Triffin, Robert
T. (Flobecq 1911-Ostenda 1993) manifesta molto precocemente un vivo interesse per le attività intellettuali. Si dimostra un allievo molto brillante durante tutto il corso di studi classici nel collegio di Notre-Dame de la Tombe a Kain (Tournai) e in seguito in quelli di diritto ed economia all’Università di Lovanio, dove partecipa alla redazione dell’“Avant-garde”, atipico giornale studentesco che segna la vita politica belga negli anni Trenta. In questi primi anni T. sviluppa una filosofia fermamente pacifista e scopre una scienza economica nascente che lo sedurrà fino al punto da scegliere questa strada a livello professionale. Nel 1935 ottiene una borsa di studio della Belgian american educational foundation per continuare gli studi all’Università Harvard negli Stati Uniti. Qui studia sotto la guida di docenti come Joseph Schumpeter, Godfried Haberler, Wassily Leontief ed Edward Chamberlin e conosce futuri grandi nomi dell’economia come Paul Samuelson o Shigeto Tsuru. Nel 1938 la sua tesi su Monopolistic competition and general equilibrium theory riceve il premio Wells, che ne garantisce la pubblicazione e un’ampia diffusione. Grazie a questo scritto T. comincia a farsi un nome nel mondo degli economisti, e in particolare nel gruppo della Scuola di Chicago dove Milton Friedman delinea i suoi primi lavori teorici che vertono su una critica dei risultati esposti dalla tesi di T. Avendo sposato Lois Brandt, cittadina americana, T. rimane negli Stati Uniti durante la guerra. Nel giugno 1942 a Boston ottiene la nazionalità americana ed entra al servizio del Federal reserve board (FED) a Washington. È incaricato di seguire l’evoluzione economica dei paesi latino-americani. Elabora un programma di scambi destinato alle giovani élites delle banche centrali. Ben presto è invitato come esperto da diversi paesi a pronunciarsi sui progetti di riforma della loro politica monetaria e sull’organizzazione dei loro sistemi di banche centrali. La questone è importante, perché mentre le ostilità devastano il resto del mondo l’America del Sud rappresenta il polmone economico degli Alleati, in particolare per l’approvvigionamento delle materie prime.
Grazie al suo incarico a Washington, T. è al corrente molto presto dei progetti di riforma monetaria per il dopoguerra messi a punto da Keynes e White. Nel luglio 1946, dopo la creazione delle istituzioni di Bretton Woods, entra nel dipartimento studi del Fondo monetario internazionale (FMI) dove lavora sotto la direzione di Edward Bernstein. I suoi primi passi al FMI rappresentano un prolungamento logico dell’attività svolta al FED. Inoltre elabora programmi d’azione per il Paraguay e l’Ecuador che includono una serie di innovazioni tecniche. Dopo questa missione T. è incaricato di seguire i lavori che accompagnano la creazione di un’organizzazione internazionale del commercio che si svolgono a Ginevra nell’estate del 1947. Inoltre deve occuparsi dell’elaborazione di un progetto europeo di multilateralizzazione dei pagamenti avviato dai rappresentanti del Benelux nel luglio 1947. Nel febbraio 1948 questo impegno europeo si precisa: T. è il primo rappresentante del FMI in Europa. Apre i suoi uffici in un primo tempo alla Banca nazionale di Bruxelles, ma poi si trasferisce a Parigi per potere seguire meglio i lavori dell’Organizzazione europea per la cooperazione economica (OECE). Come membro della delegazione americana di osservazione presso il Comitato dei pagamenti intraeuropei dell’OECE prende parte attiva alle discussioni che accompagnano i primi accordi sui pagamenti intraeuropei che saranno firmati nell’autunno 1948. Quindi si impegna a favore di una riforma del FMI che permetta al Fondo di intervenire più diffusamente sulla scena europea, nella prospettiva di svolgere il ruolo di “agente” per conto di un meccanismo più ambizioso capace di stimolare il rilancio delle correnti di scambi europei. In quest’ottica entra in contatto al principio del 1949 con l’amministrazione del Piano Marshall a Washington, l’Economic cooperation administration (ECA), che gli chiede una valutazione tecnica relativa allo schema da attuare in Europa per facilitare gli scambi e contribuire al risanamento economico del continente. Questi progetti evolvono rapidamente verso proposte di integrazione del mercato interno europeo accompagnata dalla creazione di una moneta unica. Questi piani trascendono il quadro del FMI che non appare in grado di convincere gli Stati membri ad ampliare il suo mandato. T. è distaccato all’ECA all’inizio del dicembre 1949 come consigliere speciale presso la divisione Policy, trade and finance dell’Office of the special representative (OSR), per poter difendere più liberamente le sue idee e prendere pienamente parte ai negoziati dell’accordo di clearing europeo voluto dal Dipartimento di Stato americano. Insieme a Henri Tasca a Parigi e a John Hulley a Washington, svolge un ruolo di primo piano a livello tecnico, introducendo nel testo dell’accordo di quella che diventerà l’Unione europea dei pagamenti (UEP) il riferimento a un’unità di conto che privilegia il ricorso allo strumento monetario più stabile e non al più forte. Questo strumento da allora non è definito esclusivamente in rapporto all’oro e costituisce de facto un embrione di moneta europea. T. svolge parallelamente un ruolo fondamentale come negoziatore. Esercita in particolare la sua influenza tra i belgi e i britannici, giungendo a immaginare delle soluzioni tecniche che garantiscano gli interessi del Commonwealth e proteggano la sterlina dagli effetti potenzialmente negativi dell’integrazione dei saldi in sterlina dentro il meccanismo dell’UEP, conditio sine qua non perché il Regno Unito accetti una partecipazione attiva a questo nuovo sistema di pagamenti. Alla fine dei negoziati che approdano all’attuazione dell’UEP nell’estate 1950 T. è nominato membro supplente e poi titolare della delegazione americana nel Board dell’istituzione. Partecipa attivamente alla soluzione del problema del deficit tedesco che emerge nell’inverno del 1950 e che viene superato con l’apertura di un credito eccezionale: questo non solo permette all’UEP di sopravvivere, ma anche alla Germania di gettare le basi del suo modello economico che servirà da motore all’Europa negli anni Cinquanta.
