Van Miert, Karel
V.M. (Oud-Turnhout 1942) studia scienze diplomatiche all’Università di Gand (1962-1966). La sua tesi conclusiva verte sul carattere sovranazionale della Commissione europea della Comunità economica europea (CEE), un argomento che decide di approfondire iniziando un dottorato. Per perfezionare la sua conoscenza dell’Europa e della lingua francese prosegue gli studi postuniversitari al Centre universitaire européen di Nancy (1966-1967). Uno dei suoi professori, Émile Noël, che è segretario generale della Commissione CEE, gli propone uno stage al segretariato generale.
Questo stage di sei mesi (agosto 1967-gennaio 1968) è profondamente formativo. Non solo V.M. apprende i meccanismi che regolano le istituzioni europee, ma incontra anche importanti personalità europee come Sicco Mansholt. Quest’ultimo cerca un poliglotta per realizzare il suo progetto di Partito europeo progressista, il PEP. V.M. diviene segretario del partito (1968-1969). In seguito Mansholt gli propone di diventare membro del suo gabinetto ma V.M., che desidera dedicarsi alla carriera accademica, rifiuta.
Dal 1968 al 1971 lavora al Fond national de la recherche scientifique belge e contemporaneamente è assistente di diritto internazionale alla Vrije Universiteit Brussel (1972-1973). Continua anche a dedicarsi alla sua tesi di dottorato e pubblica alcuni articoli sull’argomento. Non riuscirà a concluderla per mancanza di tempo a causa del suo impegno nel Partito socialista belga (PSB).
Henri Simonet, all’epoca vicepresidente della Commissione, nel 1973 gli propone di fare parte del suo gabinetto. Fino al 1975 V.M. si occupa prevalentemente di questioni istituzionali, ma anche di fiscalità e concorrenza. Qui incontra Michel Vanden Abeele, anche lui membro del gabinetto, che V.M. sceglierà come capo gabinetto quando diventerà a sua volta commissario. Decide di non occuparsi della politica belga per dedicarsi agli affari europei.
Ma André Cools e Willy Claes, i due presidenti del PSB, vogliono che li aiuti a ringiovanire il partito e V.M. accetta a condizione di potersi occupare di questioni europee e internazionali. Nel 1976 diventa vicesegretario nazionale del partito e responsabile dei contatti internazionali.
Nel 1977 V.M. diventa capo gabinetto al ministero degli Affari economici. In questo periodo il PSB si scinde in due partiti, uno francofono e l’altro nederlandofono. A V.M. viene chiesto di diventare presidente del Socialistsche partij (SP) nel 1978, a soli 35 anni: eserciterà questa funzione fino al 1988. In questo periodo è anche vicepresidente dell’Unione dei partiti socialisti della Comunità europea (1978-1980) (v. anche Partiti politici europei) e in seguito presidente dell’Internazionale socialista (1986-1992).
Alle prime Elezioni dirette del Parlamento europeo nel 1979 V.M. è capolista del suo partito. Nel 1984 il SP raddoppia i suoi deputati e V.M. ottiene 300.000 preferenze. È membro del Parlamento europeo dal 1979 al 1985 e cercherà di «rivivificare l’organizzazione dei socialisti europei» (v. Van Miert, 2000, p. 23). Nel 1985 torna alla politica belga come membro della Camera dei rappresentanti.
In seguito alle elezioni e al cambio di maggioranza in Belgio il commissario Willy De Clercq non è riconfermato. Malgrado il sostegno che gli accorda Jacques Delors e alcuni articoli sulla stampa che mettono in dubbio le capacità di V.M., quest’ultimo sostituisce De Clercq. Vorrebbe avere l’incarico dell’Ambiente, ma Delors glielo nega a causa della sua posizione sul nucleare. Quindi gli vengono affidati i portafogli dei Trasporti, della Difesa dei consumatori e del Credito e degli investimenti. Le reticenze di Delors nei confronti di V.M. cadono di fronte al lavoro svolto dal nuovo commissario, al punto che quando il commissario in carica per l’Ambiente abbandona la Commissione sarà V.M. ad assumere questa responsabilità ad interim (luglio 1992). V.M. si rammarica di non aver potuto fare di più in questo settore, in quanto Delors privilegia le proposte che incoraggiano la messa in opera del mercato comune (v. Comunità economica europea). La protezione dei consumatori, portafoglio inizialmente leggero, grazie all’azione di V.M. entrerà nel Trattato di Maastricht. Per quanto riguarda i trasporti, anche se V.M. inizialmente è «poco esperto nelle questioni relative a questo settore» (v. Van Miert, 2000, p. 36), riuscirà a compiere dei passi avanti, in particolare nel settore ferroviario (v. anche Politica comune dei trasporti).
