Simboli dell’Unione europea
La costituzionalizzazione dei simboli dell’Unione europea
I simboli politici degli Stati (bandiera, emblema, motto, inno, moneta, festa nazionale) hanno segnatamente una funzione identitaria. Essi, anzitutto, cristallizzano l’identità nazionale facendola divenire tangibile; codificano, in altri termini, la natura soggettiva della nazione.
Così come per gli Stati anche per l’Unione europea i simboli politici hanno una funzione identitaria. Sono i segni esteriori di quel patriottismo costituzionale che è capace di indurre i cittadini europei, consapevoli della loro appartenenza, ad agire concretamente al di là delle loro differenze per il bene pubblico comune, intendendo, dunque, l’Unione europea come la propria casa, la propria Heimat.
I simboli politici quali la bandiera, l’inno, il motto, la moneta e la giornata europea possono così contribuire, creando immagini e riti a carattere emotivo, anche con effetti subliminali, alla legittimazione dell’Unione europea agli occhi dei cittadini e alla loro identificazione nel progetto di un comune destino. Detto in altri termini, servono a costruire una identità politica, a considerare vincolanti un insieme di valori che ci identificano come appartenenti a una stessa comunità.
Il Trattato che adotta una Costituzione europea, firmato a Roma il 29 ottobre 2004, ha costituzionalizzato i simboli dell’Unione disciplinandoli in un apposito articolo: l’art. I-8. Questa disposizione sancisce formalmente che i simboli dell’Unione sono: una bandiera, rappresentante un cerchio di dodici stelle dorate su fondo blu; l’inno, tratto dall’Inno alla gioia della Nona sinfonia di Ludwig van Beethoven; un motto, secondo il quale l’Unione è «Unita nella diversità»; come moneta dell’Unione l’Euro, e, infine, la giornata dell’Europa, il 9 maggio, che è celebrata in tutti i paesi dell’Unione, per ricordare la ricorrenza della Dichiarazione Schuman (v. Piano Schuman) del 9 maggio 1950, atto fondativo del processo di integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della).
Si deve, tuttavia, osservare che dei simboli menzionati nell’art. I-8, la bandiera a dodici stelle dorate su sfondo blu, l’Inno alla gioia della Nona sinfonia di Beethoven (simboli che la Comunità economica europea ha ripreso dal Consiglio d’Europa nel 1986) e il 9 maggio come giornata dell’Europa sono già nella tradizione delle Comunità e dell’Unione, pur senza essere stati mai previsti da disposizioni di diritto primario (v. anche Diritto comunitario); l’euro, poi, è la moneta comune degli Stati membri che partecipano, senza deroghe, alla terza fase dell’Unione economica e monetaria europea.
Pertanto, a prescindere dalla loro costituzionalizzazione, il motto appare l’unico nuovo simbolo dell’Unione europea previsto dal trattato costituzionale.
Analisi dei simboli
Dei simboli dell’Unione, la bandiera con il cerchio di dodici stelle dorate su campo blu adottata dal Consiglio d’Europa l’8 dicembre 1955 e ripresa dalla Comunità nel 1986 è, chiaramente il segno identitario per eccellenza.
L’inno europeo è il preludio dell’Inno alla gioia, quarto movimento della Nona sinfonia di Beethoven. Per Beethoven, com’è noto, la musica non esiste di per sé, ma ha un alto significato e quasi sempre incarna un’idea. Perciò la maggior parte delle sue composizioni, specialmente quelle della maturità e le ultime, non sono soltanto l’espressione di un sentimento indefinito, ma vere e proprie poesie musicali, che rispecchiano i diversi pensieri, le loro fasi, dando vita spesso a un tema. Sono vivificati e sublimati, attraverso l’intreccio tra musica e poesia, gli ideali kantiani, propri della cultura illuministica dell’epoca, cui Beethoven aveva consacrato la propria conoscenza e la propria vita interiore.
Ed è proprio per l’esortazione alla fratellanza e all’amicizia, all’amore e alla pace, di cui l’Inno è simbolo di alta espressione figurativa, che si può spiegare la scelta del Consiglio d’Europa, poi fatta propria dalle Comunità europee e ora dall’Unione europea, di darsi come musica ufficiale un inno di fratellanza, che supera i confini delle nazioni e, persino, le differenze dei popoli, per instaurare qualcosa di più sublime e speciale nella società europea.
Il motto dell’Unione è «Unita nella diversità». Come tutti gli altri simboli, il motto fa chiaramente emergere il senso dell’identità europea di cui beneficia, al di là dell’entità Unione europea, ogni cittadino della stessa. Elementi utili all’interpretazione del significato del motto, iscritto all’art. I-8 del Trattato costituzionale, possono essere tratti dal preambolo del medesimo, ove la locuzione «unita nella diversità» figura al quinto considerando.
Tale locuzione è riferita all’Europa, ai suoi valori e al suo patrimonio culturale, religioso e umanistico. Valori che pongono al centro della vita sociale due protagonisti: da un lato, la persona umana e i suoi diritti (v. anche Diritti dell’uomo), dall’altro, il rispetto del diritto. Il passaggio del preambolo assolutamente illuminante ai fini dell’interpretazione del motto è quello che figura al quarto considerando. Vi si precisa che i popoli d’Europa, pur restando fieri della loro identità e storia nazionale, sono decisi a superare le antiche divisioni e, uniti in modo sempre più stretto, a forgiare il loro comune destino. In questa frase risulta chiaramente esplicitato, infatti, sia l’elemento dell’unità, sia quello della diversità.
