Wehner, Herbert
W. (Dresda 1906-Bonn 1990) proveniva da una famiglia di origini umili. La madre, e presto anche Herbert, furono costretti a lavorare per la mancanza del padre, chiamato al fronte nella Prima guerra mondiale. W. ottenne un diploma professionale in commercio a dettaglio, ma studiò ai corsi serali le materie economia, storia della letteratura e filosofia.
All’inizio della sua partecipazione alla vita politica il giovane W. simpatizzava per gli anarchici. Dal 1923 fu membro dell’organizzazione giovanile socialista Sozialistische Arbeiterjugend e dell’organizzazione sindacale Sozialistische Arbeiterföderation del poeta anarchico Erich Mühsam. Dal 1926 W. curò la rivista “Revolutionäre Tat”, legata al gruppo anarchico Anarchistischen Tatgemeinschaft e scrisse per la rivista di Mühsam “Fanal”.
Nel 1927 entrò nel partito comunista (Kommunistische Partei Deutschlands, KPD), rompendo con i gruppi anarchici. Nel 1928 divenne segretario di circoscrizione nella Roten Hilfe Deutschlands (RHD), che affiancava l’organizzazione paramilitare Roten Frontkämpferverbund (RFB). La RHD rappresentava, infatti, un gruppo giovanile fondato dalla KPD, per proteggere e curare gli interessi legali dei membri arrestati dal governo di Weimar dell’organizzazione paramilitare RFB.
La carriera politica di W. procedette rapidamente. Nel 1930 fu sostituto del segretario politico della KPD in Sassonia. Dal 1930 fu membro del parlamento del Land della Sassonia. Si dimise dalla carica subito dopo per diventare commissario tecnico del Politburo del Partito comunista (KPD) a Berlino, dove collaborò anche col presidente del partito Ernst Thälmann.
Dal 1933 al 1945 fu perseguitato per la sua attività di resistenza contro il regime nazista sia in Germania che all’estero. Nel 1935 emigrò a Praga. Alla Conferenza di Bruxelles fu eletto membro del Politburo del KDP in esilio. Si impegnò per costituire un “fronte tedesco” di resistenza antinazista a Parigi. Qui incontrò Willy Brandt, membro del Sozialistische Arbeiterpartei (SAP). Curò dal 1936 “Informationen für Immigranten” e fece parte a Parigi della sezione per gli stranieri della KPD.
Nel 1937 il partito lo chiamò a Mosca, dove divenne referente per le questioni tedesche nella segreteria del Komintern. Nello stesso anno fu sottoposto dal governo nazionalsocialista a un procedimento processuale in concomitanza con l’arresto di Thälmann; il processo fu archiviato nel 1939.
Nel 1941 W. viaggiò in Svezia per riorganizzare il partito comunista in Germania: qui si attivò e propaga nei suoi articoli l’unificazione di un fronte popolare contro il nazifascismo. Dal 1942 al 1944 fu imprigionato dalle autorità svedesi per azioni pericolose alla libertà e neutralità della Svezia. Nel 1942 venne espulso dal Partito comunista per sospetto di tradimento e per essere agente delle potenze nemiche. Dal 1944 al 1946 ha lavorato in una fabbrica tessile e in un archivio. Nel 1946 ritornò in Germania, dove entrò a far parte del partito socialdemocratico (Sozialdemokratische Partei Deutschlands, SPD) e scrisse per la rivista “Hamburger Echo”, legata al partito, articoli sulla politica estera. Nel 1949 si candidò per le prime elezioni del Parlamento, con l’appoggio di Kurt Schumacher, riuscendo a entrare nel Bundestag. Nel 1950 fu consulente dell’ONU per i prigionieri di guerra e nel 1952 prese parte alla delegazione tedesca alla riunione della commissione per i prigionieri di guerra. Dal 1952 fino al 1982 fece parte dell’organo di presidenza della SPD (Parteivorstand) e del Präsidium, un organo organizzativo e dirigente all’interno della presidenza del partito. Dal 1958 al 1973 fu vicepresidente dei socialdemocratici. Dal 1949 al 1966 fu presidente della commissione parlamentare per le questioni riguardanti Berlino e si schierò per la Riunificazione della Germania.
