Viklund, Daniel
V. (Oviken 1908-ivi, 1996) si laureò presso l’Università di Uppsala nel 1933, e successivamente iniziò a lavorare come giornalista per il giornale locale “Upsala Nya Tidning”. Dopo essersi fatto le ossa come cronista e aver lavorato per un breve periodo come redattore del quotidiano minore “Lunds Dagblad”, V. fu ingaggiato nel 1939 dall’importante quotidiano svedese, “Dagens Nyheter” (DN). Il DN inviò immediatamente V. a Londra, dove sarebbe rimasto come corrispondente estero per l’intera carriera professionale.
I primi tempi, gli articoli di V. davano conto degli sforzi bellici del Regno Unito. In un famoso articolo egli descrisse l’attacco a un velivolo della linea Amsterdam-Londra, sul quale viaggiava lui stesso, da parte di aerei da combattimento, e la conseguente morte di un passeggero seduto nel posto precedentemente a lui assegnato e dal quale fortunatamente era stato invitato a spostarsi. Negli anni Cinquanta e Sessanta V. si occupò della cronaca politica. Grazie alla sua lunga esperienza nella capitale britannica, stabilì ottime relazioni con l’ambiente politico e amministrativo del Regno Unito. Raggiunse inoltre una posizione di privilegio tra i corrispondenti esteri: divenne leader di un gruppo di giornalisti che, in segreto, ricevevano informazioni ufficiose dal n. 10 di Downing Street.
Molti degli articoli di V. si focalizzavano sulla “questione del mercato”, vale a dire i tentativi politici per superare le divisioni economiche determinate, nell’Europa occidentale, dalla creazione della Comunità economica europea (CEE) e dell’Associazione europea di libero scambio (EFTA). In conseguenza della forte dipendenza commerciale della Svezia dalla Gran Bretagna, e del fatto che il futuro dell’EFTA dipendeva in larga parte dalle relazioni tra Gran Bretagna e CEE, tali questioni furono accolte con interesse in Svezia.
Gli articoli sugli sviluppi dell’Europa spinsero V. a scrivere tre importanti libri sulla Svezia e sul processo d’integrazione dell’Europa occidentale (v. Integrazione, metodo della). Il primo fu pubblicato nel 1977 con il titolo Spelet om frihandelsavtalet (“La lotta per l’accordo del libero scambio”). Grazie alle buone relazioni che intratteneva a Stoccolma, Londra, Bruxelles e Parigi, dove rimase dal 1969 fino al suo pensionamento avvenuto nel 1974, il libro offriva un vivido resoconto dei complessi negoziati che condussero alla fine al primo giro di allargamenti della CEE e alla firma degli Accordi di libero scambio tra la Comunità e i rimanenti Stati dell’EFTA.
V. univa propositi didattici a un’aspra critica sul modo in cui il governo svedese aveva condotto le trattative. Egli sosteneva che la “strategia aperta di adesione” svedese, perseguita dal 1967, era sbagliata fin dall’inizio. Mancando di precisare quale tipo di adesione si volesse e senza fare riferimento alle specifiche clausole di adesione dei Trattati di Roma, il governo, secondo V., aveva sottovalutato il fronte comune formato dalla Commissione europea e gli Stati membri sull’inviolabilità del principio dell’Acquis comunitario. Mentre il governo svedese voleva dare precedenza al contenuto rispetto alla forma, avviando negoziati su vari temi politici e lasciando la questione dell’Associazione o dell’adesione a pieno titolo a una decisione successiva, la CEE voleva solamente trattare o per una piattaforma di piena adesione, oppure per una piattaforma di associazione, dando la priorità alle trattative con i paesi che preferivano la prima opzione.
