Satrústegui, Joaquín
S. (Madrid 1909-ivi 1992), proveniente da una famiglia dell’aristocratica finanziaria spagnola, partecipa ai preparativi del colpo di Stato del 18 luglio del 1936 contro la II Repubblica, da lui definita, sin dai suoi esordi, come una “catastrofe”.
Studia Diritto presso l’Università di Madrid, e frequenta poi dei corsi di approfondimento in Economia e Diritto costituzionale presso l’Università Georgetown a Washington.
Monarchico legittimista (promotore della restaurazione monarchica in linea di continuità dinastica incarnata da Don Juan de Borbón y Battemberg, figlio di Alfonso XIII), sin dall’inizio degli anni Quaranta S. denuncia il carattere permanente e non provvisorio del potere franchista e la mancata restaurazione della monarchia come forma di Stato, obiettivo per il quale i monarchici avevano appoggiato e condiviso la sollevazione del fronte nazionalista del 1936. Da allora, prendendo le distanze dal regime, si converte in una delle più importanti figure dell’opposizione monarchica al franchismo.
In particolare sin dal novembre del 1942 – in concomitanza con lo sbarco delle truppe alleate a Casablanca – la sua attività politica conferma la sua evoluzione democratica. Molte volte sanzionato dal regime con pene pecuniarie, nel 1957 fonda insieme a Jaime Miralles e Vicente Pimés il movimento Unión española. Di ispirazione liberaldemocratica, il movimento si pone come principale obiettivo la restaurazione monarchica e il riconoscimento della legittimità al trono di Don Juan. Per i primi due anni l’attività del nuovo movimento rimane ristretta ai suoi membri fondatori. La presentazione pubblica avviene nel corso di un ricevimento organizzato presso l’hotel Menfis di Madrid, il 29 gennaio del 1959, durante la quale il gruppo, composto da molti uomini che nel 1936 avevano sostenuto l’alzamiento nacionale, definisce la guerra civile come una immensa tragedia e rinnega le categorie di vincitori e vinti su cui il franchismo ha edificato la legittimità del suo sistema politico.
La restaurazione monarchica, pietra miliare della azione politica dell’Unión española, indirettamente contempla anche la difesa dell’europeismo di cui il gruppo si fa sostenitore. Non solo in chiave di politica interna, ma anche estera, l’istituto monarchico viene infatti descritto come l’unico organo intorno al quale gli spagnoli possono sia sperimentare una transizione democratica, sia essere accettati in seno alle istituzioni europee. Importante veicolo di diffusione di un crescente sentimento antifranchista ed europeista allo stesso tempo, l’attività de Unión española viene segnalata da una pubblicazione interna, “Hoja Informativa”. Attraverso le sue pagine è possibile ricostruire l’organizzazione di incontri clandestini del gruppo di S. ai quali partecipano non solo monarchici, ma anche rappresentanti del mondo dell’economia e dell’alta finanza spagnola.
Nel giugno 1962 S. prende parte al Congresso di Monaco. Tale evento rappresenta un momento centrale nella storia dell’incardinamento dell’europeismo nel suo pensiero politico.
A quell’epoca tanto i rappresentanti dell’esilio quanto quelli dell’opposizione interna si oppongono alla richiesta ufficiale presentata dal governo spagnolo il 9 febbraio dello stesso anno di aprire un negoziato in vista di una associazione o adesione vera e propria alla Comunità economica europea (CEE).
Allora l’opposizione moderata decide di sfruttare un evento internazionale quale il IV Congresso del Movimento europeo dedicato alla “Democratizzazione delle Istituzioni comunitarie e i mezzi per arrivare alla creazione di una comunità politica”, per fare il punto sulla situazione e per aprire nuove frontiere di dialogo.
Il 5 e il 6 giugno 1962, dunque, 118 rappresentanti dell’opposizione spagnola giungono a Monaco, per discutere i problemi relativi a un’eventuale integrazione del paese in Europa (v. anche Integrazione, metodo della). 80 rappresentanti di tutte le famiglie politiche democratiche, arrivano dalla Spagna, e 38 dall’esilio. Prima di partire per Monaco S. manda una nota al ministro degli Esteri Fernando María Castiella e per conoscenza una copia al cardinale Pla y Deniel, al capitano generale Muñoz Grandes e al ministro dell’interno, Alonso Vega, informandoli della data della riunione e dei temi da trattare.
Dopo un complesso iter di elaborazione e di approvazione incrociata, cinque punti vengono condivisi all’unanimità dalle due opposizioni ai fini dell’integrazione spagnola in Europa. La necessità di istituzioni autenticamente rappresentative e democratiche, la salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, soprattutto quelle che garantiscono la libertà personale e d’espressione, il riconoscimento delle “diverse comunità naturali”, l’esercizio delle libertà sindacali su base democratica, la difesa dei diritti fondamentali dei lavoratori, la possibilità di organizzare correnti d’opinione e partiti politici e il diritto al dissenso. La parte finale della risoluzione contiene il primo grande elemento di novità rispetto alle richieste già precedentemente formulate dall’opposizione anche nel corso di altre manifestazioni. In essa, infatti, viene resa esplicita la «ferma convinzione» che la maggior parte degli spagnoli desidera che il cambiamento politico ivi descritto si realizzi all’insegna delle «norme della prudenza politica, con il ritmo più veloce permesso dalle circostanze, con sincerità e con l’impegno da parte di tutti a rinunciare ad ogni tipo di violenza attiva o passiva, prima, durante e dopo il processo evolutivo».