Incominciò in questo periodo la sua notevole attività politica per raggiungere l’unificazione tedesca e assegnare alla Germania un ruolo all’interno dell’Europa. Il fulcro della politica perseguita da W. consistette nel favorire i rapporti fra la Germania occidentale e quella orientale per raggiungere l’unificazione tedesca. A questo proposito egli sviluppò una concezione differente da quella di Kurt Schumacher, che renderà nota solo nel 1952, alla morte di questi. Schumacher pensava che per obbligare l’Unione Sovietica ad accettare la riunificazione tedesca, sarebbe stata sufficiente la pressione politico-diplomatica degli alleati e perciò non dava spazio al ristabilimento del dialogo fra le due Germanie. W., invece, riteneva necessario riavviare i contatti fra le due parti della Germania e, pertanto, fin dagli anni Cinquanta cercò di implementare le relazioni con il suo vecchio collega e rivale Walter Ulbricht, segretario del partito comunista della Repubblica Democratica Tedesca (RDT) e poi capo del governo.
W. e Ulbricht, la cui carriera politica originava dalla loro esperienza nella militanza comunista durante lo stalinismo, rappresentavano due modelli politici antitetici rispetto alla questione dell’unificazione e del ruolo tedesco in Europa. Ulbricht riteneva possibile l’unificazione sotto l’egida comunista, W., al contrario, seguendo la concezione socialdemocratica, riteneva che la pressione del popolo delle due Germanie per raggiungere l’unità tedesca avrebbe di fatto reso impossibile qualsiasi opposizione e dominio da parte dell’URSS.
Nel 1952 la proposta di Stalin di ricominciare le trattative sull’unificazione tedesca sulla base di libere elezioni nelle due Germanie, a condizione che la Germania restasse neutrale, provocò una forte spaccatura fra l’opposizione della SPD e il governo, diretto dai cristiano-democratici (Christlich-demokratische Union, CDU). Essa, infatti, inasprì la divergenza delle posizioni fra i due partiti, che erano già attestate su due visioni antitetiche in politica estera. Mentre la CDU mirava all’integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, Metodo della) e, solo tramite questa, alla soluzione della questione tedesca, molti settori del partito socialdemocratico, fra cui W., favorivano lo sviluppo di accordi fra le due parti della Germania e fra la Repubblica Federale Tedesca (RFT) e l’Unione Sovietica. I socialdemocratici e W., colsero, pertanto, l’occasione che si presentava con la proposta di Stalin, invitando la CDU a testare le intenzioni del politico sovietico. Konrad Adenauer, però, non ascoltò i consigli di W.
Secondo W., il governo tedesco avrebbe dovuto chiarire agli alleati che l’inclusione della Germania tra le potenze occidentali non era l’unica via praticabile per la RFT, soprattutto in vista del suo interesse all’unificazione. La proposta di Stalin doveva pertanto essere valutata positivamente, in quanto l’unità della Germania avrebbe contribuito alla politica di distensione fra i blocchi. Adenauer, tuttavia, rifiutò in blocco la linea politica del partito comunista della Germania orientale (Sozialistische Einheitspartei Deutschlands, SED) denominata “Deutsche an einem Tisch” che mirava alla creazione di una zona smilitarizzata nell’Europa centrale.
Dopo la morte di Schumacher fu W. con il suo collega Fritz Erler ad assumere un ruolo prominente nel partito per quanto riguardava le linee politiche per la riunificazione e la politica estera. Nel 1953, alla morte di Stalin, e durante la crisi del partito comunista della RDT (SED) guidato da Ulbricht, dovuta all’inasprimento delle condizioni di vita nella Germania orientale, W. rilanciò il suo programma per la normalizzazione delle relazioni fra le due Germanie, elaborandolo in cinque punti. Esso prevedeva: la semplificazione dei controlli alle frontiere; la ripresa del piccolo traffico di confine; la riduzione del flusso migratorio dalla RDT accelerando la ripresa economica della RDT; la libera circolazione delle spedizioni a carattere di beneficienza dalla RFT; il libero invio di medicinali dalla RFT per curare i prigionieri nella RDT.
