S. (Parigi 1911-ivi 1998), dopo brillanti studi al liceo Janson de Sailly, frequenta il secondo anno del biennio di preparazione all’École normale supérieure presso il liceo Henri IV. Qui ha come professore il filosofo Alain e fa la conoscenza di Simone Veil. In seguito, ottiene una licenza in filosofia alla Sorbonne.
Fin dall’età di diciassette anni, S. si impegna in politica aderendo alla Ligue d’action républicaine et socialiste (LAURS), che riunisce studenti della sinistra non comunista. aderisce anche al partito socialista, la Section française de l’internationale ouvrière (SFIO). La questione sociale è fin dall’inizio essenziale per lui.
Non essendo riuscito a entrare all’Ècole normale supérieure, nel maggio del 1932 S. comincia a lavorare nel settore informazione dell’agenzia Havas, l’antenato dell’agenzia France-presse. Lavora pertanto per due anni a Londra come giornalista dell’agenzia, ottenendo nel febbraio del 1935 di ritornare a Parigi come reporter di Havas.
In questa veste S. si reca più volte in Italia, dove vede e incontra Mussolini assieme ad altri giornalisti. L’invasione dell’Etiopia da parte delle truppe del duce, a partire dal 3 ottobre 1935, lo sconvolge. Firma il Manifesto per la giustizia e la pace, redatto alcuni giorni più tardi, in cui alcuni intellettuali cattolici, tra cui Maritain, denunciano il razzismo. Nel 1939, scrive un libello su Mussolini in occasione dell’invasione dell’Albania da parte dell’Italia fascista. Poiché Havas esige l’esclusiva dei suoi giornalisti, firma questo opuscolo con lo pseudonimo di André Sidobre. Collabora parimenti sotto diversi pseudonimi a riviste di sinistra come “La lumière” e “La jeune république”, organo di un movimento con lo stesso nome (JR) al quale S. aderisce nel 1935. JR è un piccolo partito dell’area di sinistra, di ispirazione cristiana, fondato nel 1912 da Marc Sangnier. S. lo preferisce al partito socialista, ai suoi occhi troppo anticlericale.
Infatti, benché sia nato in una famiglia in gran parte ebrea e agnostica, S. è sempre più attirato dal cristianesimo in generale e dal cattolicesimo in particolare. Si fa battezzare nel 1942, dopo la morte del padre. Tuttavia, fin dal periodo precedente la guerra collabora a numerose riviste dei domenicani o vicine ad essi (“Sept”, “Temps présent”, “La vie intellectuelle”).
In tutti i suoi articoli, S. dedica uno spazio considerevole alla politica estera, denunciando costantemente le manovre di Hitler. S. teme molto più la Germania dell’Italia, il cui popolo a suo parere non desidererebbe la guerra, in quanto ascolta più il suo papa che il suo duce. Per contrastare il germanesimo così come il nazismo, raccomanda non solo il rafforzamento dell’intesa cordiale, ma anche un’alleanza con l’URSS, nonostante la repulsione per il regime stalinista.
Scoppiata la guerra nel settembre del 1939, S. lascia Havas per arruolarsi come volontario. Persa la battaglia di Francia, il 18 giugno sente l’appello del generale Charles de Gaulle e decide di raggiungerlo per continuare la lotta a fianco dei britannici. Incontra de Gaulle il 30 giugno e si mette immediatamente al suo servizio. Alcuni giorni dopo, quando la BBC offre 5 minuti quotidiani a de Gaulle, questi sceglie S. come suo portavoce. Nel corso di quattro anni, dal luglio 1940 al maggio 1944, S. pronuncia circa 1100 discorsi alla BBC. Principale animatore della trasmissione Honneur et patrie, che precede Les français parlent aux français, in queste trasmissioni S. mantiene viva la speranza di una liberazione prossima, condanna i collaboratori, racconta i fatti d’armi dei resistenti. Quasi ogni sera è il portavoce – anonimo – della Francia libera, la voce del coprifuoco che sempre più francesi, e anche belgi, ascoltano di nascosto, malgrado le interferenze dell’occupante. Al momento della Liberazione S. è diventato la personalità più popolare dopo de Gaulle.
Nel novembre del 1944, il leader democratico-cristiano Georges Bidault lo sceglie come presidente il suo nuovo partito, il Mouvement républicain populaire (MRP). Alle elezioni legislative dell’ottobre 1945 S., candidato nel Nord, è l’eletto che ha raccolto il maggior numero di voti. Presenta l’MRP come il “partito della fedeltà” a de Gaulle. eppure, dopo le dimissioni di quest’ultimo nel gennaio del 1946, questa fedeltà è rimessa in questione. In effetti, S. approva in ottobre la costituzione della IV Repubblica, condannata da de Gaulle. dopo aver lasciato a Bidault la presidenza dell’MRP nel 1949, entra nel governo nell’agosto del 1951 come segretario di Stato per gli Affari esteri. Rimane al ministero degli Esteri, guidato prima da Robert Schuman, poi da Georges Bidault per tre anni, fino al giugno del 1954. La minaccia costituita dall’URSS e la paura di una rinascita della potenza tedesca contribuiscono a fare di S. un sostenitore convinto dell’integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della). Sostiene dunque la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), poi il progetto della Comunità europea di difesa (CED).
Il fallimento della CED, il 30 agosto 1954, colpisce S. Rimasto ostile alla rinascita di un esercito tedesco, vota contro gli accordi di Londra e di Parigi, che la prevedono nell’ambito dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO). Accoglie invece con favore il rilancio dell’Europa deciso alla Conferenza di Messina, e sostiene i Trattati di Roma firmati il 25 marzo 1957.