Al suo rientro in patria S. è punito dal regime, che questa volta non si limita a imporgli ingenti sanzioni pecuniarie ma lo condanna insieme a Jaime Miralles e Fernando Alvarez de Miranda al confino politico a Fuerteventura, nelle isole Canarie, dove S. rimane undici mesi.
Mentre la propaganda ufficiale diffonde la notizia che gli spagnoli riunitisi a Monaco ostacolavano l’ingresso del paese in Europa, S., insieme agli altri confinati, chiede la rettifica delle informazioni diffuse dai mezzi di comunicazione e si ribella all’accusa di antieuropeismo, paradossalmente mossa a suoi danni dal regime.
Al di là delle dichiarazioni e delle richieste ufficiali di rettifica, S. si reca a Monaco con l’obiettivo preciso di far cadere l’ipotesi della celebrazione di un referendum sulla forma dello Stato. Sottoporre l’istituto monarchico a referendum lo avrebbe indirettamente indebolito, visto che il “diritto” dinastico era frutto di una concatenazione di eventi la cui fonte di legittimazione primaria proveniva dalla storia stessa e non poteva essere sottoposta a una consultazione popolare.
Diversa è la posizione di S. rispetto al ricorso al referendum per l’approvazione di un futuro testo costituzionale. Una volta che il legittimo erede al trono di Spagna avesse assunto le sue funzioni alla guida del paese, egli non si sarebbe opposto, anzi avrebbe condiviso la successiva approvazione del nuovo testo fondamentale mediante lo strumento referendario, sul modello francese del 1958.
Da quel momento in poi la vita politica di S. segue le vicissitudini della Corona nel suo scontro con Franco.
A partire dal 22 luglio 1969, data in cui Franco nomina come erede al trono di Spagna il principe Juan Carlos, figlio di Don Juan, non rispettando in tal modo i diritti di discendenza, S. interrompe i suoi contatti con il Palazzo della Zarzuela (residenza ufficiale dei re di Spagna).
Da sempre europeista e allo stesso tempo contrario al rinnovo degli accordi con gli Stati Uniti sulle basi americane in Spagna, S. cerca insieme agli altri membri dell’opposizione moderata interna di approfittare delle visite di rappresentanti ufficiali di altri paesi per denunciare anche dal versante della politica estera la falsità dei principi di liberalizzazione tanto difesi dal generale Franco e dal suo entourage governativo. In tal senso gli si presentano due occasioni. La visita di Walter Scheel, ministro degli esteri della Repubblica Federale Tedesca, recatosi nell’aprile del 1970 presso la capitale spagnola per rafforzare i contatti bilaterali con il paese e il maggio dello stesso anno la visita del segretario di Stato americano William Rogers.
Nel primo caso il regime non si oppone e S.; Enrique Tierno Galván, José María de Areilza e Joaquín Ruiz-Giménez Cortés, possono incontrare il ministro tedesco e metterlo a conoscenza dell’attività dell’europeismo dell’opposizione interna. Nel secondo caso, invece, l’ammiraglio Carrero Blanco, consapevole del ruolo che la denuncia dell’opposizione moderata può suscitare, nega ogni autorizzazione e indirettamente minaccia di sospendere il negoziato qualora Rogers si dimostri disponibile all’incontro con l’opposizione moderata.
Dopo la morte di Franco, durante il processo di transizione, alla luce della sua provata fede democratica S. si attesta tra quei leader politici con cui il governo promuove l’apertura del dialogo per favorire la realizzazione di una transizione pattizia. Prende parte alla commissione negoziatrice (Comisión de los nueve) guidata da Felipe Márquez González per stabilire con il governo il ritmo del ripristino dei principali diritti politici e sociali nel corso della transizione. Partecipa alla “Piattaforma degli organismi democratici” e nel 1976, anno della costituzione di Alianza liberal, ne è eletto presidente. Si presenta alle prime elezioni democratiche svoltesi nel giugno 1977 nella coalizione elettorale Senatori per la democrazia e, una volta eletto come senatore, entra nel Gruppo progressista e socialista indipendente. Sin dalla prima campagna elettorale difende l’integrazione del paese in Europa e l’europeizzazione del sistema politico spagnolo. Nel suo programma l’adesione del paese alla CEE occupa un posto assolutamente prioritario. Importante anche il rafforzamento delle relazioni con i paesi di lingua spagnola dell’America Latina, in nome della condivisione della comune identità culturale. In seguito alla dissoluzione di Alianza liberal, nel dicembre 1977, fonda il Partito liberale progressista. Dopo lo scioglimento di quest’ultimo entra nell’Unione di centro democratico, formazione che abbandona però dopo la debacle elettorale subita da quest’ultimo nel corso dell’ottobre 1982.
Maria Elena Cavallaro (2012)