Dopo il fallimento della Comunità europea di difesa (CED) per il veto della Francia nell’estate del 1954, W. si impegnò sia a spingere le potenze occidentali a confrontarsi con la questione tedesca, sia a riaprire il dialogo fra il governo di Bonn e Berlino est. A W. era chiaro che l’entrata della Germania nell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) avrebbe reso difficili i rapporti con la URSS e pregò il cancelliere Adenauer di non compromettere l’unificazione e di ripensare alle proposte di Stalin, ribadite dall’URSS nell’agosto del 1954. Alla concezione dei partiti del governo, che temevano la neutralizzazione della Germania, W. contrapponeva l’idea di un sistema di sicurezza nell’ambito delle Nazioni Unite, che doveva comprendere la Germania unificata. Tuttavia, l’entrata della RFT nella NATO, sancita il 5 maggio del 1955, significò la sconfitta della linea di W.
Tuttavia W. non rinunciò a riaprire il dialogo con i rappresentanti politici della RDT. Prima della Conferenza dei ministri degli esteri delle quattro potenze a Ginevra a fine ottobre 1955, egli propose in un discorso televisivo una serie di accordi finanziari, tecnici ed economici tra la RFT e l’URSS per avviare la normalizzazione dei rapporti. Anche dopo il fallimento della conferenza, continuò i suoi contatti con la diplomazia e i politici della RDT.
Nel 1956 W. incontrò a Belgrado Josip Broz Tito ed espresse la propria ammirazione per la sua versione nazionale del comunismo, che differenziava il modello iugoslavo dal comunismo sovietico. In un suo discorso alla Commissione della riunificazione della presidenza federale dell’unione sindacale (Deutscher Gewerkschaftsbund, DGB) all’inizio di gennaio del 1957, W. tratteggiò il suo progetto di riunificazione del movimento dei lavoratori tedeschi, all’epoca diviso nei due blocchi. W. pensava a una transizione politica, che avrebbe permesso l’avvicinamento delle due parti della Germania e avrebbe preservato l’Est dall’abbandono di tutte le sue caratteristiche produttive e organizzative. La riunificazione avrebbe rappresentato non la riprivatizzazione e la restaurazione, ma il raggiungimento di un sistema politico fondato sulla commistione di socializzazione e iniziativa imprenditoriale (v. Freudenhammer, Vater, 1989, p. 179). Tale interpretazione di W. della democrazia si distanziava dalla concezione di democrazia borghese capitalista: W. mirava a fondare una democrazia socialista dei lavoratori. Tale progetto era però in contrasto sia con le idee di Adenauer sia con quelle di Ulbricht.
Dopo la sconfitta elettorale del 1957, W. s’impegnò a trasformare radicalmente la linea politica del partito, appoggiando il programma di Godesberg del 1959. Infatti, nella riunione della SPD tenutasi dal 13 al 15 novembre in Bad Godesberg, il partito votò a favore della svolta della SPD: venne approvata l’entrata della Germania nella NATO e la ricostituzione dell’esercito; nella cosiddetta “economia sociale di mercato” venne indicata la nuova formula economico-politica per sviluppare l’economia tedesca; la proprietà privata fu ufficialmente riconosciuta come mezzo di produzione. In tal modo fu accantonata gran parte della dottrina marxista che costituiva le basi del programma socialdemocratico precedente. Il partito socialdemocratico si trasformò da partito dei lavoratori in un moderno partito di massa. Tale svolta ebbe anche conseguenze per il personale del partito: nel 1960 Willy Brandt, un esponente del “nuovo corso” nonché conoscente di W. dai tempi della Seconda guerra mondiale, ne fu eletto presidente.
Dal 1966 al 1969 W. fu ministro per la questione dell’unificazione tedesca nel governo della grande coalizione. Dal 1969 al 1983 W. ebbe la carica di presidente nel gruppo della SPD in Parlamento; in tale funzione si schierò per la formazione della coalizione social-liberale e per l’implementazione della cosiddetta neue Ostpolitik (nuova politica orientale). Nel governo di Kurt Georg Kiesinger, W. divenne una delle forze trainanti per la definizione della politica orientale, puntando al dialogo con il blocco orientale e al riconoscimento della RDT. W. riuscì a esercitare una forte influenza anche su alcuni settori della CDU, e in particolare sul cancelliere Kiesinger.