Secondo V., alla mancanza di comprensione da parte del governo svedese della logica politica del processo di decision-making della CEE, si aggiungeva un’errata percezione dei rapporti di potere tra le parti negozianti. Era la Svezia ad avere bisogno della CEE, e non il contrario. Il governo aveva presunto che la CEE avrebbe individuato un proprio interesse nel sostenere la politica svedese di neutralità e che perciò sarebbe stata pronta ad accettare le richieste svedesi per un trattamento particolare. Tuttavia, secondo quanto riferito da V., tali calcoli non ebbero alcun peso nelle decisioni adottate dalla CEE. Alla fine, la Svezia fu costretta ad accettare lo stesso tipo di associazione offerta agli altri stati dell’EFTA, e così le ambizioni in merito a questo accordo furono di molto ridimensionate rispetto agli iniziali obiettivi e attese del governo svedese.
Il secondo libro di V., pubblicato nel 1987, s’intitolava Attförstå EG. Sveriges framtid i Europa (“Per capire la CE. Il futuro della Svezia in Europa”). Malgrado il sottotitolo, nel volume era stata data limitata importanza alla questione della politica svedese sulla CEE. Seguendo la propria convinzione che i media, col trascorrere degli anni, si fossero ben poco adoperati nell’informare sulla questione CEE e che sia la popolazione sia i leader politici fossero generalmente disinformati circa la sua natura, l’ambizione di V. era quella di fornire un’introduzione generale all’integrazione europea. La trattazione comprendeva capitoli sugli sviluppi storici, i trattati di base, le competenze e la composizione delle istituzioni, il processo di decision-making e la politica CEE in merito a varie aree tematiche. Il libro, giornalistico nello stile e nel gergo, seguiva la falsariga di molti testi accademici sull’integrazione europea. Fu pubblicato allorché le relazioni con la CEE raggiunsero in Svezia l’apice dell’interesse nell’agenda politica. Prima di allora, tali relazioni erano state trattate per lo più come una questione puramente commerciale; pertanto il libro di V. colmò un vuoto importante nel dibattito pubblico e nell’informazione dei cittadini svedesi.
Il terzo libro di V. venne pubblicato due anni dopo, nel 1989, con il titolo Neutralitetsdebatten. Tro, vetande, illusioner (“Il dibattito sulla neutralità. Credenze, fatti e illusioni”). In esso egli esponeva le radici storiche della politica svedese di neutralità, la sua applicazione durante le due guerre mondiali e durante la Guerra fredda e discuteva le restrizioni autoimposte, come il mancato ingresso nella CEE, che si riteneva ne fossero la conseguenza. Sebbene lo stesso autore considerasse il libro come un contributo alla discussione generale sulla politica svedese di neutralità, tuttavia era suo principale proposito sostenere che la neutralità non fosse un ostacolo per l’adesione della Svezia alla CEE.
Il libro sulla politica di neutralità della Svezia è probabilmente il meno importante della trilogia di V. Ambizioso e piuttosto ben documentato, fu dato alle stampe in un periodo nel quale i requisiti per una politica sulla sicurezza nazionale, in Svezia come in molti altri paesi, erano fondamentalmente cambiati. Nell’anno della pubblicazione del libro, tutte le principali forze politiche svedesi, governo incluso, erano giunte alla conclusione che la politica di Neutralità non avrebbe più dovuto interferire con la candidatura svedese all’adesione alla CEE. La tesi fondamentale di V. suscitava, pertanto, ben poco interesse.
All’inizio di del 1996, l’anno della morte di V., la Svezia era entrata nell’Unione europea (UE) come membro a pieno titolo. La visione di V. di una Svezia che partecipasse a pieno titolo al processo d’integrazione si era così realizzata. Con il trascorrere degli anni, il dibattito svedese era maturato divenendo più approfondito e competente. Tuttavia, il grande contributo di V. rimane quello di aver stimolato e portato avanti il dibattito in un periodo in cui era largamente trascurato e in cui vi era un gran bisogno di dare maggiore profondità e prospettiva al dibattito.
Jakob Gustavvson (2012)