Richard Coudenhove-Kalergi, fondatore nei primi anni Venti dell’Unione paneuropea, decise al suo rientro in Europa nel 1946 dagli Stati Uniti, dove aveva trovato rifugio durante gli anni del secondo conflitto mondiale, di rilanciare il suo programma politico attraverso la costituzione di una nuova organizzazione: l’Unione parlamentare europea (UPE).
Coudenhove-Kalergi, infatti, sviluppando un’idea suggeritagli dallo statunitense Albert Guerard, mirava alla convocazione di un’Assemblea costituente europea che si ponesse come base del nuovo ordine politico europeo postbellico. Egli puntò sull’appoggio di parlamentari europeisti nei singoli paesi, in particolare sui giovani deputati eletti per la prima volta nei rispettivi Parlamenti nazionali, dopo anni trascorsi combattendo nelle file della Resistenza o al fronte oppure reclusi nelle prigioni naziste e fasciste.
Coudenhove-Kalergi promosse in quei primi anni del dopoguerra una strategia per l’unificazione del vecchio continente che faceva leva sulla forza inerziale derivante dalla rifondazione degli Stati nazionali, allo stesso tempo sfruttandone gli elementi di debolezza. I governi europei, in tal modo, sotto la spinta interna di un movimento parlamentare europeista e, al contempo, in considerazione della pressione esterna esercitata dagli Stati Uniti, sarebbero stati quasi costretti a imboccare la via federativa per il nuovo assetto europeo.
Egli, a partire dall’ottobre 1946, diffuse un questionario tra più di 4200 parlamentari di paesi dell’Europa occidentale, nel quale si chiedeva se essi fossero favorevoli alla costituzione di una federazione europea nell’ambito dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Pervennero 1735 questionari, con risultati lusinghieri in particolare in Italia, con il 64,5% di risposte affermative, seguita da Lussemburgo, Grecia, Belgio, Francia, Paesi Bassi e Svizzera, che esprimevano percentuali superiori al 50%. Il Regno Unito, l’Irlanda e l’Austria rimasero, invece, al di sotto del 30%, mentre Danimarca, Norvegia e Svezia addirittura sotto il 15% di risposte affermative.
Nei singoli Parlamenti nazionali si costituirono degli intergruppi di deputati, appartenenti a diversi partiti, favorevoli all’avvio del processo di unificazione europea. In Gran Bretagna, ad esempio, nel febbraio 1947 venne creato il Federalist Group of the House of Commons e lo stesse avvenne in Francia il 19 giugno di quell’anno con la nascita di un intergruppo parlamentare, presieduto dal senatore René Coty, futuro Presidente della Repubblica, che arrivò a contare nei primi anni della Quarta repubblica più di 250 tra deputati e senatori, su un totale di circa 900 parlamentari.
Una prima conferenza di questi comitati nazionali si tenne a Gstaad, in Svizzera, il 4-5 luglio 1947 e venne costituita ufficialmente l’Unione parlamentare europea, articolata in comitati nazionali di assemblee liberamente elette, quindi non a partito unico. Una volta all’anno, nel mese di settembre, si sarebbe riunita l’Assemblea generale dell’organizzazione, composta di rappresentanti nazionali in proporzione alla popolazione dei singoli Stati e «in ragione di un delegato ogni milione di abitanti». I presidenti dei comitati nazionali formavano il Consiglio esecutivo, che a sua volta nominava il segretario generale. Nell’attesa del primo congresso ufficiale il greco Léon Maccas venne eletto presidente del Consiglio provvisorio, mentre Coudenhove-Kalergi assunse la segreteria generale.
