Trattato di Bruxelles
L’iniziativa per dare vita a un’organizzazione difensiva europea nacque su pressione degli Stati Uniti, avendo questi ultimi sottolineato l’importanza di una cooperazione europea in questo settore, sul modello del Trattato interamericano di assistenza reciproca (Patto di Rio) del 1947, considerandola come un préalable di un loro impegno militare nella difesa del vecchio continente.
Il 22 gennaio 1948 il ministro degli Esteri britannico, Ernest Bevin, in un discorso alla Camera dei Comuni, denunciava la minaccia costituita dalla politica sovietica e affermava che il Regno Unito non sarebbe rimasto fuori dall’Europa, considerando i suoi problemi come separati da quelli dei paesi vicini, da qui la necessità di consolidare un legame tra le nazioni libere dell’Europa occidentale. Egli annunciava, pertanto, un’iniziativa da parte britannica con la Francia e gli Stati del Benelux al fine di creare un importante nucleo nell’Europa occidentale, al quale avrebbero poi potuto aggiungersi «altri storici membri della civiltà europea, inclusa la nuova Italia». Nel suo discorso il ministro degli Esteri britannico chiarì subito che, ai suoi occhi, non si sarebbe dovuto dare vita a un’unione politica formale, bensì a una «unione spirituale», una comunità dunque fondata sulla libertà e sui valori della comune civiltà. «È più di un’amicizia solidale e meno di un sistema rigido», precisava Bevin.
Questa presa di posizione non segnava, pertanto, un’adesione del governo di Clement Attlee alla prospettiva di un’organizzazione sovranazionale e, tanto meno, di un’Europa federale. La Gran Bretagna era pronta a impegnarsi per costituire una struttura intergovernativa.
Gli avvenimenti cecoslovacchi del febbraio 1948, con la morte del ministro degli Esteri Jan Masarik, gli arresti domiciliari del presidente Edvard Beneš e la piena assunzione del potere con la forza da parte del Partito comunista di Klement Gottwald, produssero un’accelerazione dei negoziati tra i cinque partner coinvolti.
Regno Unito e Francia proposero dapprima a Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo dei trattati difensivi bilaterali, sul modello del Traité d’alliance et d’assistance mutuelle, firmato da Francia e Regno Unito a Dunkerque il 4 marzo dell’anno precedente contro il risorgere di una eventuale minaccia tedesca, che, però, non prevedeva un intervento automatico in caso di aggressione a uno dei due Stati firmatari, ma solo l’obbligo di consultazione per via diplomatica.
I paesi del Benelux giudicarono insufficienti le proposte di Londra e Parigi e definirono una linea comune. Questi tre paesi avanzarono la richiesta di un trattato multilaterale che comportasse un accordo militare di mutua assistenza automatica e immediata in una situazione di aggressione esterna; una intesa politica che definisse un sistema di regolari consultazioni su tutte le questioni di interesse comune; un accordo economico che si ponesse quale obiettivo ultimo la nascita di un’unione in tale ambito. In sostanza Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo sostenevano la necessità di andare oltre la tradizionale alleanza politico-militare, per dare vita a un’organizzazione regionale che avrebbe posto le basi per la costituzione di un’unione di Stati di stampo confederale. Queste richieste erano del resto in linea con la preferenza manifestata dall’amministrazione statunitense verso un Patto regionale che non si limitasse alla dimensione puramente militare.
Francia e Regno Unito accolsero, almeno in parte, le proposte dei paesi del Benelux, ma creando un’organizzazione dotata di strutture leggere, di carattere intergovernativo.
Il Trattato di Bruxelles, che istituiva l’Unione occidentale, fu stipulato quindi tra i cinque Stati il 17 marzo 1948 e prevedeva, all’articolo X, una durata cinquantennale. In pratica si trattava di un’estensione ai paesi del Benelux del già citato Trattato di Dunkerque. In effetti, il Patto richiamava la finalità di prevenire un’eventuale ripresa di una politica aggressiva da parte della Germania, ma, in realtà, mirava a garantire la pace e la sicurezza internazionali, conformemente alla Carta delle Nazioni Unite, e a organizzare una difesa collettiva contro qualunque minaccia in Europa (erano esclusi, quindi, i territori d’oltremare) alla sicurezza di uno dei suoi membri, in particolare da parte dell’Unione Sovietica. Esso costituiva un passo nella direzione del Patto atlantico, creando prima, però, un’alleanza strettamente europeo-occidentale.
Va osservato che la cooperazione non si limitava alla dimensione militare, ma includeva anche la collaborazione in ambito economico, sociale e culturale. Il trattato nel preambolo richiamava il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo, della dignità e del valore della persona, come pure gli altri princìpi sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite; si impegnava a difendere la democrazia, le libertà individuali, le tradizioni costituzionali dei paesi membri, lo Stato di diritto, a rafforzare i legami economici, sociali e culturali tra gli Stati firmatari e a coordinare i loro sforzi per porre le basi di una ricostruzione dell’economia europea. Proprio in merito a quest’ultimo punto le parti, nel primo articolo del Trattato, dichiaravano di volersi coordinare, eliminando le divergenze tra le loro politiche economiche, armonizzando le produzioni e sviluppando gli scambi commerciali.