Nel luglio 1951 l’Università Yale, grazie alla mediazione di Lloyd G. Reynolds, presidente del Dipartimento di economia, propone a T. una cattedra d’insegnamento in un ambiente intellettuale molto stimolante che raccoglie personalità come Henry Wallich o William Fellner e due futuri premi Nobel, James Tobin e Tjalling Koopmans.
Quindi T. lascia l’amministrazione per raccogliere la nuova sfida che gli viene offerta sotto forma di carriera accademica: rimarrà nell’università oltre 25 anni. Nel corso degli anni Cinquanta approfitta comunque degli anni sabbatici per dare il suo contributo a diversi progetti europei che seguono quello dell’UEP. Nel 1955 riallaccia i rapporti con Jean Monnet che aveva conosciuto nel 1948. Fernand Collin, direttore della Kredietbank, gli chiede anche di intervenire nella definizione di uno strumento commerciale rivolto ai mercati privati di capitali. T. consiglia allora la banca belga, che immette sul mercato dei prestiti definiti non più nella moneta più forte, ma nella moneta più stabile, definita in rapporto all’unità di conto dell’UEP. In questo periodo T. sintetizza le sue idee di integrazione monetaria in un libro dallo stile molto particolare, Europe and the Money Muddle. Nel momento in cui i paesi europei discutono della sostituzione dell’UEP con un nuovo Accordo monetario europeo, T. nel suo saggio ricorda le virtù delle relazioni monetarie controllate a livello sovranazionale e i pericoli di un ripristino precoce della convertibilità.
Il ritorno al governo dei democratici negli Stati Uniti, all’inizio degli anni Sessanta, apre nuove prospettive di coinvolgimento governativo per T. Rapidamente prende contatto con i suoi vecchi condiscepoli di Harvard, Paul Samuelson e Arthur Schlesinger jr, che fanno entrambi parte integrante del gruppo dei consiglieri più vicini a John F. Kennedy. La notorietà di T. è al culmine: ha da poco fatto un’audizione con il Joint Committee del Congresso americano e ha pubblicato un libro molto discusso, Gold and the Dollar Crisis. T. espone nel suo saggio la tesi che gli darà la celebrità a livello mondiale e che da questo momento sarà nota come “dilemma di T.”. Questo dilemma evoca il paradosso al quale è soggetto il sistema monetario internazionale: da un lato, l’economia internazionale ha bisogno di liquidità per garantire la fluidità dei cambi; dall’altro, questa liquidità è alimentata soltanto dalla moneta degli Stati Uniti, che quindi non possono che essere incoraggiati ad accrescere il loro deficit. Questo sistema quindi è intrinsecamente dipendente dagli Stati Uniti, che beneficiano del privilegio di emittenti di moneta che li dispensa da qualsiasi disciplina monetaria troppo rigorosa. Inoltre, questa libertà mette in pericolo il sistema, perché la fiducia inevitabile nel dollaro è messa a dura prova a partire dal momento in cui le emissioni di moneta-chiave del sistema (il dollaro) beneficiano di una copertura in oro sempre meno ampia. La durata del sistema si fonda su un consenso che può essere rimesso in discussione quando emergono delle divergenze fra i paesi creditori (soprattutto europei) e gli Stati Uniti, nella sfera sia monetaria che politica. Lo scoppio della guerra del Vietnam – finanziata grazie a questa capacità americana di poter emettere grandi quantità di moneta senza doversi preoccupare della stabilità del dollaro e del mantenimento di un rapporto fra le riserve in oro effettivamente disponibili e la quantità di cartamoneta in circolazione – conferma le tesi di T. Ben presto l’opposizione europea si manifesta attraverso le richieste sempre più decise di conversione in oro dei dollari depositati in precedenza nelle banche centrali francesi, tedesche o belghe. L’intervento del generale Charles de Gaulle, che nel febbraio 1965 si pronuncia a favore di una conversione massiccia in oro delle riserve in dollari depositate nella Banca di Francia, getta olio sul fuoco. Il sistema monetario internazionale resiste solo grazie alla buona volontà delle banche centrali, che mettono in atto dei meccanismi di supporto a breve termine sempre più sofisticati, senza che tuttavia gli Stati arrivino ad accordarsi su una riforma delle istituzioni finanziarie internazionali. Di fronte a questa impasse T. si rivolge alle nuove istituzioni europee (v. Istituzioni comunitarie), soprattutto alla Commissione europea di cui è consigliere dal 1958. Vengono elaborati dei progetti d’azione con la collaborazione di Robert Marjolin. Insieme, e con l’appoggio di alcuni funzionari come Frédéric Boyer de la Giroday, tentano di influenzare le autorità politiche dei Sei perché si muovano in direzione dell’unificazione monetaria dell’Europa che si ritiene serva da contrappeso alla pericolosa egemonia americana in questo settore. Ma falliscono a causa di interessi settoriali che non sono in grado di superare.
