economiche e politiche, avversava nondimeno l’idea di una legislazione sovranazionale, che a suo avviso avrebbe minacciato la struttura federativa della Germania, ma riteneva necessari incontri e conferenze internazionali per una intesa comune. R. propose contatti ufficiali tra i due parlamenti tedeschi, il Bundestag e la Volkskammer (Camera popolare), già nel 1973, assai prima che tale idea si affermasse nelle cerchie politiche delle due Germanie alla metà degli anni Ottanta. Sempre nel 1983 guidò il primo viaggio di una delegazione parlamentare in Unione Sovietica. R. fu una sostenitrice della Ostpolitik di Brandt e della costituzione dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE). Tuttavia, ogniqualvolta i Diritti dell’uomo venivano violati, ad esempio durante la primavera di Praga, o da un dittatore, criticava ogni comportamento diplomatico – del suo partito, del suo paese o dell’Occidente – che non implicasse una decisa presa di posizione.
R. nutriva una simpatia speciale per l’America, in ragione al suo contributo alla ricostruzione dell’Europa nel dopoguerra, ma anche per Israele. Oltre a effettuare numerosi viaggi in questo paese a partire dal 1967, R. si schierò spesso apertamente a favore di Israele e contro il razzismo, contribuendo alla riconciliazione tra Germania e lo Stato israeliano. Ciò le valse la fiducia di vari politici israeliani. Dal 1976 al 1987 fu presidente del Gruppo parlamentare tedesco-israeliano (Gruppo dell’amicizia). Israele la ringraziò per il suo impegno con numerosi riconoscimenti. L’Università ebraica di Gerusalemme la nominò Accademico onorario nel 1987; nel 1991 le fu conferita la laurea honoris causa dalla Facoltà di filosofia dell’Università Ben Gurion del Negev; nel 1992 ricevette la Medaglia Buber-Rosenzweig della Società per la cooperazione cristiano-ebraica. Anche la Germania ringraziò R. per il suo impegno politico. Nel 1974 ricevette il Grande ordine al merito della Repubblica federale di Germania. Inoltre, R. fu membro o presidente di diverse organizzazioni umanitarie, sia sociali che politiche, come la Società Kurt Schumacher (di cui fu presidente nel 1991). Attualmente, è presidente di oltre 20 organizzazioni.
Claudia Kissling (2007)