R. nasce il 19 novembre 1899 da una famiglia di agiata borghesia di origini ebraiche e di radicate tradizioni risorgimentali. Sia il padre, Giuseppe Emanuele, sia la madre, Amelia Pincherle, avevano partecipato al Risorgimento e Giuseppe Mazzini era morto nella casa dei Rosselli a Pisa. Carlo era il secondo di tre fratelli: Aldo (morto in guerra nel 1916) e Nello, nato nel 1900.
Carlo all’inizio seguì studi classici ma li abbandonò ben presto per dedicarsi a studi tecnico-commerciali. Ancora studente cominciò a interessarsi alla politica, redigendo con il fratello Nello un giornaletto dal titolo “Noi giovani”, di carattere liberal-democratico. Nel 1921, dopo avere vestito la divisa per pochi mesi come ufficiale di complemento, si iscrisse al corso di Scienze sociali dell’Università di Firenze, laureandosi a pieni voti con una tesi sul sindacalismo. Risale a questo periodo il suo avvicinamento al socialismo riformista, e la conoscenza sia di Gaetano Salvemini – grazie al fratello Nello – sia di Filippo Turati, incontrato a Livorno nel 1921 durante il congresso che vide la scissione comunista dal PSI. Carlo aderì in seguito alla corrente riformista che costituì il Partito socialista unitario, con la segreteria di Giacomo Matteotti.
Con l’ascesa del fascismo Carlo intensificò il suo impegno politico, scrivendo anche su “La Rivoluzione liberale” di Piero Gobetti e fondando, insieme al fratello Nello, Gaetano Salvemini, Piero Calamandrei, Enrico Finzi, Ernesto Rossi, Piero Jahier, Gino Frontali, Ludovico Limentani e Alfredo Niccoli, il “Circolo di cultura”.
Nel 1925, dopo una breve parentesi di insegnamento alla Bocconi a Milano, come assistente volontario, e a Genova, in Istituzioni di economia politica, Carlo col fratello partecipò alla fondazione del periodico “Non mollare”, animato da Salvemini, Nello Traquandi, Ernesto Rossi e altri. Nello stesso anno si sposò con Marion Cave, una giovane britannica conosciuta durante gli incontri del “Circolo di cultura” fiorentino.
Ormai R. subiva le attenzioni della polizia fascista e, dopo aver organizzato la fuga di Filippo Turati da Savona verso la Corsica in motoscafo, venne arrestato e detenuto in carcere a Como fino al processo, che si svolse nel settembre del 1927 e si concluse con una mite condanna a dieci mesi di carcere. R. non poté però evitare la condanna al confino a Lipari, isola dove era stato già detenuto in attesa del processo.
Durante la permanenza a Lipari R. cominciò a scrivere la sua opera più importante, Socialismo liberale, che sarà poi pubblicata in francese, a Parigi, nel 1930. Nel frattempo, a Lipari, R. preparava la sua evasione, organizzata insieme a Emilio Lussu e a Francesco Fausto Nitti con l’aiuto di compagni sul continente. Nel luglio del 1929 scappa dall’isola a bordo di un motoscafo guidato da Italo Oxilia, raggiungendo la Tunisia e, da lì, la Francia.
A Parigi R. ritrova Salvemini e fonda il movimento Giustizia e libertà, che riuniva personalità di carattere democratico e socialista riformista, ma anche più radicali come Emilio Lussu. Il movimento si dimostra essere subito una delle realtà dell’antifascismo “fuoruscito” più vivaci, pubblicando prima una rivista, i “Quaderni di Giustizia e libertà”, e poco dopo un periodico, “Giustizia e libertà”, e sia animando il dibattito tra gli antifascisti sia attirando le attenzioni della polizia fascista, che lo considerava ormai una delle figure più pericolose e influenti dell’antifascismo emigrato all’estero.
L’europeismo di R. nasce senza dubbio come conseguenza dell’affermazione del fascismo in Italia, delle sue velleità di porsi come un modello “internazionale”, ma ancora sulle pagine dei “Quaderni” prevale il dibattito sul federalismo interno, sul problema dello Stato centralizzato come base di partenza dell’involuzione autoritaria, che richiedeva quindi una ferma scelta federalista sul piano interno. Con l’ascesa di Hitler al potere l’europeismo di R. si colora di nuovi motivi: la vittoria di Hitler mostrava l’affermazione di una “anti Europa” autoritaria, alla quale andava risposto con la creazione di un movimento antifascista europeo che avesse come obiettivo quello di “fare l’Europa”: la convocazione di una “Assemblea europea” e la redazione di una costituzione federale che desse vita agli “Stati Uniti d’Europa”. Questo obiettivo, proclamato nell’editoriale Europeismo o fascismo pubblicato sul periodico “Giustizia e libertà” del 17 maggio 1935, è ancora allo stato embrionale pur rappresentando il punto più alto della posizione europeista di R. e del suo movimento. Tuttavia, si tratta di una posizione che non produrrà evoluzioni significative all’interno del movimento. Lo scoppio della guerra di Spagna e l’impegno di R. in essa, con l’organizzazione di una colonna di volontari e il lancio della parola d’ordine «Oggi in Spagna, domani in Italia» dalla radio di Madrid, rappresentava tutto sommato una involuzione sul piano del proseguimento del progetto di un antifascismo europeista per contrastare l’“Anti-Europa” fascista. Peraltro, dopo la morte di R. (9 giugno 1937), per mano di sicari francesi assoldati dal governo fascista, nessuno all’interno del movimento approfondirà le intuizioni rosselliane, soprattutto per quanto riguarda le già citate proposte europeistiche: l’Assemblea europea, il governo europeo, gli stessi Stati Uniti d’Europa, risentono di questo limite di elaborazione teorica; sono suggestive parole d’ordine per la risposta immediata ai fascismi, non per l’elaborazione di un pensiero di azione politica di ampio respiro. Tuttavia va detto che sarà il Partito d’azione – forza politica che riprenderà molti temi ideali di Giustizia e libertà e ne recupererà anche il simbolo – a risultare la forza politica antifascista più attenta al problema dell’unificazione europea durante la Resistenza e dopo la Liberazione.
Piero Graglia (2017)