Sul piano sociale, all’articolo II, si sanciva la finalità di un innalzamento del tenore di vita delle popolazioni degli Stati membri, con un progresso sociale armonico, impegnandosi anche ad adottare convenzioni nel campo della sicurezza sociale.
Di grandissima rilevanza erano gli articoli IV e V del Trattato, in quanto disciplinavano le competenze dell’Unione nell’ambito militare e della sicurezza, prevedendo, conformemente alle disposizioni dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite – che garantisce a ogni Stato il diritto di autotutela individuale o collettiva –, aiuto e assistenza automatica agli Stati membri, in caso di aggressione armata in Europa, con ogni mezzo militare o d’altro genere (articolo IV). L’articolo V premetteva nell’incipit che tutte le disposizioni assunte in applicazione all’articolo IV sarebbero state immediatamente comunicate al Consiglio di sicurezza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e sarebbero state interrotte non appena quest’ultimo avesse preso le misure necessarie per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionali. Il Trattato, quindi, non avrebbe messo in discussione gli obblighi assunti dalle Alte parti contraenti con la sottoscrizione della Carta delle Nazioni Unite.
Sul piano della struttura istituzionale, l’Unione occidentale rispecchiava, in buona misura, l’impostazione britannica, prevedendo, in particolare, un Consiglio consultivo dei ministri degli Esteri, deliberante all’unanimità e che si riuniva senza una periodicità fissa, ogni volta che venisse ritenuto opportuno convocarlo, sulla base della richiesta anche di uno degli Stati contraenti, per ogni situazione che potesse rappresentare una minaccia per la pace o per la stabilità economica (articolo VII). Per sopperire alla saltuarietà delle riunioni del Consiglio consultivo, vi era poi un Comitato permanente con sede a Londra, formato da un funzionario britannico e dagli ambasciatori nella capitale inglese degli altri quattro Stati firmatari, che si riuniva una volta al mese assistito da un segretariato.
Altre strutture specifiche vennero costituite dopo l’entrata in vigore del Trattato, in particolare, con sede sempre a Londra, un Comitato militare permanente, che aveva il compito di elaborare i piani di difesa collettiva e di coordinare gli apparati militari. Già a partire dall’estate del 1948 venne creato uno Stato maggiore comune a Fontainebleau, sotto il comando del maresciallo britannico Bernard Montgomery. Un Comitato economico e finanziario sovrintendeva alle questioni attinenti alla produzione integrata di armamenti ed equipaggiamenti militari.
Subito dopo la firma del Trattato, già nel corso della prima riunione del Consiglio consultivo dei ministri degli Esteri, il 19 luglio 1948, Bevin sostenne la necessità di stringere con gli Stati Uniti un’alleanza più estesa del Patto appena siglato. Il ministro belga Paul-Henri Spaak manifestò, però, la sua preoccupazione che la soluzione, essendo diluita in un insieme più vasto, potesse fare venire meno la garanzia dell’automatismo nell’assistenza militare allo Stato contraente eventualmente aggredito. Bevin e il ministro degli Esteri francese, Georges Bidault, si rivolsero tuttavia agli Stati Uniti, chiedendo loro di assicurare all’Europa occidentale l’aiuto militare necessario per resistere a un eventuale attacco sovietico, aprendo un confronto che avrebbe portato, l’11 giugno 1948, all’approvazione da parte del Senato statunitense della risoluzione Vandenberg, che autorizzava il governo di Washington a stipulare, anche in tempo di pace, alleanze militari pure al di fuori del continente americano, e il 4 aprile dell’anno successivo alla firma del Patto atlantico.
La guerra di Corea accelerò la costituzione dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO), con comandi unificati, trasferendo la difesa dell’Europa nel quadro atlantico e svuotando, in buona misura, la struttura contemplata dal Patto di Bruxelles. Rimase l’impegno alla mutua assistenza reciproca tra i cinque Stati membri dell’Unione occidentale, ma scomparvero il Comitato militare e lo Stato maggiore comune, assorbiti dalla NATO e, con essi, le basi di un “pilastro” europeo dell’Alleanza atlantica, in linea con la visione britannica dell’assoluta priorità della special relationship con Washington nel garantire la difesa del vecchio continente.
Le competenze in campo economico dell’Unione occidentale vennero poi trasferite all’Organizzazione europea per la cooperazione economica (OECE), mentre quelle in campo sociale e culturale sarebbero passate nel 1960 al Consiglio d’Europa.
Dopo il fallimento del tentativo di costituire una Comunità europea di difesa (CED), con gli Accordi di Parigi del 23 ottobre 1954, l’originario Patto di Bruxelles si ampliò con l’adesione dell’Italia e della Repubblica federale di Germania, dando vita all’Unione dell’Europa occidentale (UEO), che si dotava anche di un’Assemblea parlamentare composta dai delegati dell’Assemblea consultiva del Consiglio d’Europa dei sette Stati membri dell’UEO.
Paolo Caraffini (2017)