Negli Stati Uniti T. cerca di organizzare, insieme a Fritz Machlup e William Fellner, un’opposizione accademica contro la gestione degli affari monetari voluta dall’amministrazione Kennedy e poi da quella di Lyndon Johnson. Questi rimproverano a T. e compagni, attravero Paul Simonson, di non privilegiare a sufficienza nelle loro soluzioni gli interessi americani, mentre un’America forte rappresenta ai loro occhi la garanzia di un sistema monetario internazionale stabile. Machlup, T. e Fellner partecipano alla creazione del gruppo di Bellagio, che con il sostegno finanziario delle fondazioni Ford e Rockefeller, organizza seminari di altissimo livello tra rappresentanti del mondo accademico e responsabili politici in Italia, a Villa Serbelloni sul lago di Como. Malgrado l’entusiasmo intellettuale che anima questi incontri informali (non esiste alcun verbale di queste riunioni) i risultati tangibili sono inconsistenti. La gestione degli affari monetari, lungo tutto il corso degli anni Sessanta, appare sempre più nazionale e sempre meno favorevole ad una cooperazione europea o ancor meno internazionale. Tuttavia la situazione esplode alla fine del decennio, quando alcune monete europee sono costrette ad una svalutazione. Questi sussulti inducono i responsabili politici a prendere in considerazione nuove consultazioni che portino a una integrazione monetaria europea. Monnet è fortemente coinvolto in questo progetto. Nell’autunno 1969 stringe rapporti molto stretti con il nuovo cancelliere tedesco Willy Brandt, che accetta di difendere il progetto al vertice dell’Aia. Nell’ottobre 1969 Monnet richiama T. per costruire il quadro tecnico di una proposta tedesca da illustrare nella capitale olandese. Purtroppo, malgrado la volontà politica esibita, il comitato presieduto dal lussemburghese Pierre Werner – creato in seguito al vertice dell’Aia – non andrà oltre la stesura di un progetto di unificazione monetaria per fasi. La decisione del presidente Nixon di mettere fine alla libera convertibilità dell’oro in dollari, il 15 agosto 1971, innesca una nuova crisi monetaria da cui l’Europa esce indebolita per le sue divisioni.
Lungo tutti gli anni Settanta T. prosegue nella sua opera a favore di una moneta europea. Ma il suo momento ormai è passato e gli danno ascolto solo alcuni dei suoi vecchi allievi. I tecnici della Kredietbank gli restano fedeli, come pure i protagonisti principali che emergono nel corso di questi anni, da Alexandre Lamfalussy a Jacques Van Ypersele de Strihou. Per raggiunti limiti d’età T. conclude la sua carriera accademica all’Università di Yale nel 1977. Ne approfitta per trasferirsi in Europa e stabilirsi nuovamente in Belgio, dove l’Università di Lovanio lo accoglie affidandogli la direzione di seminari di economia. Nel 1981 riprende la nazionalità belga. Con alcuni giovani economisti belgi, fra cui Christian Ghymers, sostiene un centro di studi con sede a Bruxelles. Da questa postazione resta in contatto con la Commissione europea ed è invitato da Roy Jenkins, divenuto Presidente della Commissione europea, a esprimere le sue opinioni quando quest’ultimo decide di rilanciare il progetto monetario europeo. Ma si tratta dell’ultimo intervento ufficiale importante di T., che gradualmente abbandona la scena ufficiale per limitare i suoi interventi alla sfera accademica e a quella pubblica. I suoi sforzi sono riconosciuti dal conferimento di numerose onorificenze internazionali, fra cui il premio San Paolo nel 1987.
Jerome Wilson (2010)