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Trattato dell’Eliseo

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Anche detto “Patto di amicizia” o Trattato franco-tedesco, il Trattato dell’Eliseo fu firmato da Francia e Germania il 22 febbraio 1963 al fine di istituzionalizzare la cooperazione tra i due paesi nei settori della difesa, della politica estera, dell’educazione e della cultura.

Già a partire dai primi anni Cinquanta il fallimento (1954) del progetto della Comunità europea di difesa (CED)– sponsorizzato proprio dalla Francia per assorbire in un esercito europeo integrato il temuto riarmo della Germania, per impedire che essa si dotasse di un esercito nazionale indipendente e di una autonoma politica di difesa e che potesse esercitare un’influenza significativa negli organi decisionali dell’Alleanza atlantica –, il seguente ingresso della Germania occidentale nella Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (North Atlantic treaty organization, NATO) e l’inizio del suo riarmo, portarono la Francia a considerare gradualmente la Germania un partner strategico e a tentare di sviluppare una cooperazione franco-tedesca da orientare a proprio vantaggio. A ciò contribuì anche la crescente tensione tra la Francia e Stati Uniti, provocata dall’assoluto dominio statunitense dei processi decisionali e della strategia militare nell’Alleanza atlantica, e dal trattamento di favore che essi assicuravano alla Gran Bretagna (v. Regno Unito) rispetto alla Francia con riguardo alla condivisione delle tecnologie nucleari. Proprio il timore di una cospirazione anglosassone nel monopolizzare le armi nucleari sul continente, riducendo la Francia a una potenza di second’ordine, spinse quest’ultima a maturare fin dal 1957 l’interesse a ricercare una risposta continentale alla minaccia di dominio politico e tecnologico di USA e Gran Bretagna, puntando soprattutto al coinvolgimento della Germania e alla creazione di un’asse franco-tedesco, funzionale al rilancio del ruolo della Francia in Europa e nel mondo. L’ascesa alla presidenza francese di Charles de Gaulle nel 1958 orientò decisamente il paese a riconquistare da un lato la dignità di potenza a vocazione mondiale da affermare in seno all’occidente, in particolare rispetto agli Stati Uniti e Gran Bretagna, dall’altro il primato nell’Europa continentale, attraverso il possesso dell’armamento nucleare e il rafforzamento del rapporto particolare con la Germania, da porre al centro di un sistema di cooperazione nell’indipendenza suscettibile di estendersi “dall’Atlantico agli Urali”.

Sul fronte tedesco, principali riferimenti della politica estera del cancelliere Konrad Adenauer erano il pericolo comunista e il desiderio di accrescere l’influenza tedesca nell’unico modo possibile nel contesto postbellico e della Guerra fredda, cioè ancorando saldamente la Germania occidentale a organizzazioni integrate quali la Comunità economica europea (CEE) e la NATO, che andavano sostenute e rafforzate per impedire l’isolamento tedesco a opera dell’URSS. Cruciale per Adenauer era perciò l’unità dell’Occidente, nel cui contesto la cooperazione con la Francia, nemico storico della Germania, rivestiva primaria importanza. D’altro canto, durante la seconda crisi di Berlino (1958-59) e la presidenza Kennedy (v. Kennedy, John Fitzgerald), Adenauer imparò ad apprezzare la fermezza e l’intransigenza del partner francese quando invece gli Stati Uniti avevano mostrato una pericolosa tendenza al compromesso proprio sulla questione tedesca e una scarsa risolutezza nell’affrontare il problema sovietico.