Nel 1967 Kiesinger fece sua la proposta di W. di riaprire le trattative con il governo di Ulbricht, invocando tutti gli abitanti delle due Germanie a tentare il possibile per superare e alleviare la tragica situazione della divisione. Questa tappa dei rapporti si arenò senza risultati, a causa del rifiuto finale della RDT di scendere a compromessi con la Germania “capitalista”, e tuttavia segnò un parziale successo per W. nel senso dell’avviamento del dialogo fra i due blocchi. Nel 1968, però, con l’occupazione della Cecoslovacchia e la dichiarazione della dottrina di Brežnev della sovranità limitata degli Stati socialisti, la maggioranza conservatrice della CDU si sentì legittimata a considerare sbagliata la politica di distensione, perseguita da W. e da Keisinger. Conseguentemente durante le elezioni del 1969 i due maggiori partiti, CDU e SPD, ritornarono a rappresentare posizioni contrapposte sulla questione tedesca e sulla politica estera.
Nel 1969 il cancelliere neoeletto Willy Brandt realizzò la coalizione tra il partito socialista SPD e quello liberale, guidato da Walter Scheel, mandando all’opposizione il partito cristiano-democratico CDU. Tale cambiamento nel governo ebbe conseguenze notevoli sulla politica estera, e soprattutto sui rapporti con la RDT e con l’Unione Sovietica. Venne inaugurata la neue Ostpolitik, che mirava a un miglioramento delle condizioni di vita dei tedeschi nelle due Germanie, attraverso una politica di distensione fra i due paesi e il riconoscimento dello Stato della RDT.
Con la vittoria della coalizione Brandt/Scheel aumentarono le speranze di W. di sviluppare energicamente una politica di riavvicinamento tra Est e Ovest. Tuttavia, la politica estera di Brandt sembrò ben presto conservatrice e lenta a W., che intraprese alcune sue iniziative più o meno indipendenti. Il 29 maggio 1973 W. incontrò, senza comunicare i suoi piani al governo, il nuovo capo di governo della RDT Erich Honecker. Tale contatto trovò ostilità a Bonn, anche da parte del cancelliere. I cattivi rapporti fra questi e W. furono evidenti durante il 1973, quando W., durante il suo viaggio a Mosca con una delegazione del Parlamento, rimproverò al governo la mancanza di interesse per la questione dell’unificazione tedesca e la sua politica estera conservatrice. Il governo dei socialdemocratici, il cui scopo era di allentare le tensioni fra le due Germanie, si era rivelato, secondo il politico di Dresda, inadeguato al suo compito.
Dagli anni Settanta W. si occupò di ristabilire i rapporti con i paesi di oltre cortina. Nel 1970 W. visitò di nuovo la Iugoslavia dove venne ricevuto dal capo del governo Josip Broz Tito. Nel 1971 e nel 1972 la sua visita alla Polonia diede il segnale della normalizzazione delle relazioni di questa con la RFT. Nel 1973 incontrò a Berlino Erich Honecker e viaggiò in Unione Sovietica. In seguito all’affare di spionaggio Guillaume, che costò le dimissioni di Brandt nel 1974, i rapporti fra W. e Brandt peggiorarono.
Durante il governo di Helmut Schmidt, W. riuscì ad affermare in parte la sua linea di politica del dialogo. W. si schierò per la smilitarizzazione dell’Europa centrale e per il sostegno delle relazioni fra la NATO e le nazioni del Patto di Varsavia, come dichiarò nella sua visita in Polonia del 1976. La sua concezione politica era orientata a elaborare una terza via fra capitalismo e socialismo e pertanto a facilitare il riavvicinamento fra coloro nella RDT che rifiutavano il comunismo dottrinario per avviare la democratizzazione, e coloro nella RFT, i quali non accettavano acriticamente il mercato capitalista e miravano a realizzare la democrazia sociale. L’unità della classe lavoratrice sarebbe stata l’unica possibile via per la riunificazione tedesca. L’Europa avrebbe dovuto riconquistare, nella visione di W., il suo ruolo fondamentale di mediazione fra Est e Ovest, mantenendo la sua indipendenza e neutralità nei confronti delle due potenze mondiali. In questa chiave W. ammirò e appoggiò l’opera europeista di Jean Monnet e, nel 1955, insieme con Erich Ollenhauer, aderì al Comitato d’azione per gli Stati Uniti d’Europa.
Nel 1980 W. aprì la seduta inaugurale del nono parlamento tedesco come Alterspräsident (carica onorifica riguardante il membro più anziano del parlamento). Nel 1982 pubblicò un libro di memorie, Zeugnis. Nel 1983 si ritirò dalla vita politica.
Patricia Chiantera-Stutte (2010)