S. (Vich 1884-Perpignan 1963) figlio dell’archivista, avvocato e dottore in lettere Joseph Serra, che, oltre a dare impulso alla vita culturale spagnola (fu amico di Verdaguer, Güell, Gaudí, ecc.), fu consigliere comunale, si trasferì a quindici anni a Barcellona, dove entrò a far parte della Lliga de Catalunya e frequentò l’università. I suoi primi passi in campo politico furono ispirati dal repubblicanesimo catalanista e per questo motivo fu arrestato diverse volte. Nel 1901, dopo la morte del padre, decise di approfondire i suoi studi negli Stati Uniti, dove si iscrisse all’Università di Chicago. Si dedicò in particolare all’economia e alla sociologia, imbevendosi della cultura anglosassone. Nel 1903 si trasferì in Messico, dove lavorò come amministratore in una fabbrica tessile a Culiacán. Poco tempo dopo rientrò a Chicago e, infine, a New York per proseguire gli studi nella Columbia University. Tornò in Spagna nel 1906 e nel maggio del 1907 si stabilì in Inghilterra per continuare i suoi studi nell’Università di Cambridge. A causa di una malattia della fidanzata si spostò di nuovo in Argentina, rientrando in Spagna alla fine del 1911.
Nel 1912 fu eletto consigliere comunale a Pineda per l’Unión Catalanista, ma l’elezione fu annullata per mancanza del tempo minimo di residenza. Divenne sindaco in seguito a nuove elezioni municipali nel 1913. L’inizio della dittatura di Primo de Rivera comportò la destituzione dei municipi, per cui S. dovette attendere fino al febbraio del 1930 per riottenere la sua carica di sindaco. Nel 1932 fu eletto deputato alle Cortes repubblicane.
Dal 1915 si orientò verso un socialismo di impronta laburista che cercò di combinare con le sue convinzioni nazionaliste. Nel 1916 aderì al Partido socialista obrero español (PSOE), che poco più tardi accettò la proposta della federazione catalana che concepiva la Spagna come una confederazione repubblicana di nazionalità iberiche. A prescindere dalla drasticità della dichiarazione, alla quale S. aveva partecipato in veste di relatore, non si riconosceva alle nazionalità un diritto immanente di autonomia in senso federale ma la si intendeva come una concessione graduale da parte dello Stato. Nel 1918, 1919 e 1923 si presentò come deputato per il PSOE nella circoscrizione di Mataró, ma senza successo. Le tensioni interne al PSOE per la questione nazionale indussero una parte dei socialisti catalani a fondare la Unión socialista de Cataluña (USC), separandosi dal partito nel 1923. S. fu eletto vice presidente della nuova formazione catalanista. Sostenitore del cammino democratico in direzione del socialismo, S. si oppose alla dittatura militare di Primo de Rivera e la USC fu soppressa nel 1926.
Nell’agosto del 1925 S. decise di andare in esilio e trascorse periodi in Argentina, Francia e Regno Unito, dove fece amicizia con Herbert Wells, George Bernad Shaw, Nehru e Tomáš Masaryk. I suoi contatti con personalità del socialismo europeo come Blum o Vandervelde lo spingeranno verso un convinto europeismo.
Nel 1930 scrisse la prefazione all’edizione catalana del Manifesto comunista, pur non essendo simpatizzante dell’URSS a causa delle sue nette convinzioni democratiche.
Fu nominato consigliere per l’Economia e il lavoro della Generalitat nel 1931, assumendo più tardi la direzione della minoranza socialista nel Parlamento catalano. Fu eletto nuovamente deputato a Madrid nelle elezioni del 1933. Partecipò alla proclamazione dello Stato catalano durante la rivoluzione dell’ottobre 1934, ma in seguito prenderà le distanze dalla USC e dalla formazione del Partido socialista unificado de Cataluña (PSUC) nel 1936.
Nel gennaio 1937 fu nominato sottosegretario ai Lavori pubblici nel governo della Generalitat e, alcuni mesi più tardi, presidente del Consejo de Economia. Nell’ottobre del 1938 ottenne la vice presidenza delle Cortes catalane.
La caduta di Barcellona lo spinse ad andare in esilio in Francia, da dove si trasferì in Argentina nel luglio del 1939. Da Buenos Aires riprese la sua attività intellettuale, tenendo conferenze e pubblicando diversi saggi, fra cui: La reconstrucción económica de España (1942), La Carta del Atlántico (1944), Reflexions sobre el futur de Catalunya (1951) e Ciudadanía catalana (1957).
Dopo la bolscevizzazione del PSUC e il patto tedesco-sovietico, lasciò il partito partecipando nel 1941 al Movimiento social de emancipación Catalana, che portò alla creazione del Partit socialista catalá nel luglio 1942 e, insieme a settori del POUM, al Movimiento socialista de Cataluña (MSC) nel 1945.
Nel dicembre 1946 S. rientrò in Europa ed entrò nella direzione del Movimiento e nel governo della Generalitat in esilio. Nel dicembre 1947 si dimise dal governo catalano per incompatibilità con i comunisti, circostanza che provocò il suo scioglimento. Nel febbraio 1949 aderì al governo repubblicano in esilio presieduto da Álvaro Albornoz. Nel marzo 1950 divenne presidente del Parlamento catalano in esilio nonostante l’opposizione dell’ERC.
Il MSC nel 1951 approvò una risoluzione che sosteneva la cooperazione in qualsiasi iniziativa federativa che riconoscesse i diritti nazionali della Catalogna e la partecipazione ai movimenti favorevoli agli Stati Uniti socialisti d’Europa.
In questo momento S., molto vicino al laburismo, manifestava la sua sfiducia nei confronti dello Stato come potere in grado di liberare le persone e le nazioni. Il suo ideale di libertà lo avvicinava piuttosto al progetto degli Stati Uniti d’Europa. L’Unione europea avrebbe potuto offrire la libertà alla Catalogna, la cittadinanza e la dignità della persona come individuo sociale all’interno della democrazia e del socialismo. Nel 1957 pubblicò Crida a la joventut catalana, insistendo sulle libertà in rapporto con l’unione europea come ideale di civiltà.
La sconfitta del Frente popular nella guerra civile determinò un’evoluzione nel pensiero di S., inducendolo ad abbandonare l’idea dello Stato come fattore di liberazione nazionale. L’idea di Europa, invece, rappresentava il cammino per realizzare la cittadinanza e la liberazione delle nazioni. L’unione europea sarebbe stata una terza forza fra i blocchi, che avrebbe dovuto costituirsi come un organismo sovranazionale rispettoso di tutte le caratteristiche vitali delle nazionalità. La confederazione europea poteva rappresentare per i cittadini catalani l’opportunità per vivere nella democrazia e nel socialismo.
Nel 1947 pubblicò il saggio Los Estados Unidos de Europa. La Unión Latina nella “Revista de Catalunya” a Parigi. A suo giudizio, per attuare l’unione europea era necessario creare un sentimento di cittadinanza europea come elemento di selezione piuttosto che di lotta. Unicamente le soluzioni collettive avrebbero potuto creare un clima propizio per la formazione degli Stati Uniti d’Europa superando i meschini interessi localistici. Un programma federalista europeo (v. Federalismo) avrebbe permesso la separazione della Catalogna dalla Spagna e una «comunicazione più diretta fra le comunità naturali e le nazioni, in un universo di fraternità, di sicurezza, di diritto e di giustizia».
Abdón Mateos López (2010)