I concetti che esprimono l’unità non sono nuovi. Riecheggiano, opportunamente riprendendola, la formula della «unione sempre più stretta» che figura nel preambolo del Trattato istitutivo dell’Unione europea (TUE) (v. Trattato di Maastricht). Il percorso verso relazioni sempre più strette è progressivo, procede – come prefigurato fin dalla dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950 – da realizzazioni concrete che creano solidarietà di fatto.
L’“unità”, tuttavia, non è fine a se stessa. Ha, invece, un obiettivo preciso: quello di forgiare un “comune destino”. Ma anche il concetto della “diversità” vi risulta esplicitato. Lo si ritrova nel richiamo forte alla fierezza dell’identità dei popoli e delle storie nazionali, come al rispetto dei diritti di ciascuno.
L’essenziale è raggiungere un punto di equilibrio tra unità e diversità. Una eccessiva unità, infatti, può comportare rischi di omogeneizzazione e, dunque, di distruzione delle identità nazionali. Una eccessiva diversità può facilmente impedire la convergenza di intenti e, alla lunga, minare dalle fondamenta l’edificio dell’Europa riunificata. Ma i rischi di implosione possono essere anche interni al sistema.
Lo stesso Valéry Giscard d’Estaing, che ha presieduto la Convenzione europea, ha osservato, al riguardo, che la cultura dominante in seno alle istituzioni di Bruxelles (v. anche Istituzioni comunitarie) sistematicamente sottostima le diversità ritenendo che esse costituiscano un ostacolo sulla via della omogeneizzazione dell’Europa. L’omogeneizzazione, d’altra parte, è uno degli obiettivi che tale cultura si prefigge di raggiungere cercando di ridurla dall’alto mediante l’imposizione di norme uniformatrici e facendo pressione sui meccanismi identitari.
Per Giscard d’Estaing, invece, la diversità è nel patrimonio genetico del nostro continente, ove mancano fattori unificanti quali una unica lingua, una religione comune o l’esercizio di un potere centralizzato suscettibile di imporre un modello uniforme europeo. Giscard d’Estaing nota che cinquant’anni di processo di integrazione non sono riusciti a omologare il modo di vita degli europei.
Non potendo, per quanto segnalato, far leva sull’assimilazione che è indotta da una lingua comune (v. anche Lingue) (come negli Stati Uniti, che, tuttavia, stanno divenendo, al pari dell’Europa, un paese plurilingue) o da una popolazione prevalente (come in Cina in cui l’80% è di etnia han) l’Europa deve organizzarsi a partire dalla sua diversità e non contro la sua diversità. Deve, in altri termini, trovare un ragionevole punto di equilibrio tra le esigenze della sua diversità e la necessità di costituire un insieme coerente.
L’art. I-8 menziona, per la prima volta a livello di diritto primario, l’euro come moneta dell’Unione europea. In tal modo la denominazione della moneta unica viene regolarizzata, dato che nelle disposizioni del Trattato istitutivo della Comunità europea (TCE) (v. Trattati di Roma) relative all’unione economica e monetaria figura tuttora il termine ECU (European currency unit) (v. Unità di conto europea).
Il Trattato costituzionale sancisce il 9 maggio come giornata dell’Europa in ricordo della dichiarazione del 9 maggio 1950 del ministro degli esteri francese Robert Schuman, che è convenzionalmente considerata la data di avvio della costruzione europea. La celebrazione del 9 maggio non è solo la ricorrenza dell’atto fondativo del processo di costruzione dell’Europa. È anche il momento per la presa di coscienza di una realtà attuale e presente, che si rinnova quotidianamente: la realtà di vivere in un’Unione europea fondata sui principi dello Stato di diritto, che possiede un ordinamento democratico basato sulla sovranità popolare e su valori ormai indiscussi e condivisi della stragrande maggioranza dei popoli europei. E il senso della festa sta proprio nel non dimenticare il percorso compiuto per giungere all’affermazione di questi principi e valori e, soprattutto, nel non considerare scontate le conquiste realizzate.
La festa del 9 maggio rinnova ogni anno l’occasione di avvicinare l’Europa e le sue istituzioni ai cittadini. È una giornata di informazione, di orientamento e di discussione sulle tematiche dell’Unione europea, soprattutto, ma non solo, nelle scuole e nelle università, con iniziative di particolare contenuto culturale ed educativo. La celebrazione del 9 maggio deve altresì essere l’occasione per riavvicinare i cittadini all’Europa e vincere il senso di distanza, di indifferenza, se non di disaffezione, che essi sentono nei confronti delle istituzioni europee. È il momento in cui devono essere pienamente valorizzati i simboli dell’Unione.
Il ruolo dei simboli nella formazione di una coscienza e di una identità dell’Unione europea come comunità politica è pertanto cruciale. È vero, infatti, che la maggior parte delle categorie fondamentali e dei concetti relativi all’integrazione europea e, in particolare a quelli che danno forma al concetto di appartenenza, sono rappresentati da simboli che rendono reale, tangibile e comprensiva l’idea stessa di cittadinanza.
I simboli, dunque, lungi dallo svolgere una funzione “cosmetica”, di importanza secondaria rispetto a quella delle quattro libertà o delle politiche comunitarie, costituiscono espressione dei valori profondi dell’Unione europea. Essi, di più, hanno la capacità di mobilitare i sentimenti dell’opinione pubblica europea. Non soltanto, infatti, danno rappresentatività al concetto di appartenenza ma contribuiscono pure a sorreggerlo attivamente, nell’ottica del radicamento dell’incipiente demos europeo.
Carlo Curti Gialdino (2007)