Soddisfatto del ritorno di de Gaulle nel giugno del 1958, che S. vede come mezzo per evitare alla Francia una guerra civile, accoglie con soddisfazione il conseguente miglioramento delle finanze, che permette alla Francia di applicare il Trattato di Roma che crea la Comunità economica europea (CEE).
Nel 1962, quando de Gaulle critica in modo sarcastico i sostenitori dell’integrazione europea, S. fa parte dei cinque ministri MRP che, entrati un mese prima nel governo presieduto da Georges Pompidou, danno ben presto le dimissioni per protestare contro questi propositi (15 maggio 1962). Eppure, poco dopo S. si separa dalla grande maggioranza dei colleghi MRP approvando, in ottobre, la riforma dell’elezione presidenziale voluta da de Gaulle. Da quel momento si avvicina progressivamente al movimento gollista, l’Union pour la nouvelle république (UNR). Grazie a esso, all’Assemblea nazionale S. è rieletto alla presidenza della Commissione degli Affari esteri, carica che deterrà dal 1957. In questo ruolo S. difende sempre più la politica estera di de Gaulle. Nel settembre del 1965 espone le tesi golliste sull’Europa e successivamente, mentre l’MRP sostiene la candidatura di Lecanuet alle presidenziali, dichiara di votare per de Gaulle fin dal primo turno. Nel 1967, la scomparsa dell’MRP e la trasformazione dell’UNR in Union démocratique pour la ve république permettono a S. di raggiungere ufficialmente il movimento gollista. Sempre nel 1967 ritorna al governo, questa volta come ministro per la Ricerca scientifica e le questioni atomiche e spaziali, e poi, nel 1968, per gli Affari sociali.
Le dimissioni di de Gaulle e la sua sostituzione con Georges Pompidou nel giugno del 1969 forniscono a S. l’occasione di diventare ministro degli Affari esteri. È una sorta di consacrazione, l’ottenimento del “bastone da maresciallo”. S. conserva questa carica per circa quattro anni. Pompidou lo sceglie perché lo sa favorevole all’entrata del Regno Unito nella CEE. Infatti, S. lavora in questa direzione fino alla firma dell’allargamento della Comunità nel gennaio 1972. Il veto gollista all’entrata del Regno Unito vien di conseguenza annullato, ma Pompidou e S. conservano una concezione gollista della costruzione europea, vedendo nell’entrata dei britannici nella CEE soprattutto un mezzo per impedire un’evoluzione verso la sovranazionalità. Inoltre, entrambi concepiscono questo allargamento come un mezzo per controbilanciare l’influenza tedesca. Nel 1970 S. rimprovera persino al suo collega Aldo Moro di voler rafforzare troppo la costruzione europea in politica estera.
Tuttavia, una volta acquisita l’entrata del Regno Unito, i giorni di S. al Quai d’Orsay sembrano contati. Nel settembre del 1972 Pompidou gli affianca un ministro delegato agli Affari esteri, André Bettencourt. Nel marzo del 1973, per la prima volta dalla Liberazione, S. non riesce a farsi eleggere come deputato del Nord. Pompidou accetta subito le sue dimissioni il 15 marzo 1973.
Benché la sua carriera ministeriale sia terminata, S. non va in pensione. Nel 1974, entra all’Académie française, dopo aver scritto numerosi libri tra cui un romanzo, Le rendez-vous avec quelqu’un (1962), da cui era stato tratto un film nel 1970. in seguito, sempre in quell’anno, è eletto senatore del Nord. nel 1976 si schiera a favore delle Elezioni dirette del Parlamento europeo a suffragio universale, nelle quali vede un progresso democratico. l’assassinio di Aldo Moro gli ispira un commovente articolo pubblicato sulla prima pagina del “Quotidien de Paris” il 12 maggio 1978. In seguito, dal 1979 è presidente dell’Association des écrivains catholiques. Vota la ratifica dell’Atto unico europeo (1986). Eppure, dalla fine degli anni Ottanta si inquieta dell’orientamento della costruzione europea, diventata a suo parere troppo favorevole al libero scambio. rappresentante del Nord, ragione tessile colpita dalla crisi, non comprende come la Commissione europea di Bruxelles non voglia proteggere maggiormente l’industria europea dalla concorrenza asiatica. Nel settembre del 1992 si schiera a favore del “no” al referendum sul Trattato di Maastricht. Il rifiuto da parte di S. del Trattato di Maastricht risulta tanto dal suo cattolicesimo sociale quanto dall’attaccamento all’indipendenza nazionale. Infatti, egli rimprovera a questo trattato di attribuire troppa importanza alla difesa della futura moneta europea e di non proporre alcuna ambizione sociale. L’anno successivo, S. accusa la Commissione di Bruxelles di tradire l’Europa opponendosi, per esempio, all’acquisto da parte di un consorzio italiano di un’impresa canadese. Una tale operazione avrebbe tuttavia permesso agli europei di resistere meglio alla concorrenza sul mercato degli aerei per il trasporto regionale. Inoltre S. rimprovera all’integrazione europea di essere diventata troppo burocratica, non sufficientemente democratica. D’altronde, poiché la minaccia sovietica è scomparsa così come quella di una guerra tra Stati europei, non vede più l’interesse per ogni Stato europeo al trasferimento di una parte crescente della propria sovranità a strutture sovranazionali.
In tal modo, quest’uomo politico, in origine ardente sostenitore dell’integrazione europea, ne diventerà avversario. A quanti gli rimproveravano questo cambiamento, egli rispondeva che erano il contesto e l’orientamento europeo a essere cambiati, non le sue convinzioni.
Gaetano Quagliariello (2012)