La cooperazione franco-tedesca era dunque obiettivo sia di de Gaulle che di Adenauer, ma si inseriva in visioni dell’Europa e del mondo che rimanevano inconciliabili, così come lo erano i disegni politici di due leader, ognuno dei quali riponeva eccessive speranze nelle capacità delle proprie posizioni di persuadere l’altro. Esempio chiaro ne fu il Piano Fouchet che, proposto da de Gaulle per dar vita in Europa all’“Unione politica”, deliberatamente congegnata su basi confederali, fu appoggiato da Adenauer nonostante egli nutrisse una marcata diffidenza per l’atteggiamento contestativo del leader francese nei confronti della NATO e dell’integrazione sopranazionale europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della), nella speranza che esso costituisse un punto di partenza per un’unione politica di tipo federale (v. anche Federalismo), dichiaratamente invisa a de Gaulle. Proprio il fallimento del Piano Fouchet portò Adenauer a cercare un rimedio a quello che riteneva un grave passo indietro nel processo di integrazione europea, e a proporre per primo alla Francia un accordo informale in base al quale il presidente francese e il cancelliere tedesco si sarebbero consultati su tutte le questioni legate al pericolo comunista. A seguito di due successive visite ufficiali di Adenauer in Francia (luglio 1962) e di de Gaulle in Germania (settembre 1962), il secondo avanzò la proposta concreta di cominciare con due paesi ciò che non era stato possibile avviare con sei, cioè di riproporre il Piano Fouchet su basi bilaterali, dando vita a una più stretta cooperazione in materia militare e culturale, all’Armonizzazione delle politiche economiche nella CEE e a consultazioni politiche con incontri regolari dei capi di Stato e di governo.

Originariamente l’intesa avrebbe dovuto acquisire la forma di gentlemen’s agreement, ma il ministro degli Esteri tedesco Gerhard Schröder sollevò problemi di costituzionalità, in mancanza della forma giuridica e di una ratifica parlamentare. L’argomento era in parte un pretesto di Schröder, strenuo sostenitore dei rapporti transatlantici, per ostacolare la conclusione dell’accordo, che cadeva proprio nel momento in cui de Gaulle aveva appena respinto l’adesione della Gran Bretagna alla CEE: la firma sarebbe apparsa come un avvallo tedesco alla politica francese antiatlantica, e la decisione del generale era apparsa all’opinione pubblica tedesca come un affronto, dopo che era stato stabilito tra i due paesi l’impegno alla consultazione reciproca tra pari. Adenauer tuttavia riteneva prioritario un definitivo riavvicinamento con la Francia, chiave di volta dell’ancoraggio della Germania in Occidente, e dunque il 22 gennaio 1963 firmò con de Gaulle all’Eliseo il Trattato di cooperazione franco-tedesca, che conteneva misure per istituire una cooperazione bilaterale più stretta in politica estera, difesa, educazione e politiche di scambio tra i giovani. Esso prevedeva incontri regolari almeno due volte l’anno per i capi di Stato e di governo e ogni tre mesi per i ministri degli Esteri. I due governi si sarebbero consultati prima di ogni decisione di politica estera, riguardante in particolare la vita delle Comunità europee e la Cooperazione politica europea, le relazioni Est-Ovest, la NATO e le altre organizzazioni internazionali, e avrebbero dovuto ricercare dove possibile una posizione “simile”. In tema di difesa, il Trattato prevedeva che i ministri competenti si incontrassero almeno ogni tre mesi, e i capi di Stato maggiore ogni due; prevedeva l’armonizzazione delle dottrine tattiche e strategiche, scambio di personale e di intere unità, piani finanziari comuni e progetti comuni di sviluppo degli armamenti. Incontri periodici erano anche previsti per i ministri responsabili dell’educazione e delle politiche giovanili; in tema di educazione, veniva assunto l’impegno di favorire lo studio della lingua del paese partner, il mutuo riconoscimento di esami e diplomi universitari, la cooperazione nella ricerca scientifica e gli scambi giovanili.

Se in Francia la ratifica del Trattato non presentò problemi, in Germania essa fu travagliata dalla convinzione di molte forze politiche (compreso il partito di Adenauer) che, dato l’atteggiamento di de Gaulle nei confronti della Gran Bretagna e dell’integrazione sopranazionale europea, il Trattato avrebbe danneggiato o distrutto la CEE. Il Trattato venne infine ratificato dal Bundestag, ma con l’aggiunta di un preambolo proposto dal partito socialdemocratico (Sozialdemokratische Partei Detuschlands, SPD) che riaffermava gli obiettivi di politica estera tedeschi, in particolare l’impegno e l’appoggio a favore della NATO e della CEE.