Il primo congresso dell’UPE si svolse sempre a Gstaad pochi mesi dopo, esattamente dall’8 al 10 settembre. In quella sede 114 parlamentari, provenienti da dieci paesi europei, discussero dei mezzi più efficaci per promuovere le idee federaliste e richiesero la convocazione di un’assemblea costituente, eletta dai Parlamenti nazionali o direttamente dai popoli, con il compito di elaborare una Costituzione europea, di natura federale o confederale, da sottoporre rapidamente all’approvazione dei singoli Stati europei, prevedendo poteri esecutivi, legislativi e giudiziari a livello centrale e una moneta comune. Nella Déclaration de solidarité européenne, approvata il 9 settembre, infatti, si affermava che le guerre nel vecchio continente non sarebbero state eliminate se non attraverso «une transformation de l‘Europe en une communauté indissoluble et fédérée, unie par sa civilisation, par sa volonté de liberté et par son destin commun». Si poneva quindi l’obiettivo della «création des États Unis de l‘Europe par la volonté de ses peuples». Si faceva poi appello ai popoli del mondo affinché aiutassero l’Europa ad adempiere alla sua missione federale, trasformandola in uno dei pilastri della pace mondiale.
Il Congresso di Gstaad dell’8-10 settembre elesse, inoltre, alla presidenza il capogruppo socialista alla Camera dei deputati belga, Georges Bohy, in sostituzione del presidente del Consiglio provvisorio Léon Maccas, mentre Coudenhove-Kalergi venne confermato segretario generale dell’organizzazione. Quest’ultima costituiva il primo forum a livello europeo per i parlamentari nazionali, contribuendo a far superare le inimicizie e le diffidenze tra i popoli, integrando su un piano di totale parità anche i deputati delle ex potenze dell’Asse, come avvenne, proprio a partire dal settembre 1948, con i parlamentari dei Länder tedeschi.
Il Comitato parlamentare italiano per l’Unione europea, costituitosi il 29 maggio 1947 per iniziativa del democristiano Enzo Giacchero, ottenne un rilevante successo con l’approvazione unanime, il 25 gennaio 1948, da parte della Commissione Trattati internazionali dell’Assemblea costituente, presieduta da Ivanoe Bonomi, di un ordine del giorno a favore della creazione degli Stati Uniti d’Europa.
In questa fase Coudenhove-Kalergi fu molto vicino alle posizioni federaliste anche per l’influenza del parlamentare laburista britannico Ronald Mackay, di orientamento, appunto, federalista, il quale, tra l’altro, al Congresso d’Europa dell’Aia del maggio 1948, s’impegnò a nome dell’UPE nella preparazione della risoluzione politica, che contemplava un’assemblea europea.
Nel settembre 1948, al Congresso di Interlaken, l’UPE tracciò le linee fondamentali di una costituzione federale europea con il cosiddetto “Piano di Interlaken“, articolato in due parti. Nella prima si delineava un’architettura istituzionale sul modello elvetico, con un Parlamento bicamerale e un esecutivo, il Consiglio federale, eletto dalle due Camere. Nella seconda parte veniva presentato un programma d’azione per dare attuazione alla proposta.
Il tentativo, tuttavia, di esercitare una pressione sui governi affinché adottassero tale Piano, facendo leva sulle componenti parlamentari europeiste, non diede risultati, incontrando, tra l’altro, la ferma opposizione del Regno Unito.
Un parziale successo si ebbe con la nascita, nel 1949, del Consiglio d’Europa, che si ricollegava in qualche misura all’idea iniziale di un’assemblea europea, per quando fortemente ridimensionata, non contemplando, tra l’altro, un progetto costituente.
Sempre nel 1949, però, i membri britannici e scandinavi dell’UPE, non condividendo una linea politica giudicata sbilanciata in senso federalista, uscirono dall’organizzazione e fondarono all’interno del Movimento europeo una sezione parlamentare, in parte postasi in concorrenza con la stessa UPE. Va tuttavia rilevato che, dopo la costituzione del Consiglio d’Europa, il movimento dimostrò una minore dinamicità rispetto alle attività promosse nei primi anni di vita, per cui Coudenhove-Kalergi, nel 1952, puntò al rilancio dell’originaria Unione paneuropea, mentre decise la fusione dell’UPE con il Movimento europeo, di cui l’UPE divenne il Consiglio parlamentare.
Paolo Caraffini (2017)
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