Il mandato di V.M. nella Commissione viene rinnovato dal 1° gennaio 1993 al 1° gennaio 1995. Ma invece di continuare a lavorare sui trasporti Delors lo destina ad altri incarichi. Si occupa della politica della concorrenza, della politica del personale e dell’amministrazione, inoltre della traduzione e dell’informatica. Dopo questo mandato la riconferma di V.M. sembra improbabile, in quanto si prevede che Jean-Luc Dehaene sia il nuovo presidente della Commissione. Invece in seguito al veto britannico contro Dehaene il mandato di V.M. è rinnovato nella Commissione di Jacques Santer. Diventa quindi vicepresidente ed è incaricato della concorrenza.
V.M., commissario alla concorrenza per sette anni, è stato definito talvolta “l’uomo più potente d’Europa”. In questi anni la Politica europea di concorrenza è una materia che si amplia, quindi vengono creati nuovi strumenti. V.M. non considera questa politica come un fine, ma come un mezzo per raggiungere gli obiettivi dell’Unione europea. È «fermamente convinto che per svolgere appieno il suo ruolo la politica della concorrenza non può essere concepita in modo isolato dal progetto politico e sociale più ampio che l’articolo 2 del trattato assegna all’Unione: la promozione del progresso economico e sociale, di un livello di occupazione elevato e duraturo». Tenta di difendere «una concezione equilibrata e rispettosa dell’interesse generale, insieme ad un’applicazione al tempo stesso flessibile, perché sia aderente alle realtà economiche, e rigorosa perché i mercati hanno bisogno di regole del gioco chiare» (v. Van Miert, 1999, p. 1).
Come commissario alla concorrenza V.M. ritiene che siano sei gli obiettivi capitali: «la liberalizzazione di settori monopolistici come le telecomunicazioni [v. anche Politica europea delle telecomunicazioni]; la difesa del mercato interno contro i cartelli e i tentativi di divisione del mercato; l’applicazione riuscita del regolamento “fusioni”; la lotta contro gli aiuti pubblici illeciti; la modernizzazione e l’attualizzazione della politica della concorrenza, sul piano sia dei contenuti che della procedura; l’adeguamento della politica della concorrenza alla mondializzazione crescente» (v. Van Miert, 2000, p. 45).
La concorrenza investe nuovi ambiti come lo sport (sentenza Bosman) o l’audiovisivo (finanziamento da parte dei settori pubblici) (v. anche Aiuti di Stato). L’attuazione dell’Euro lo porta anche a interessarsi ai servizi bancari e finanziari (dossier Crédit Lyonnais). I progressi tecnologici ampliano anch’essi il campo d’azione: televisione digitale, commercio elettronico. Parallelamente all’allargamento dei settori cresce il numero di casi notificati nell’ambito delle concentrazioni. V.M. crede anche nella dimensione internazionale del diritto della concorrenza. Rafforza la cooperazione bilaterale con gli Stati Uniti. Nel 1995 lancia il Rapporto V.M. sulla politica della concorrenza nel nuovo ordine commerciale in cui ribadisce l’esigenza di rafforzare la cooperazione e le regole internazionali.
Al suo arrivo alla concorrenza sono state sollevate alcune critiche contro V.M., che è stato giudicato troppo “politico” e suscettibile alle pressioni dei settori d’interesse. La sua reputazione di uomo forte della politica della concorrenza non ha smesso di aumentare nel corso dei suoi mandati, culminando nel 1997 nell’affare Boeing/Mc Donnel Douglas (v. Cinni, pp. 205-207).
Durante i suoi mandati alla concorrenza V.M. lavora a stretto contatto con la direzione generale della concorrenza e stringe buoni rapporti anche con le altre istituzioni comunitarie. Davanti al Parlamento europeo e al Consiglio dei ministri spiega a varie riprese la sua politica. Propone un accordo con la Commissione economica del Parlamento per organizzare una cooperazione sistematica e scambi regolari.
V.M., dimissionario insieme a tutta la Commissione Santer, afferma di «aver abbandonato la scena politica europea con un sentimento di profonda gratitudine e con la convinzione di essere stato un uomo privilegiato» (v. Van Miert, 2000, p. 263). Fa parte di numerosi gruppi nazionali e internazionali a vario titolo (consigliere di SairGroup, membro del Supervisory Board di Philips Electronics NV, membro del consiglio di sorveglianza di Vivendi, amministratore di Agfa-Gevaert NV ecc.).
Nell’aprile 2000 viene nominato rettore dell’Università di Nyenrode, nei Paesi Bassi, fino al marzo 2003. Qui insegna politica europea della concorrenza.
Pur avendo lasciato la scena politica europea, V.M. talvolta ha avuto occasione di esserne nuovamente coinvolto: per esempio, nel 2003 viene chiamato a presiedere il Gruppo dell’Unione europea di livello superiore sulle Reti transeuropee di trasporto. Nel 2005 Jacques Barrot, vicepresidente della Commissione europea incaricato dei trasporti, gli chiede di intervenire come mediatore sul progetto Galileo per facilitare il Processo decisionale.
V.M. ha scritto le sue memorie di commissario europeo che sono state tradotte in diverse lingue: Le Marché et le Pouvoir, Souvenirs d’un commissaire européen.
Julie Cailleau (2008)