De Gaulle considerò l’introduzione del preambolo (non riconosciuto dal Parlamento francese) come uno svuotamento di gran parte del significato strategico del Trattato e come un tentativo tedesco di impedire a ogni futuro governo di aderire alla politica estera gollista. Di conseguenza, egli affermò senza problemi che se il Trattato dell’Eliseo fosse rimasto lettera morta, non sarebbe stato il primo caso nella storia. L’inconciliabilità degli interessi di fondo di Francia e Germania era riemersa, e la prima consultazione sotto gli auspici del Trattato (luglio 1963) rese da subito evidente quale ne sarebbe stato il destino: essa infatti partorì l’idea condivisa che i due governi negli anni a venire avrebbero concentrato i propri sforzi comuni nella sfera economica, e istituì l’Ufficio franco-tedesco per la gioventù, che sarebbe stato uno dei pochi risultati duraturi del Trattato dell’Eliseo, ma ebbe poco successo nella cooperazione politico-militare. Questa tendenza si accentuò con Ludwig Erhard successore di Adenauer alla guida della Germania, convinto atlantista che non intendeva prestarsi ai disegni gollisti.

Il sistema di riunioni e consultazioni previsto dal Trattato del 1963 rimase negli anni regolarmente in funzione, anche se non portò a grandi risultati pratici fino agli anni Ottanta, quando proprio una rinnovata esigenza di cooperazione politico-militare tra Francia e Germania diede a esso nuova linfa. Dalla prospettiva tedesca, già dalla fine degli anni Settanta l’indebolimento graduale delle garanzie statunitensi circa la sicurezza in Europa, il crollo dei consensi interni circa la politica di difesa in Germania occidentale e la corsa agli armamenti sovietica costituivano motivi sufficienti a spingere il cancelliere tedesco Helmut Schmidt a maturare l’idea di un’Europa indipendente attorno a un asse franco-tedesco: Bonn avrebbe potuto perseguire una politica estera corrispondente ai propri interessi solo riducendo la sua dipendenza da Washington e mantenendo capacità militari sufficienti per respingere le pressioni politiche sovietiche. Ciò avrebbe richiesto una più stretta relazione con Parigi, che estendesse alla Germania la deterrenza nucleare francese e che desse vita a un unico fronte franco-tedesco nei confronti di Washington. Ulteriori fattori, come il crescente deficit di bilancio sotto l’amministrazione Reagan (v. Reagan, Ronald Wilson) che generava timori circa il mantenimento della capacità militari USA, e l’obiettivo del presidente degli Stati Uniti, reso manifesto al termine del summit di Reykjavik con Gorbacëv dell’ottobre 1986, di dismettere tutti i missili balistici, abbandonando senza consultare gli alleati i fondamenti della deterrenza su cui la strategia della NATO si era basata per anni, spinsero il successore di Schmidt, Helmut Josef Michael Kohl, a mostrare interesse nello sviluppo di legami difensivi franco-tedeschi quale possibile alternativa di lungo periodo alla NATO.

Da parte francese, vi era il timore che la Germania occidentale venisse sedotta dalle proposte di disarmo sovietiche e che, dopo Reykjavik, si sviluppassero pressioni per l’inclusione delle forze nucleari britanniche e francesi negli accordi di controllo degli armamenti. Così, dopo aver annunciato nel 1987 l’istituzione di una brigata franco-tedesca composta di 4200 uomini che non avrebbe fatto parte della struttura del comando integrato della NATO, Francia e Germania crearono nello stesso anno un Consiglio bilaterale di difesa e sicurezza che, composto dai capi di Stato e di governo, dai ministri degli Esteri e della Difesa e dai capi di Stato maggiore dei due paesi, avrebbe avuto l’autorità politica per un vero coordinamento delle politiche strategiche dei due paesi. Il Consiglio si sarebbe riunito almeno due volte l’anno, alternativamente in Francia e Germania e fu dotato di un segretariato basato a Parigi; avrebbe avuto il compito, tra l’altro, di sviluppare approcci comuni nell’area della difesa e della sicurezza, e sarebbe stato responsabile delle decisioni prese con riguardo alle strutture militari comuni, dell’addestramento congiunto degli ufficiali e del miglioramento della cooperazione nella produzione degli armamenti. Data l’importanza dell’iniziativa, i due governi decisero di porla nella forma di un protocollo ufficiale al Trattato dell’Eliseo, firmato da Kohl e dal presidente francese François Mitterrand nel gennaio 1988 e ratificato nel dicembre seguente.

Giovanni Finizio (2009)

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